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Dagli agriturismi agli home restaurant... Quando la ristorazione è improvvisata

In Italia si contano oltre 257mila imprese della ristorazione, e in 5 anni circa 50mila hanno cessato la loro attività; oggi parte della colpa è della concorrenza spietata e non regolamentata degli “home restaurant”

 
16 aprile 2015 | 10:17

Dagli agriturismi agli home restaurant... Quando la ristorazione è improvvisata

In Italia si contano oltre 257mila imprese della ristorazione, e in 5 anni circa 50mila hanno cessato la loro attività; oggi parte della colpa è della concorrenza spietata e non regolamentata degli “home restaurant”

16 aprile 2015 | 10:17
 

Che l’Italia sia universalmente riconosciuta come patria del buon cibo è risaputo, ed è motivo di orgoglio per chi ancora crede che il Made in Italy in tavola sia un valore irrinunciabile. Qualcuno inizia però a storcere il naso davanti alle continue aperture di quei ristoranti, dalle trattorie ai wine bar, dagli home restaurant agli agriturismi, che, a differenza di quelli qualificati e rispettosi delle norme di settore, si basano sull'improvvisazione, e capita che in cucina si trovino degli appassionati o dei curiosi più che degli esperti, il tutto a discapito da una parte del consumatore e dall'altra dei professionisti del settore.



«Oggi - dichiara Lino Stoppani, presidente Fipe nazionale, in occasione del talk show “Dalla Terra alla Tavola - Lo stile italiano è Doc” ideato da Italia a Tavola - c'è un eccesso di offerta nel settore della somministrazione del cibo: secondo una elaborazione Fipe su dati Eurostat, l'Italia ha una densità imprenditoriale che supera del 40% la media europea». I dati presentati durante il talk show di Firenze parlano chiaro: da Nord a Sud sono oltre 257mila le imprese della ristorazione, secondo una elaborazione Fipe su dati Istat del censimento 2011, con circa 130mila bar, gelaterie e pasticcerie, oltre 125mila ristoranti, più di 1.500 imprese attive nella ristorazione collettiva per un totale di oltre 750mila addetti.

Il rischio è che tutte queste nuove attività siano il risultato di un’improvvisazione piuttosto che di un progetto imprenditoriale strutturato, anche in termini di sicurezza e di igiene. Se a cucinare non è un cuoco professionista che conosce le materie prime e i rischi alimentari legati alle intolleranze, allora non solo il consumatore sta correndo un rischio per la sua salute, ma il ristoratore onesto subisce i danni di una concorrenza illecita. «Negli ultimi 5 anni - continua Stoppani - hanno chiuso i battenti circa 50mila imprese di settore. C'è molta improvvisazione, in un lavoro che invece richiederebbe requisiti di etica e capacità imprenditoriale».

E l’attuale sistema italiano non aiuta di certo le varie figure che compongono il comparto della ristorazione e dell’agroalimentare a restare unito; purtroppo l’Italia è vittima di una frammentazione interna che porta a classificare i vari attori della filiera come enti separati e autonomi. «Tanti scelgono di lavorare in cucina, ma con regole diverse - ha sottolineato Alberto Lupini, direttore di Italia a tavola - l'attuale sistema sembra fatto apposta per tener divisi gli operatori, quando servirebbe invece una riforma del comparto produttivo, per mettere a punto un “sistema Paese”, e in questo senso il ruolo dei Consorzi di produttori, quelli veri e di qualità, è fondamentale».

L’ultima parola spetta dunque alle Istituzioni, affinché vengano redatte delle norme chiare e valide per l’intero settore. In questo modo non sarà solo il ristoratore esperto a dover osservare le tante regole che l’apertura di un’attività di ristorazione comporta, ma anche la casalinga che sceglie di aprire le porte di casa sua trasformandola in ristorante per una sera.

«La questione organizzativa è cruciale - ha sostenuto il ministro delle Politiche agricole e alimentari Maurizio Martina tra i relatori del talk show - ed Expo sarà un acceleratore di questo processo. Ma non si possono compiere grandi cambiamenti affidandosi esclusivamente alle leggi, serve piuttosto un salto di qualità nei rapporti tra la ristorazione e l’agricoltura nella consapevolezza che questa è la chiave per una nuova economia».

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19/07/2015 19:50:37
11)
Interessante discussione, penso che in un momento così difficile e con bassa disponibilità economica l'home restaurant dà la possibilità a chi non potrebbe permettersi di cenare al ristorante di passare una serata diversa e gratificante senza per questo pesare sul fatturato di rinomati locali che hanno già una clientela selezionata, io sono in possesso di REC e ho diversi anni di esperienza nella cucina regionale basata sulla tradizione. Sarei comunque d'accordo che si rispettassero le norme di igiene di base. Grazie per lo spazio, buon lavoro a tutti.
andrea corbelli

16/03/2015 09:51:21
10) Smettete di alzare barricate!
Siamo proprio alla guerra tra poveri, alla delazione velata e forse alla follia "commerciale". Ma come, ora un privato deve anche rendere conto a chicchessia se a casa viene coadiuvato da un simil chef o giu' di li'? Oppure se chiama un prestigiatore per la festa del bimbo? le norme igieniche in casa??'HCCP in casa?Allora sui panfili e Yacht non devono piu' servire il pranzo ad eventuali ospiti??? Allora come spesso succede quando ospito qualcuno che si diletta a far da mangiare e vuole cimentarsi in 2 piatti non puo' piu' farlo.Parliamo sempre del nulla.Se uno non vuole andare al ristorante e riempirsi la casa di estranei sono fatti suoi!!! A parte il fatto che a volte succede che se si vogliono bere tre bottiglie di Champagne di livello si rischia di essere fermati e di dover dare delle spiegazioni ai finanzieri " come fa lei a permettersi di andare a cena/pranzo li'????Smettetela di alzare barricate su tutto fatye solo il loro gioco. A proposito al signore che andra' all'estero: lo capisco ma sarebbe stata una vittoria se mandassimo via' quelli li' e non dover andar via noi!!!
marco s
ristoratore
ristorante
12/03/2015 12:24:52
9) Siamo prigionieri
Troppe regole, sempre di più che non lasciano vivere. Troppi bastoni tra le ruote!!! Sembra che di notte non dormano per inventarsele! Quante persone allergiche ci sono in Italia?? In una popolazione di??? Non ho parole!!! Non le scrivo le parolacce che penso!!! Abbiamo capito tutti, che in Italia sarà sempre più difficile la colpa è solamente nostra!!!! e lasciamo andare.....piuttosto che reagire andiamo all'estero a lavorare!!!!!! vergogna
wally favero

B&B Luxury House
11/03/2015 17:08:47
8) Complimenti Alberto!
Intanto ha fatto bene l'Alberto Lupini ad aprire questo vaso e tirarne fuori quello che secondo lui non va... Io, da cuoco a domicilio fin dal 1990, mi sono accorto dell'inflazione di cuochi a domicilio data da tanti siti che li alloggiano senza verificarne abilità, competenze e certificazioni... Mi diverto a chiedere preventivi, e, credetemi, trovo persone che vengono a cucinare in casa per 4 persone anche per 50 euro, ovviamente in nero... Lavoro con fatture, per numerose agenzie essendo l'unico, in Italia, a poter contare su una rete, un network di collaboratori che coprono, indipendenti, quasi tutto il territorio Italiano... Complimenti Alberto, sempre grande!!!
RoDante Cuocoerrante
Cuoco a Domicilio
11/03/2015 16:33:08
7) Gnammo non può fare da garante fiscale
Come Gnammo possa emettere un documento fiscalmente valido per un’attività che non svolge direttamente mi sembra francamente una questione che l’Agenzia delle entrate mi risulta non abbia ancora risolto. Tanto è vero che nelle istruzioni del sito si parla esplicitamente di assenza di ricevute o fatture.
Il limite dei 5mila euro apre peraltro un’altra situazione giuridico fiscale assolutamente non irrilevante.
Che titoli ha l’organizzazione di un portale per diventare “garante” delle attività svolte da privati? E in ogni caso come può pensare di potere sapere che il limite dei 5mila euro è stato o meno superato dal novello Cracco? L’aspirante cuoco domestico potrebbe anche fare il babysitter o il guardiano a tempo perso e raccogliere anche da quelle attività 5mila euro.
I 5mila euro sono un importo limite per l’anno, non per tipo di attività svolta.
Che Gnammo - contro cui non abbiamo nulla, vorrei chiarirlo - si ponga come garante fiscale è una vera stupidaggine, come quella di promettere che in futuro “garantirà” circa il rispetto delle normative igienico-sanitarie. Per quell’eventualità c’è solo da rispettare la legge e, francamente, non ci può essere casa privata che possa risultare a norma per l’Haccp.
Sull’ultimo aspetto credo di non dover aggiungere altro. Le proposte di Gnammo sono, comunque le si voglia vedere, pubbliche e tale diventa il luogo in cui si svolgono. La tesi di Gnammo, da autentica arrampicata sugli specchi, equivarrebbe a dire che chi va a teatro va in un luogo privato solo perché a biglietti esauriti non si può più entrare. Neanche bussando al portone.
a.l.

11/03/2015 16:31:47
6) Rettifiche su osservazioni del dott. Lupini
Salve Alberto, la ringrazio per il suo riscontro, ma mi preme sottolineare nuovamente due elementi che dal suo commento risultano non corretti, onde evitare che i lettori possano cadere in fraintendimento. Il sito emette TUTTA la documentazione fiscale sia per lo gnammer (chi mangia) che per il cook di ogni evento. Il cook deve poi semplicemente dichiarare questi ricavi alla fine dell'anno sotto la voce "altri redditi", e come la normativa prevede, sotto i 5000€ non è tenuto all'apertura di una partita IVA. Quando tale limite è superato è il sito stesso che ferma -momentaneamente- il cook per poi accompagnarlo in un'eventuale apertura IVA. L'altro elemento fondamentale è che gli eventi sono in CASE PRIVATE e NON sono aperti al pubblico perchè nessuno può citofonare e salire in una casa SENZA l'approvazione del padrone di casa (una prenotazione può essere anche respinta): il fatto che ci sia un annuncio su Gnammo non determina la trasformazione in "luogo pubblico" della casa. È questa una differenza SOSTANZIALE che fa decadere la sua osservazione e permette agli eventi di #SocialEating di non contravvenire ad alcuna normativa. Ringraziandovi ancora per lo spazio concessoci, restiamo a disposizione per ogni ulteriore dubbio. Grazie e buona serata.
Walter Dabbicco

11/03/2015 14:56:58
5) Risposta al team di Gnammo
Che il pagamento avvenga in anticipo, come avevo del resto evidenziato, non esclude che si tratti di transazioni “in nero”, perché privati senza licenza di somministrare cibo e senza partita iva non possono emettere fattura. E questo già è grave, e in un corretto italiano si traduce in evasione fiscale. E aggiungerei anche esercizio abusivo di professione. Restano poi tutti gli aspetti igienico-sanitari che non sono in alcun modo risolti nel commento degli organizzatori. C’è invece tutta la questione che non si può risolvere con la frase “eventi fra privati chiusi al pubblico”. Il solo fatto che Gnammo, ma vale anche per gli altri siti, sia una vetrina che promuove offerte di cene domestiche ne fa un luogo pubblico. Potrei capire se si trattasse di un circolo “privato” che fornisce informazioni solo a chi possiede una password. Ma la realtà è ben diversa: chiunque può accedere a quel sito. Se poi qualcuno volesse sostenere che il web non è, per definizione, un luogo pubblico... Se riuscirà a dimostrarlo forse è tempo che io cambi lavoro.
a.l.

11/03/2015 14:55:02
4) Cos'è davvero il #SocialEating?
Dal team di Gnammo ci permettiamo di intervenire in commento a questo articolo per effettuare alcune correzioni a quanto riportato nell'articolo. Tralasciando la captatio benevolentiae con diciture come "novelli Cracco", "piccoli Cracco" , la soluzione ai dubbi da lei espressi è comodamente riportata sia nelle FAQ di Gnammo che nei suoi Terms&Conditions, a cui rimandiamo per ulteriori approfondimenti. Sono comodamente individuabili in home page. Nel rimandare a queste pagine, ci preme però già qui sottolineare che parliamo di eventi saltuari, tra privati e chiusi al pubblico, la cui partecipazione sottostà ad approvazione del padrone di casa (il pagamento avviene online ed in anticipo: una garanzia per la tracciatura fiscale... Davvero improbabile quello che viene definito "nero" nell'articolo): nulla a che vedere con un ristorante. Sottolineamo inoltre che l'intero modello è stato validato da avvocati e commercialisti, oltre che da una community di 40.000 persone in tutta Italia. È un piacere però notare, come l'autore lanci degli stimoli interessanti che ai più continuano a sfuggire: il #SocialEating è un'occasione e non una minaccia per i ristoratori che sapranno vedere le potenzialità della vasta community di Gnammo! Ringraziando la testata per l'ospitalità, restiamo a disposizione di chiunque necessitasse di approfondimenti. Buona giornata a tutti i lettori. Il team di Gnammo
Walter Dabbicco

16/02/2015 10:01:12
3) E se il mondo stesse cambiando?
Da ristoratore oggi, quindi potenzialmente danneggiato dagli home-restaurants, e come imprenditore nel commercio internazionale da 30 anni, non credo che si possa fermare una naturale evoluzione del mercato, dovuta a condizioni economiche in divenire, modifiche nella cultura alimentare e della percezione stessa della funzione della somministrazione, chiedendo ancora più norme, regole e ingabbiamenti. Siamo strozzati dalle leggi, dalla burocrazia, dalla vertiginosa diminuzione della redditività sul capitale investito, sia finanziario che umano, quindi ben vengano le iniziative private per soddisfare una domanda. E' chiaro, chi ospita e cucina dovrebbe avere una conoscenza delle norme igieniche, una preparazione sui tipi di cottura, ma non dimentichiamo che chi ospita, nel 99% dei casi, cucina già per sè e per la propria famiglia, quindi, se non sono un giorno si e uno no loro stessi, al Pronto Soccorso, qualcosa ben saprà. Poi, perché le uova "del contadino", ricercatissime dai consumatori, non possono essere usate nel ristorante, in quanto prive di "certificazione" ? e gli ortaggi a Km. 0, solo dalle imprese che possono fatturare ? e gli animali da cortile ? Se andiamo avanti così, mangeremo solo quello che "le autorità" decideranno e credo che i criteri saranno più economici che salutisti. Allora, la gente cerca più gli home-restaurants che i ristoranti tradizionali ? bene, facciamocene una ragione e non stiamo ad invocare l'intervento dei controllori, gli stessi che, quando vengono da noi, faremmo volentieri a meno di avere tra i piedi.
Giuliano D'Ambrosi

16/02/2015 10:00:50
2) ...e regole "rigide"
L homerestaurant potrà sotto alcuni aspetti essere molto folkloristico, in Brasile e altre nazioni simili lo fanno da molti anni, NON deve esistere in Italia. Sopratutto se un locale ristorativo con somministrazione deve sottostare alle troppe leggi esistenti tra cui USL, FISCO e INAIL per gli addetti/collaboratori compresi i famigliari. Iniziare fi da ora tutti i controlli possibili ad iniziare da chi già è stato intervistato e che in qualche modo già attira clientela. Alternative non ce ne sono.
Enrico Cipolletta

11/02/2015 09:45:27
1) Troppe tasse
Cari signori, In una nazione che praticamente PROIBISCE l'imprenditoria,ESILIA le imprese esistenti, PUNISCE chi tuttavia si esibisce, MANDA IN GALERA chi solo beve un caffe' nel proprio locale senza scontrino, l'usl che ti MAZZETTA, le tasse che oramai sono da capogiro e che ,se ti va bene tra dirette e indirette, sono attorno all'85%, eccetera eccetera,in una nazione cosi' dicevo, la gente cerca di salvarsi come puo'.Pur sapendo che in tal modo danneggia il prossimo. Il governo non capisce ancora che per attirare gli investimenti occorre una riduzione fiscale molto massiccia che se non si crea ricchezza ci si avvia alla fine che fra non molto non ci sara' piu' nulla da perdere e che... Io fra poco me ne andro' in un paese cosiddetto del terzo mondo, dove almeno ci sara' qualcosa da fare e I miei figli avranno un future.
Tony Chilosa



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