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Non hanno potenziato gli ospedali e le Regioni ora chiudono l'Italia

Ritardi inaccettabili nell'allestire nuovi posti in terapia intensiva o nel riorganizzare i pronto soccorso sono alla base dell'attuale allarme rosso. Altro che chiudere bar o palestre.

di Alberto Lupini
direttore
 
01 novembre 2020 | 16:05

Non hanno potenziato gli ospedali e le Regioni ora chiudono l'Italia

Ritardi inaccettabili nell'allestire nuovi posti in terapia intensiva o nel riorganizzare i pronto soccorso sono alla base dell'attuale allarme rosso. Altro che chiudere bar o palestre.

di Alberto Lupini
direttore
01 novembre 2020 | 16:05
 

Più che i contagi, la cui ripresa era assolutamente prevedibile, ciò che spaventa tutti è la palese dimostrazione dell’impreparazione con cui gli ospedali si sono presentati alla Fase due. Regioni e Governo hanno fatto a gara nell’annunciare chissà quali interventi, ma a conti fatti solo il 2 novembre (il giorno dedicato a defunti) scadranno alcuni bandi per acquistare dei nuovi respiratori, senza i quali le terapie intensive sono disarmate. Ma quel che è peggio è che nessuno ha finora provveduto ad assumere il personale sanitario per farle funzionare… Nelle aree di rianimazione servirebbero almeno 9mila professionisti (fra medici ed infermieri) per poter attivare i quasi 3mila letti in terapia intensiva che si sarebbero dovuti avere in più se le Regioni li avessero organizzati per tempo, utilizzando il miliardo e duecento milioni di euro messi a disposizione. A gennaio erano 5719 i letti disponibili, ora “solo” 6960. È per questo che i politici e i tecnici sono terrorizzati dall’espansione dei contagi: non hanno provveduto per tempo a dotare gli ospedali dell’unico strumento utile per tenere sotto controllo la pandemia a livello più grave. In Germania sono 60mila i letti di terapia intensiva…

Non hanno potenziato gli ospedali e le Regioni ora chiudono l'Italia

Altro che allarmare i cittadini e chiudere bar o palestre. Oltre a non aver fatto nulla per alleggerire la pressione sui pullman e i treni regionali (vera causa dei contagi), le Regioni non si sono attivate per tempo per innalzare le difese mediche fondamentali per salvare le vite dei più deboli. E non dimentichiamo che questo è solo il frutto di una gestione politica sbagliata di anni della sanità. Dai primariati assegnati per merito di tessera di partito alla strozzatura delle scuole di specializzazione, dove accedono spesso solo i figli dei “baroni”. Un dato per tutti: per formare uno specialista da terapia intensiva servono 10 anni tra laurea in medicina e corso di specializzazione, ma fra numero chiuso e poche borse per specializzarsi non abbiamo oggi né medici né infermieri. Basta vedere il disastro in Lombardia e in Campania.

Ma non è finita. Fra le prime linee da irrobustire c’era anche il potenziamento dei Pronto soccorso, oggi letteralmente assaliti da gente che teme di essere contagiata dal covid anche se magari ha solo un raffreddore. Fare il triage in maniera rapida ed efficiente è fondamentale, anche perché ci sono milioni di persone che magari hanno bisogno di assistenza che nulla a che vedere col covid, e che per questo rischiano in maniera spropositata. Ma i pronto soccorso di molti ospedali sono oggi solo una specie di parcheggio per centinaia di ambulanze bloccate con pazienti in attesa di tamponi o, peggio di un letto. Il prezzo che paghiamo è davvero insopportabile, dopo quello già elevato dei tanti morti ad esempio per infarti non curati per tempo durante il primo lockdown.

Eppure, come scrive Marzio Bartolini su Il Sole 24Ore, “questo caos poteva essere evitato”. Con il decreto Rilancio del maggio scorso il Governo aveva messo infatti messo a disposizione delle Regioni 250 milioni di euro solo per i pronto soccorso con l’obiettivo di fare aree di controllo e selezione ad hoc per il Covid-19. Si trattava di fare ambienti pre-triage distinti, con aree di attesa dedicate ai casi sospetti, ambulatori per positivi o potenzialmente contagiosi in attesa di diagnosi e infine aree dedicate a chi è in attesa del tampone. E invece nulla.  

Pochissimi in realtà gli interventi fatti, mentre ci sono Regioni, come la Lombardia che, dopo avere creato il disastro della mancanza di vaccini contro l’influenza, solo nei giorni scorsi ha autorizzato alcuni interventi. Forse i varii assessorati regionali della sanità si aspettavano che nuove aree covid dei pronto soccorso li portassero Babbo Natale o la Befana. Un po’ come per le terapie intensive. In alcuni casi i progetti c’erano ma i lavori non sono mai partiti. Perchè? Oggi la stragrande maggioranza dei pronto soccorso ha cercato di riorganizzare le strutture che già aveva, ma gli spazi sono ovviamente insufficienti come dimostrano le lunghe file di ambulanze con il personale che è già in grande affanno. E su tutto ciò aleggia il rischio di rivolte e di reazioni violente della gente che attende di essere visitata... e intanto magari si infetta.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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