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Maradona, Napoli rincorre i ricordi dalla mozzarella alle pizze dedicate

A funerale avvenuto e lutto concluso, a Napoli tutti cercano ricordi del Pibe de oro. C'è anche l'identità del calciatore buonustaio che amva la pizza e la cucina partenopea.

di Vincenzo D’Antonio
 
29 novembre 2020 | 08:30

Maradona, Napoli rincorre i ricordi dalla mozzarella alle pizze dedicate

A funerale avvenuto e lutto concluso, a Napoli tutti cercano ricordi del Pibe de oro. C'è anche l'identità del calciatore buonustaio che amva la pizza e la cucina partenopea.

di Vincenzo D’Antonio
29 novembre 2020 | 08:30
 

A tumulazione avvenuta.

Algida locuzione a significare che un corpo esanime giace in loculo di destinazione.

Ed è ad avvenuta tumulazione di Maradona che degli anni vissuti a Napoli dal Pibe do Oro ancora diciamo.

Nel San Paolo tragicamente vuoto a causa della pandemia, lo scorso giovedì la squadra del Napoli ha disputato un incontro di Europa League. La partita cominciava alle 21. A quell’ora in punto, serata mite, dai balconi e dalle finestre di Napoli, candele accese ed un lunghissimo applauso all’unisono a salutare chi in quello stadio per sette anni ha donato gioie ai napoletani ed a quanti, ed è bene non sottovalutare ciò, indipendentemente dalla squadra per la quale tifano, sanno apprezzare le meraviglie in campo che solo Maradona sapeva creare e mostrare.

Maradona, Napoli rincorre i ricordi dalla mozzarell alle pizze dedicate

Adesso, tempo di sistemare faccenduole burocratiche (ed è perciò che tremiamo!) lo stadio San Paolo verrà intitolato a Maradona.

Ma in vita Maradona aveva già dato nome, a sua insaputa o suo malgrado, ad altre cose. A memoria, e di attualità in questi giorni che precedono le festività di fine anno, ricordiamo un petardo enorme, dalla forma vagamente sferica e dal botto assordante: fu la “bomba di Maradona” e salutava l’inizio di ogni nuovo anno in quegli oramai lontani anni ’80 e ’90 dello scorso secolo.

Sfidando l’esclusione temporanea dalla DOP in quanto non obbediente al disciplinare a causa del peso, alcuni caseifici valenti nella produzione di Mozzarella di Bufala Campana, inventarono il “pallone di Maradona”: una mozzarella di forma perfettamente sferica che, per assumere dimensioni simili a quelle del pallone, arrivò a pesare circa 4kg.

Per non parlare, se ne fece già cenno, delle impennate dei nomi “Diego”, “Diego Armando”, fino ad un “Diego Armando Maradona” (è tutto vero!) dati ai figli nati negli anni in cui quello scugnizzo. argentino di nascita e napoletano di adozione, mandava in visibilio i napoletani (e non solo) con le sue giocate al San Paolo (presto, Maradona Stadium).

In coerenza, il figlio napoletano di Maradona ha nome Diego jr.

Nei sette anni trascorsi da Maradona a Napoli (1984-1991) sono stati 515 i bambini registrati all’anagrafe del Comune con il nome “Diego”.

Ricordi struggenti e belli quelli relativi al primo scudetto, era il 10 maggio 1987.

Dire che a Napoli fu notte insonne tutta vissuta in strada è affermare l’ovvio.

Un fatto incredibile (vero, verissimo!): uno striscione al cimitero di Poggioreale: “che vi siete persi”.

Tale l’osmosi con la città che era in tutto e per tutto la sua città, che Maradona apprezzò subito le prelibatezze della cucina napoletana. Oltre alla pizza, gradiva moltissimo (e quante gliene hanno dedicate di ogni tipo e misura) e le pietanze a base di pesce ed i dolci napoletani. La carne se la faceva venire dall’Argentina e talvolta erano grigliate a fine allenamenti infrasettimanali con i suoi compagni di squadra e lo staff.

Della sua impossibilità a vivere la città da “persona normale” si è già detto. Vi erano persone che stazionavano sotto la sua bellissima casa di Posillipo, con la sola speranza di vederlo affacciarsi al balcone, figuriamoci trovarselo a passeggio sul lungomare o sulle accorsate vie dello shopping.

Fu questa situazione ad agevolare una sua vita da nottambulo poco confacente la disciplina insita nel calciatore? Fu una componente.

A tumulazione avvenuta, si diceva.

A trasloco effettuato, per una partita eterna da giocare in trasferta. Sta entrando in campo per il riscaldamento: scalzo, scarpini in spalla come fossero caciocavalli, il pallone incollato dove vuole lui: in testa, sul collo piede sinistro, spalla, petto; dove vuole lui e con i volteggi che vuole lui, come solo lui sa fare.

E adesso, per ogni goal segnato, lo sguardo non lo volge verso l’alto, ma verso il basso e manda baci alla sua amata Napoli, la città che lo adora e che adesso lo piange.

 

Ciao, Diego e grazie sempre!

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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