Da una parte il cibo, gusto astratto, accozzo fortuito di atomi, dall'altra i bit, primo fondamento costituente della nostra era digitale. Insieme, danno vita alla nuova frontiera del “digital food”, nella quale «la rete, in tutte le sue articolazioni, e quindi social media inclusi, se usata sapientemente, diviene tecnologia abilitante, strumento potente per concorrere a incrementare i ricavi, a decrementare i costi e collateralmente a dare piena visibilità al ristorante, contribuendo al suo corretto posizionamento». Queste le parole di Vincenzo D'Antonio (nella foto), giornalista collaboratore di Italia a Tavola e Ict senior consultant, che su questo tema ha tenuto ieri un seminario presso “Antica Sicopoli”, a Triflisco (Ce).
Vincenzo D'Antonio
Un diverso modo di rapportarsi al cliente quindi. «Oggi, piuttosto che ritenere velleitariamente di detenere una clientela fidelizzata, quasi un asset consolidato sul quale fare affidamento - continua D'Antonio - si deve ragionare in termini di “community always on”, ovvero persone consapevoli, bene informate che danno valore al proprio tempo e ai propri quattrini. Ne conseguono criteri di scelta del ristorante che vanno ben oltre l'abitudine e tendono alla ricerca dell'esperienza “memorabile”».
«L’enfasi e l’autoreferenzialità - avverte l'esperto - sono cose del passato. Oggi è relazione “two ways” piuttosto che comunicazione “one way”. Oggi è sana capacità di ascolto piuttosto che lo strillo per catturare attenzione». E questo deve fare il ristoratore. «Eppure, molti ristoratori si lasciano sfuggire, perché proprio ritengono di non averne bisogno - spiega D'Antonio - la risorsa informativa: i dati che il cliente porta con sé, il suo profilo, le sue preferenze, le sue abitudini, le sue coordinate di riferimento. È un inconsapevole bruciare valore. E non mi riferisco a una schedatura: è la condizione necessaria, sebbene non sufficiente, per erogare ogni volta un servizio migliore al cliente; è prevalentemente proprio il cliente, membro dinamico di dinamica community, a trarne vantaggio. Siamo ben oltre la customer satisfaction. Tendiamo alla “customer delight”.
«Ma non diamo a Internet - conclude Vincenzo D'Antonio - poteri miracolistici che ovviamente non ha. Serve, appunto, un utilizzo sapiente. Ecco, siamo giunti finalmente al momento in cui il ristoratore acquisisce la consapevolezza dell’indispensabilità del “cruscotto”: il ristoratore deve avere sempre controllo pieno dell’andamento della sua azienda. Non dimentichiamo, infatti, che il ristorante è un’azienda a tutti gli effetti. Dal cruscotto controlla i dati della produzione, che è “food cost analysis” ma, attenzione, va ben oltre questa componente: i costi e la redditività del personale, i pagamenti ai fornitori, i rapporti con la banca e le abitudini e i trend della community dei clienti. E qui sta buona parte del vantaggio competitivo: questo cruscotto sa anche assimilare dati esterni e sa suggerire quale utilizzo farne ai fini di un migliore andamento dell’impresa».