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Associazioni, sono ancora utili Ma servono unità e nuovi progetti

di Alberto Lupini
direttore
 
17 dicembre 2018 | 16:35

Associazioni, sono ancora utili Ma servono unità e nuovi progetti

di Alberto Lupini
direttore
17 dicembre 2018 | 16:35
 

Nel settore agroalimentare, così come negli altri, ci vorrebbero meno sigle e più unità e lavoro di squadra, superando quegli steccati che fino ad oggi hanno prodotto solo danni.

Chi l’avrebbe detto: in un periodo di forte polarizzazione e personalizzazione della politica, le organizzazioni delle imprese sembrano oggi recuperare un ruolo e una capacità di rappresentare l’interesse reale del Paese. Gli altolà al Governo giallo-verde sulla necessità di investimenti in infrastrutture per sostenere lo sviluppo o sulle politiche del lavoro, sono solo l’ultimo esempio di un’uscita da quel limbo in cui sembravano da tempo ingabbiate dopo che la politica aveva tentato di sostituirne la funzione di mediazione sociale. Ma i cosiddetti “corpi intermedi” (che si rifanno ad una tradizione secolare che risale alle corporazioni medievali) avevano resistito, sia pure finendo un po’ nell’angolo.

(Associazioni, sono ancora utili Ma servono unità e nuovi progetti)

E in effetti, a ben guardare, fino a poco tempo fa lo stato di fatto delle varie sigle era accomunato dalla difficoltà di rappresentare le nuove esigenze degli associati (imprese o professionisti che siano) di fronte ai cambiamenti di un’economia sempre più globalizzata. Per non parlare di un ricambio ai vertici più per cooptazione che per scelta della base (con pochissime donne ai vertici) o del progressivo calo degli iscritti reali, a cui si contrappone un aumento delle organizzazioni che si fanno concorrenza nello stesso comparto. Parliamo di realtà spesso autoreferenziali, appesantite da una burocrazia interna e con una progressiva perdita di peso nei confronti dei partiti, di cui ai tempi della prima Repubblica erano la cosiddetta “cinghia di trasmissione”, Pci e Dc in primis, a cui fornivano anche molta parte della classe dirigente.

Sociologi, economisti e politologi si sono sbizzarriti a indicare come questi corpi intermedi negli ultimi anni avevano smarrito la bussola, tanto che era calata la fiducia. E in questo contesto, quel che non era riuscito a Berlusconi o a Renzi, sta cercando di farlo ora il Movimento 5 Stelle. Dietro alla difficoltà di dialogo dei grillini con le imprese non c’è infatti solo la scarsa preparazione di questi politici “nuovi” a confrontarsi con organizzazioni che, al di là di numeri magari gonfiati, possono sempre parlare per conto di centinaia di migliaia di imprese. In realtà c’è una precisa strategia che punta ad un rapporto diretto fra cittadino-elettore e la dirigenza del Movimento, e che non prevede uno spazio autonomo per realtà come Confcommercio, Confartigianato o Coldiretti, per citarne solo alcune.

Anche questo dato politico sembra avere favorito quell’unità delle tante sigle che rappresentano l’economia italiana e che oggi si sintetizza in un messaggio molto chiaro: “Sì Tav”. Il che vuole dire investimenti per lo sviluppo e l’ammodernamento del Paese. Tutto ciò a cui sembrerebbe insensibile la componente “gialla” del Governo. E che non sia una scelta che si rifà agli schieramenti maggioranza/opposizione è attestato dal dialogo delle associazioni con la componente “verde” del Governo. Salvini, da un lato, e il sottosegretario Giorgietti e il Ministro Centinaio, dall’altro, sono le punte avanzate di un nuovo possibile collateralismo tutto da costruire.

Ma per tornare ad avere realmente un ruolo utile a tutti, le associazioni imprenditoriali devono proseguire con decisione nella strategia di ammodernamento interno che hanno in parte avviato, guardare con più attenzione a quanto di nuovo avviene nell’economia mondiale (da cui non possiamo escluderci per illusori progetti di decrescita felice...) e puntare sull’unità. Servono meno sigle per ogni comparto ed è indispensabile lavorare con spirito di squadra superando gli antistorici steccati che negli anni, per restare nel mondo dell’enogastronomia, hanno diviso ad esempio artigiani, commercianti, agricoltori e industriali. Si deve assolutamente lavorare insieme. E su questo siamo ottimisti.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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