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Covid, come stanno gli ospedali? Contagi e ricoveri a confronto

Per capire la situazione attuale serve confrontare i dati sulla gravità della pandemia in Italia. Per fortuna siamo molto lontani dal dramma della scorsa primavera . Ora si fanno più tamponi e si cerca il virus. Limitare l’attività dei ristoranti oggi sarebbe ingiustificato. Serve responsabilità e meno allarmismo .

di Alberto Lupini
direttore
 
11 ottobre 2020 | 21:30

Covid, come stanno gli ospedali? Contagi e ricoveri a confronto

Per capire la situazione attuale serve confrontare i dati sulla gravità della pandemia in Italia. Per fortuna siamo molto lontani dal dramma della scorsa primavera . Ora si fanno più tamponi e si cerca il virus. Limitare l’attività dei ristoranti oggi sarebbe ingiustificato. Serve responsabilità e meno allarmismo .

di Alberto Lupini
direttore
11 ottobre 2020 | 21:30
 

Il Covid-19 sta sconvolgendo gli equilibri di un pianeta per molti versi malato e che dimostra di non avere una visione comune e condivisa su come affrontare la pandemia. Abbiamo governanti spacconi che flirtano coi negazionisti mentre crescono i contagi ed altri che, invece, col pugno di ferro hanno piegato (sembrerebbe) il virus. Quale sia la soluzione migliore non si sa, anche perchè pure gli scienziati più accreditati sono in disaccordo anche su come calcolare davvero la diffusione e la pericolosità (alta) di questa pestilenza che sta scuotendo il mondo. Per restare in Italia, la giusta preoccupazione che muove oggi molti politici è probabilmente più proiettata verso un peggioramento possibile, visto ciò che avviene in Europa, piuttosto che basarsi sui dati reali dei contagi. Il numero dei tamponi effettuati o quello dei ricoverati ci assicura infatti una relativa tranquillità. Soprattutto se paragonato al numero dei morti o di chi era in terapia intensiva fra marzo e maggio, quando non si facevano nemmeno test…

Contagi, l'allarme è giustoMa guardiamo i dati con attenzione


A oggi ad esempio, risultano contagiate 79.075 persone. Un numero molto elevato, che supera quelli rilevati a marzo o ad aprile, quando però non si facevano i tamponi (non c’erano nemmeno i reagenti) e per ogni malato accertato c’erano almeno 10 familiari o amici ugualmente malati, ma mai registrati. E del resto basta prendere un altro dato. Oggi i ricoverati in ospedale sono 4.939. Il 4 aprile erano 29.010: cinque volte di più e in situazioni più gravi anche perché non si sapeva come curarli. Di questi malati, oggi ce ne sono 420 in terapia intensiva, alcuni da mesi, mentre in pieno lockdown il picco era stato il 3 aprile con 4068 pazienti, quasi tutti gravi. E lo stesso vale per i decessi: il 27 marzo avevamo avuto il picco di 969, attualmente si sfiorano i 30. 

Questo confronto si impone perché se ci avviciniamo al massimo di positivi rilevati durante il lockdown (6557 il 21 marzo) ci si rende conto di come la situazione sia assolutamente diversa. Oggi andiamo a ricercare i positivi (siamo arrivati a superare i 130mila tamponi al giorno). In Lombardia, in pieno dramma, non c’erano tamponi e li si facevano solo in ospedale. Oggi i test si fanno un po’ ovunque. E le ultime ricerche hanno dimostrato che in Lombardia il virus ha “segnato” almeno 10 volte più persone di quante risultano ufficialmente. Nella sola Val Seriana secondo la Regione un abitante su due lo avrebbe incontrato.

Grafico situazione ospedaliera italiana covid-19

 

L’attenzione ritorna in ogni caso sulle terapie intensive. Domenica hanno accolto altre 30 persone. E il totale che abbiamo già indicato (420) resta un numero basso se paragonato agli oltre 1.300 casi che la sola Lombardia ha dovuto curare in alcuni drammatici giorni di marzo. Ma il confronto con la scorsa primavera non basta. Ci sono altri dati da considerare per capire se le Regioni sono pronte ad affrontare la seconda ondata. Le terapie intensive sono i reparti dedicati ai malati in condizioni critiche, sia a causa del Covid-19 sia per altre patologie o traumi. Nei momenti più concitati dell’emergenza le Regioni maggiormente colpite aprivano letti per questo tipo di malati ovunque fosse possibile. Passato il picco tutte hanno dovuto stendere un piano per ampliare i reparti. A livello nazionale è stato programmato un incremento di 3.553 posti rispetto ai 5.179 di partenza, fa sapere il ministero della Salute. A questi se ne aggiungono altri 4.225 di terapia semintensiva, la metà dei quali riconvertibili per i pazienti critici. Per creare più letti servono macchinari, lavori, spazi, tempo. E a oggi, mentre i contagi salgono, il maxi-piano non è stato però completato.

in queste condizioni non possiamo certo abbassare la guardia. Tutt’altro. Forse ci siamo voluti illudere che il virus se ne fosse andato. E questo perché calata la curva dei ricoverati non avevamo più fatto tamponi o test. Ora che si va a cercalo (dopo che c'è stata la fiammata di fine agosto in Sardegna) il covid-19 lo si trova. Ma come forse c’era già a dicembre o gennaio. L’importante è non farlo crescere, tenerlo sotto controllo, e per questo serve solo responsabilità e magari un po' meno demagogia. Anche perchè se in primavera è stata la Lombardia a costituire la diga per fermare il vIrus con il lockdown, ora la situazione è con focolai in tutta Italia e Bergamo e Brescia sono le zone con i più bassi indici di contagi. E proprio questa situazione di polverizzazioen in tutta Italia potrebbe essere il vero pericolo da controllare.

Oggi però, persino le mascherine, il distanziamento e il lavaggio delle mani sono a volte messe in discussione e sono enfatizzati o sminuiti in base a convenienze politiche. E questo mentre il rischio di una seconda fase si materializza in tanti Paesi. Che poi ci siano i soliti idioti che si inventano congiure o che sostengono fossero falsità i camion militari con le bare del morti per Coronavirus a Bergamo, non meriterebbe nemmeno una risposta, se non la richiesta di far firmare loro l’impegno di non farsi curare in un ospedale pubblico qualora dovessero infettarsi.

Certo il Governo ce ne mette del suo, come al solito, per alimentare polemiche e magari qualche dubbio. Le discussioni assurde sugli orari di chiusura di bar o ristoranti mentre si proponeva di riaprire gli stadi la dice lunga sulla confusione che regna ai piani alti. La perla è la circolare del ministero degli Interni che a proposito dell’obbligo della mascherina all’aperto precisa che chi fa e jogging e footing può non portarla, mentre resta un obbligo per chi cammina sulla stessa strada. Il che sembra un’assurdità visto che chi corre e suda potrebbe trasmettere più virus (se asintomatico) di chi ha una respirazione normale.

Ma tantè, come detto c’è un po’ troppa confusione. Al punto che per fare passare una riduzione di orario per l’attività dei ristoranti (dove non si sono registrati focolai…), associati ai locali della movida (dove basterebbe un po’ di più ordine pubblico), si ricorre al divieto, tardivo, degli sport di squadra, dove il contatto fisico è per sua natura nella logica delle cose.

Comprensibile che ci sia chi si indigna e che non ci sta a passare per untore. Anche perché la ripresa dei contagi è frutto prevalentemente della demagogia di chi ha riaperto il calcio, di chi ha riaperto le discoteche e di chi ha riaperto le frontiere per le vacanze estive verso Paesi a rischio. E per fortuna, nonostante troppe persone non indossino le mascherine o non abbiano ancora scaricato l’App immuni, c’è un Paese in larga maggioranza ancora responsabile. Almeno finchè fra chi tira la cinghia e gli aiuti pubblici si riesce ad andare avanti.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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