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Dallo street food del termopolio dell'antica Pompei all'alta cucina dell'Italia di oggi: Paolo Gramaglia ci fa da guida

Un viaggio gastronomico attraverso due millenni, dalle pietanze e bevande servite nell'antico Termopolium pompeiano fino alla cucina di oggi di Paolo Gramaglia, chef patron del ristorante President. La recente scoperta archeologica ci conferma che lo street food è stato inventato proprio in Italia.

di Vincenzo D’Antonio
01 gennaio 2021 | 08:33
Dallo street food del termopolio dell'antica Pompei all'alta cucina dell'Italia di oggi: Paolo Gramaglia ci fa da guida
Dallo street food del termopolio dell'antica Pompei all'alta cucina dell'Italia di oggi: Paolo Gramaglia ci fa da guida

Dallo street food del termopolio dell'antica Pompei all'alta cucina dell'Italia di oggi: Paolo Gramaglia ci fa da guida

Un viaggio gastronomico attraverso due millenni, dalle pietanze e bevande servite nell'antico Termopolium pompeiano fino alla cucina di oggi di Paolo Gramaglia, chef patron del ristorante President. La recente scoperta archeologica ci conferma che lo street food è stato inventato proprio in Italia.

di Vincenzo D’Antonio
01 gennaio 2021 | 08:33
 

Una breve notizia che apre una finestra su una grande notizia. E che poi si collega ad una conversazione piacevole e molto interessante con un grande chef. Procediamo con ordine. La prima notizia: domenica 27 dicembre su Rai2, la trasmissione “Pompei - Ultima Scoperta” ha catturato l’attenzione di circa 3 milioni di telespettatori con uno share dell’11% circa. Non male per una trasmissione di taglio culturale.

Dallo street food dell'antica Pompei all'alta cucina dell'Italia di oggi

La seconda notizia: ovvero, la scoperta recentemente fatta a Pompei. Pompei è uno dei siti archeologici più visitati al mondo in cui si fa ricerca, si continua a scavare e si fanno scoperte straordinarie. Dagli scavi di Pompei, infatti, emerge ancora una volta una meraviglia: intatto con i suoi straordinari affreschi che sembrano quasi tridimensionali il Termopolio della Regio V. Persino pentole e scodelle con i resti del cibo da strada e delle bevande da asporto. Era abitudine dei pompeiani consumare all’aperto cibi e bevande calde. Lo street food, insomma, non è invenzione recente e non è invenzione di oltreoceano.

Il termopolio sta ad indicare la somministrazione e vendita da asporto di bevande calde. Ovviamente nel termopolio si somministravano e si vendevano anche bevande fredde e altri generi. Insomma, il termopolio è l’antenato del nostro moderno bar.

La pianta del termopolio è quella delle botteghe pompeiane in generale, caratterizzate da un largo vano d'ingresso e da un banco in muratura disposto ad angolo retto, che ha un lato rivolto alla strada, adiacente alla soglia. Nello spessore del banco sono murati quattro doli di terracotta che servivano per contenere cibi e bevande. All'estremità c’è un fornello con sopra una caldaia di bronzo, la quale, ermeticamente chiusa, conteneva ancora del liquido al momento della scoperta. All’interno sono state ritrovate numerose anfore.

Accortamente, con controllo e supervisione degli archeologi, sul bancone sono stati ricollocati gli oggetti trovati in parte sul bancone stesso ed in parte a terra. Si tratta prevalentemente di vasi manufatti in bronzo, terracotta, vetro. Di notevole interesse due gutti, l’uno a forma rispettivamente di gallo e l’altro a forma di volpe e di gallo. Inoltre, una lucerna fallica sospesa all'architrave al disopra del banco serviva per proteggere la bottega dal malocchio.

Nel termopolio ritrovato è perfettamente conservata l’immagine di una ninfa marina a cavallo. Altre immagini raffigurano animali con colori talmente accesi da sembrare tridimensionali.

La natura e la storia non fanno salti: procedono nel tempo con variazioni di velocità ma mai a scatti. Insomma, non vi è stop and go. Ed è proprio grazie a questo scorrimento lento che non vi è soluzione di continuità, dopo due millenni, con la Pompei di oggi.

Paolo Gramaglia e la cena pompeiana - Dallo street food dell'antica Pompei all'alta cucina dell'Italia di oggi
Paolo Gramaglia e la cena pompeiana


A rendere ciò deliziosamente vero e gradevolmente alla portata di clientela cosmopolita colta ed esigente è il ristorante President di cui è chef e patron Paolo Gramaglia. Eccoci a colloquio con Paolo, che è inoltre delegato per la Campania dell'associazione Euro-Toques Italia.

V: ciao, caro Paolo. Quasi tre milioni di telespettatori domenica scorsa su Rai2 per “Pompei – Ultima Scoperta”, share dell’11% circa.  Come giudichi questo dato?

P: Pompei da sempre costituisce un tuffo unico in quel passato che parla di sè ad ogni angolo. Lo straordinario televisivo di RAI 2 senza dubbio rappresenta e sintetizza quella voglia di sapere che ognuno di noi ha dentro di sè e che, dai vicoli, dalle strade, dal thermopolium recentemente scoperto, ancora una volta parla di cultura e di sapere da duemila anni.

V: all'incirca, e mi correggi se sbaglio, il President dista 600 metri circa dalla zona archeologica di Pompei. Ecco, ma anche a fronte di questa recente scoperta del thermopolium, a contare in tempo e non in spazio, quanto dista?

P: Il nostro ristorante in termini spaziali dista dall’ingresso di piazza Anfiteatro circa 300 metri. La distanza temporale, invece, mi piace dire e pensare che si annulli quando i fuochi delle cucine del President si accendono e diventano tutt’uno, in uno spazio di tempo senza tempo, con quelle del thermopolium. Gli ospiti che si siedono al tavolo del nostro locale per assaporare i cibi ed i pani del 79 d.C. inseriti nel menu degustazione “A tavola con gli antichi romani pompeiani”, sentono gli stessi profumi e sapori che accattivavano il palato degli antichi pompeiani.

V: con questa recente scoperta del termopolio si irrobustisce la comprensione di due fenomeni: a) lo street food non è stato inventato altrove bensì qui da noi b) le gabbie "ora di pranzo" e "ora di cena" sono recenti e vi era maggiore duttilità ai tempi dell'antica Pompei quando i luoghi di ristoro erano AAO, Almost Always Open.

P: Sicuramente possiamo affermare che anche lo street food moderno ha radici antiche. In realtà, le tabernae sempre aperte a qualsiasi ora del giorno avevano come clienti gente di classi sociali ben diverse. Il “prantium”, veloce pausa durante la giornata di scambi (ricordiamo che Pompei era una città di commercio), era servito soprattutto ai ricchi commercianti sia patrizi che plebei. I plebei poveri e gli schiavi saltavano spesso il prantium. La “coena”, invece, vedeva come avventori categorie sociali più basse, poiché i ricchi patrizi dalle 5 del pomeriggio circa iniziavano spesso sontuosi banchetti nelle loro maestose dimore.

Dallo street food dell'antica Pompei all'alta cucina dell'Italia di oggi 

V: e nelle loro sontuose dimore, caro Paolo, poteva capitare che le pietanze fossero lì a fronte di delivery o di take out?

P: Questo difficilmente succedeva. I ricchi patrizi avevano schiavi adibiti alle cucine. Costoro si occupavano della preparazione dei cibi praticamente tutto il tempo. I patrizi più ricchi, anzi, durante questi fastosi banchetti, mostravano il segno della loro potenza, portando in tavola i cibi più esotici e raffinati che erano praticamente sconosciuti ai più, come ad esempio, lingue di pappagallo o pavoni.

Le famiglie più abbienti avevano, come è noto, triclini sui quali stendersi per mangiare. Ve ne erano sia all’interno della domus per i pasti invernali, che all’esterno, nei giardini, per quelli estivi. Alle spalle di ogni ricco patrizio era posizionato un servo che aveva il compito di tagliare il cibo in piccole parti, che, poi, il suo dominus avrebbe mangiato, appoggiato su un fianco. Non erano conosciuti nè il coltello come strumento da tavola, nè le forchette, unicamente era in uso un similare del nostro cucchiaio, che veniva utilizzato per le zuppe. Sul finire della coena le matrone si ritiravano e lasciavano i loro mariti da soli a conversare in compagnia delle ancelle (!).

V: quindi erano dark kitchen ad uno interno! Attingo al tuo sapere, caro Paolo, per chiederti cosa che molto incuriosisce: quando parliamo dell'antichità, come è metodologicamente corretto dal punto di vista storico, diamo priorità di classificazione della società al censo ed alla ricchezza per non dire alle caste. Ma se invece provassimo per una volta, a sezionarla per generazione? Come e dove mangiavano i Millennials delle classi "up"?

P: Anche i cibi per i giovani seguivano caste e obiettivi. I giovani maschi patrizi venivano alimentati con vigore e, con lo stesso impegno erano eruditi allo studio, dacché era compito dei loro maestri formare nuove valorose generazioni. Le giovani fanciulle ricche erano alimentate allo stesso modo per renderle più in salute per l’unico scopo che la vita loro concedeva: un ricco matrimonio ed una numerosa prole. I poveri, invece, anche se giovani, mangiavano unicamente una colazione misera ed una coena a base di farro ed orzo chiamata satura. Questa satura, e da qui il moderno termine saturare, aveva l’obiettivo, appunto di saziare con poco ed era servita per tutta la famiglia in un unico piatto da portata chiamato pulitarium.

Dallo street food dell'antica Pompei all'alta cucina dell'Italia di oggi 

V: caro Paolo, questa scoperta è "troppo" importante per cadere in oblio in breve tempo e divenire una delle tante cose che si osservano e si apprezzano   durante la visita agli scavi di Pompei. Tu in qualità di ristoratore in Pompei intendi fare qualcosa di specifico?

P: Certo, ma il mio impegno al riguardo non è che comincia adesso dopo la scoperta del termopolio. Da sempre, nei miei numerosi viaggi internazionali, ho portato nella mia valigia due cose: la giacca di cuoco Michelin (il President è ristorante stellato), il ruolo di ambasciatore dell’Associazione Euro-Toques,  Questi sono stati sempre e lo saranno ancora di più, appena sarà possibile viaggiare, i due compagni di viaggio indispensabili per diffondere nel mondo la grande storia di Pompei e la grande cultura gastronomica dell’Italia che io, quando sono all’estero, come chef mi onoro di rappresentare.

V: caro Paolo, poche ore ormai e l'annus horribilis ce lo lasciamo, senza rammarico alcuno, alle nostre spalle. Qual è il tuo augurio per il Nuovo Anno?

P: Faber est suae quisque fortunae (ciascuno è artefice della propria sorte). Questo è l’augurio per questo nuovo anno; che esso lasci alle spalle per sempre uno dei momenti più difficili per tantissime persone, particolarmente per gli addetti alla ristorazione. Auguro ad ognuno di avere sempre nuova forza vitale per essere artefice del proprio grandioso destino.

La recente scoperta del termopolio ci fa riflettere ancora una volta sul fatto che noi veniamo da lontano. E sapremo andare lontano, proprio perché veniamo da lontano.

Descrizione del termopolio
Due anatre appese per i piedi, un gallo, un cane al guinzaglio, che sembrano dipinti in 3d. Torna alla luce a Pompei l'ambiente quasi integro di un Thermopolium, una "bottega di street food", con piatti di ogni tipo, dalle lumache a una sorta di "paella". Una scoperta, spiega il direttore Massimo Osanna che "restituisce un'incredibile fotografia del giorno dell'eruzione", e apre a nuovi studi su vita, usi e alimentazione dei pompeiani, "Sarà un dono di Pasqua per i visitatori", annuncia.

Lo scavo non fa parte del Grande Progetto Pompei, ma si trova comunque nella zona della Regio V interessata negli ultimi anni dai lavori di consolidamento e scavi. Il Termopolio è ubicato proprio di fronte alla "Locanda dei Gladiatori", quasi all'angolo tra il vicolo dei Balconi e la via della Casa delle Nozze d'Argento. Già nel 2019 erano riemersi una prima parte del bancone con uno splendido dipinto a tema mitologico: una nereide che cavalca un ippocampo e porta con sé una cetra, l'impronta lasciata nella cenere dal grande portone in legno e un balcone che ornava il piano superiore.

Una bottega di "street food"
I lavori delle ultime settimane hanno fatto riemergere l'intero ambiente della taverna, con il suo bancone a L riccamente decorato e i vasi con ancora i resti dei cibi e delle pietanze cucinate che i pompeiani usavano consumare per strada. In uno dei 'quadri' riemersi con tutti i suoi sfavillanti colori è riprodotto l'ambiente della locanda cosi come doveva presentarsi agli avventori, con le sue anatre germane appese, il bancone, le pietanze. In un altro un cane al guinzaglio: sulla cornice qualche buontempone, forse un liberto, ha graffito un insulto diretto al padrone del locale.

Il meglio conservato di 80 botteghe per il cibo negli scavi
I termopoli, dove si servivano bevande e cibi caldi, come indica il nome di origine greca, conservati in grandi dolia (giare) incassati nel bancone in muratura, erano molto diffusi nel mondo romano, dove era abitudine consumare il prandium (il pasto) fuori casa. Nella sola Pompei se ne contano una ottantina, nessuno però così integro, con decorazioni così raffinate, i colori splendidi, i disegni intatti.

E soprattutto, gli scavi del passato non sono riusciti a recuperare tutti gli elementi sul cibo emersi in questo progetto, al quale hanno lavorato in equipe esperti archeobotanica e archeozoologi, geologi, antropologi, vulcanologi.

Dallo street food dell'antica Pompei all'alta cucina dell'Italia di oggi

"Paella" e vino
Ed ecco che nel menu spuntano piatti con "l'impiego congiunto di mammiferi, uccelli, pesce e lumache nella stessa pietanza", come spiega nella sua relazione l'archeozoologa Chiara Corbino, di fatto una specie di paella ante litteram. O il particolare trattamento del vino, come racconta a sua volta l'archeobotanica Chiara Comegna, che era corretto con le fave (servivano a sbiancarlo e nello stesso tempo a correggerne il gusto) ma anche conservato in un dolo che aveva sul suo fondo una tegola per separare i legumi dal liquido ed evitare di mescere il vino insieme con il suo poco gradevole fondo. Senza parlare dello scheletro di un cagnolino trovato a un passo dal bancone: adulto ma di dimensioni così modeste da far pensare che già all'epoca si praticasse la selezione delle razze da compagnia.

Il mistero dell'uomo nel vaso
Altrettanto importante è il ritrovamento dei resti di due uomini. Una delle vittime, un uomo intorno ai 50 anni, era disteso su una branda nel retro del locale e potrebbe essere morto schiacciato dal crollo del solaio. I resti dell'altro sono stati trovati invece in un grande vaso di terracotta, tranne un piede che era vicino al bancone. L'occultamento del secondo scheletro, secondo gli archeologi, potrebbe essere opera di scavatori "forse addirittura del XVII secolo" che avevano scavato un cunicolo proprio a ridosso di questo edificio. "Ma il particolare del piede, che si trova accanto al bancone, proprio vicino al coperchio posato in terra di una delle pentole in coccio - ragiona Osanna - potrebbe anche far pensare ad un fuggiasco entrato nella bottega alla ricerca di riparo e soprattutto di cibo, visto che ormai le piogge di cenere e lapilli in città si susseguivano da oltre 18 ore".

Dallo street food dell'antica Pompei all'alta cucina dell'Italia di oggi

Visite aperte a Pasqua
Il restauro è comunque ancora in corso e il lavoro prosegue anche nei laboratori, dove alle analisi già fatte sul posto ne saranno affiancate altre per conoscere in maniera più precisa il contenuto dei grandi vasi in terracotta e avere maggiori informazioni sui resti delle vittime. Ma presto, anticipa Osanna, questa parte dei nuovi scavi sarà anche visitabile: "l'idea, pandemia permettendo - dice - è quella di aprire l'accesso al Termopolio a Pasqua, facendo passare i visitatori dal cantiere di restauro della grande Casa delle Nozze d'argento, chiusa al pubblico ormai da decine di anni".

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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