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Veg, bottega-ristorante e take away I trend 2017 per la ristorazione

Da proposte gourmet per vegetariani al take away di qualità, dagli orari di cucina variabili alla trasparenza degli ingredienti nel piatto fino alle botteghe ristorante: così si delinea la ristorazione del prossimo anno

di Vincenzo D’Antonio
 
31 ottobre 2016 | 12:16

Veg, bottega-ristorante e take away I trend 2017 per la ristorazione

Da proposte gourmet per vegetariani al take away di qualità, dagli orari di cucina variabili alla trasparenza degli ingredienti nel piatto fino alle botteghe ristorante: così si delinea la ristorazione del prossimo anno

di Vincenzo D’Antonio
31 ottobre 2016 | 12:16
 

Nel periodo della scorpacciata delle guide, tra quelle già presentate (Espresso e Gambero Rosso) e quelle ancora da presentare, si pensi alla “rossa” che si disvela il 15 novembre a Parma, ci si lasci eseguire esercizio altro. Si ascolta, si ha la visione worldwide che la società digitale consente (impone, verrebbe da dire!), si vive il laborioso quotidiano della ristorazione e poi arriva anche il momento, questo momento, in cui si azzardano, conseguente responsabilità assumendosi, i trend 2017 della ristorazione in Italia. Ne abbiamo individuati 6.



Dine-In as if it is Dine-Out
Ovvero si irrobustisce vigorosamente una tendenza al momento debole ma comunque già presente: la nobilitazione del take away. Non si intende più il take away come un’operazione sovente melanconica ma necessaria. Il take away con la sua miglior variante di delivery effettuata dal ristoratore oppure da professionale soggetto terzo (si pensi al new business di Uber negli Usa) è la dilettevole volontà di godere di ottima cena in amena convivialità, in casa propria.

Menu concordato con il ristoratore, meticolosi i dettagli atti a salvaguardare la bontà delle pietanze nonostante i tempi di delivery, gli sbalzi termici ed i punti di cottura. La voglia di attingere alla cantina di casa, allo smart buy in enoteca, a quella musica di sottofondo, a quei discorsi magari così delicati che è meglio “si stia in casa” ma, soprattutto, la new wave di non uscire di casa il sabato sera, la particolare serata godendosela in casa propria con gli amici e, vuoi mettere, far from the madding crowd!

La percorribilità di questo new trend è sensibilmente in funzione anche delle nuove tecnologie, sia intese come equipment del ristoratore ai fini della salvaguardia della pregevolezza organolettica delle pietanze e del mantenimento della sicurezza igienica, sia intese come accorta dotazione domestica per i piccoli accorgimenti del caso, e sia soprattutto, come diffusione e fruizione di app che egregiamente agevolano la conoscenza ed il contatto tra nicchie di utenza e ristoratori.

Il mangiare VEGETARIANO
Più di quattro milioni e mezzo di persone in Italia hanno abbandonato la carne ed il pesce, in nome di norme etiche e regole salutiste. Questa rinuncia piace soprattutto alle donne ed ai giovani. E, lungi dall’essere una religione per pochi, sta diventando un comportamento a tavola che non sottende più un rigido stile di vita, bensì è motivo di orgoglio.

Non più, quindi, il ristorante vegetariano, nel recente passato ben pronto ad accogliere una nicchia in palese espansione, bensì il ristorante gourmet con proposte vegetariane di pari appeal a quello delle proposte “carnivore”. Vegetariano né ghettizzato né ammirato come santone esente da peccati. Vegetariano uno di noi, a tavola con noi e, attenzione, vegetariano per una cena, stante la bontà di alcuni piatti, può egregiamente diventarlo anche il carnivoro!

Butcher to table Fishmonger to table
È, a pensarci bene, un modo sagace di rimodellare il concetto, sovente sia abusato che distorto, di filiera corta. Dal fornitore al cliente questa volta non saltando l’anello intermedio del grossista bensì saltando l’anello intermedio del... ristorante! A dirla più sussiegosamente è la bottega che amplia lo spettro dei suoi servizi alla clientela, predisponendosi abilmente a cucinare i cibi proposti in vendita al banco, per un immediato e confortevole consumo ai tavoli.

Approccio win win. Il negoziante incrementa il suo business ed il cliente, consapevole di offerta limitata ma ben visibile, sa che cosa mangia e sa che paga, per quelle pietanze, meno di quanto pagherebbe al ristorante. Il trend ha celere percorribilità innanzitutto con i più accorti ed appassionati tra macellai e pescivendoli.



Orari di apertura e dei Giorni di chiusura
In una società dove i tempi di lavoro sono sempre meno scanditi dalle fabbriche e dagli uffici e dove quindi un sempre minor numero di persone ha vincoli prestabiliti di orari e di correlate pause, in una società dove le occasioni di svago non devono più necessariamente essere colte durante i fine settimana, ed in un mondo che vede sempre in crescita i flussi turistici, ha oramai poco senso calibrare gli slot di erogazione del servizio ai tempi del pranzo ed ai tempi della cena. Perché no il brunch, perché no l’happy hour, perché no, e qui vi è link al primo trend, un subset di cibi da asporto sempre pronti.

È sforzo notevole: strutturale, organizzativo, gestionale, con investimenti iniziali di non poco conto. Il fattore di maggiore difficoltà, duole dirlo, è quello relativo al personale, sia di sala che di cucina e sia in termini di redistribuzione dei turni di lavoro e sia, soprattutto, in termini di nuovo mind set. Abituarsi a servire persone che hanno già scardinato il robusto paradigma del pranzo e della cena per avviarsi verso il comportamento smart del “mangiare bene e bere bene qualcosa, quando ne ho voglia, quando mi va, in un locale che sappia darmi pieno comfort”.

Ma, attenzione, nel mentre si dilatano avvedutamente gli orari di apertura, si ampliano i giorni di chiusura settimanale o, per dirla meglio, si divaricano, tale da rendere molto meno frequente quanto ad oggi sembra quasi una regola: un giorno a settimana. Le attività ben strutturate, ovvero ben oltre la conduzione familiare, bensì aziende di ristorazione con proprio management e brigate numerose, tenderanno al 24/7, praticamente “always open”, il sempre aperto al quale, nelle grandi città, ci sta abituando la Gdo.

Le attività a conduzione familiare laddove patron e chef coincidono, si andrà verso i due giorni di chiusura settimanale, di cui, nei fatti, uno dedicato al riposo e ai disbrighi vari e l’altro ad un nuovo spettro di attività riconducibili al lavoro: lo scouting di nuovi fornitori in filiera corta, la prestazione come guest chef in locale altro, in evento, in manifestazione, la conduzione in aggiornamento continuo dei social media mediante i quali ci si rapporta al mercato.

Trasparenza
Trasparenza intesa come “libro aperto” sull’origine e sulla provenienza degli ingredienti che compongono il piatto. Il cosiddetto secondo rigo di menu che già si comincia a scorgere nelle strutture più attente a questi valori emergenti. Può anche andare bene il nome di fantasia per denominare il piatto creato dallo chef, ma contestuale ed esente da equivoci deve essere la comprensione degli ingredienti. Tale trasparenza diviene poi necessaria ed è divenuta obbligatoria allorquando si tratta doverosamente di avvertire gli ospiti circa la presenza di sostanze che diventano nocive allorquando si patiscano determinate allergie.

Community always on
Il sesto trend è quello del governo consapevole del proprio esistere nella Community always on, ovvero nella rete e, per essa, nel mondo dei social media. Si sta uscendo dalla fase dell’approccio ambiguo tra lo starci ed il nascondersi, tra il crederci ed il non crederci. Esserci, sia chiaro, non è più una scelta ma è semplicemente un dato di fatto.

Si tratta di comprendere che parimenti al mondo chiuso tra sala e cucina, non vi è errore che non comporti conseguenze negative, non vi è disattenzione che non generi insoddisfazione nella clientela, non vi è bugia che non venga smascherata.
Dalla comunicazione one way alla relazione two ways. Saper ascoltare per poi saper raccontare: saper essere storyteller è la nuova abilità da acquisire.

Il 2017, anch’esso, come da almeno 9 anni a questa parte, un anno di grandi cambiamenti. Sovviene Darwin, «non è la specie più intelligente a sopravvivere e nemmeno quella più forte. È quella più predisposta ai cambiamenti».

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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