Matteo Villa firma lo studio dell’Ispi - Istituto per gli studi di politica internazionale ‘La letalità in Italia tra apparenza e realtà’. Indagine ripresa da Il Sole 24 Ore.
"Il dato sulla letalità apparente è un indicatore inaffidabile"
“Se paragonata ai principali Paesi del mondo – si sottolinea nella ricerca - la letalità (incidenza % dei decessi sul totale dei contagi, ndr) del virus in Italia è nettamente la più alta. Ma utilizzare questo dato sarebbe un errore. Esso infatti non dice quasi nulla circa la
letalità reale del virus, che studi recenti stimano nello 0,7% per la Cina, mentre Ispi stima in 1,14% per l’Italia. La differenza tra questo dato realistico e quello ‘fuori scala’ è riconducibile al numero di persone che sono state contagiate ma non sottoposte al tampone per verificarne la positività. Ispi stima infatti che le persone attualmente positive in Italia siano nell'ordine delle 530.000”.
“Il dato sulla letalità apparente – annota l’analisi Ispi - è dunque un indicatore inaffidabile, e nulla suggerisce che la letalità plausibile italiana sia così diversa dalle cifre attese. All’opposto, confrontare letalità apparente e letalità plausibile ci permette di tracciare meglio la curva dei contagi in Italia, seguendo in maniera più realistica l’andamento dell’epidemia”.
Raffrontando i dati ufficiali e quelli emersi dallo studio Ispi ne deriva che il tasso di letalità passerebbe dall’attuale 10,6 all’1,14%. I contagiati d’altro canto sarebbero all’incirca 8 volte di più.
Mali estremi, estremi rimedi. I singoli devono fare la loro parte: isolare anziani e affetti da gravi patologie e uscire di casa solo per necessità, provvisti di mascherina e guanti.
Per informazioni:
www.ispi.it