Mi chiamo Silvana Di Geronimo e la Pizzeria Jonica è la mia vita. Con mia sorella Maria sforniamo pizze a Collegno, a dieci chilometri da Torino, dal 1982. È un locale a conduzione familiare dove da più di quarant’anni si respira aria del Sud. Nel 2021 abbiamo vissuto il momento più duro: un incendio, pochi giorni dopo la riapertura post-pandemia, ha rischiato di chiudere per sempre il nostro forno. Invece siamo riuscite a rialzarci, grazie alla solidarietà dei nostri clienti e amici. Oggi continuiamo a lavorare con la stessa passione e abbiamo deciso di rilanciare con una novità che per me è molto più di una ricetta: la paposcia pugliese, che porto in tavola in tante versioni, come simbolo di radici, amore e futuro.

Alla Pizzeria Jonica si sfornano pizze dal 1982
Le origini di una vita in forno
Avevo solo 14 anni quando ho iniziato a impastare. Ancora oggi qualcuno si stupisce di vedere una donna pizzaiola: per molti è un mestiere “da uomini”. Ma io impasto, inforno, carico la legna da sola. Tutto è cominciato con mia madre, Vincenza, che a 15 anni emigrò in Brasile, poi in Germania e infine in Piemonte insieme a mio padre. Era madre di cinque figli e sorella di sette fratelli, e a un certo punto, stanca di essere solo “la moglie” e “la mamma”, chiese a nostro padre di portarla con sé in pizzeria. Scoprì che la titolare voleva vendere, e senza pensarci disse: “La compro io”. Con l’aiuto di amici e parenti trovò i soldi, imparò il mestiere da autodidatta e in un anno ripagò i debiti. Dopo otto anni ci trasferimmo in un locale più grande, sempre a Collegno, e da allora non ci siamo più fermate.
Tra difficoltà e rinascite
Io intanto mi sono laureata in Lettere, mentre Maria ha concluso gli studi più tardi. Abbiamo avuto figli, creato famiglie e modellato questo lavoro sulle nostre vite, scegliendo di aprire solo la sera per conservare una quotidianità “normale” fuori dal forno. Le difficoltà non sono mancate: dalla crisi del 2008 al Covid, fino al terribile incendio del 2021 che ci aveva fatto pensare di mollare. Ma una cara amica lanciò una raccolta fondi e i nostri clienti ci hanno sorpreso, sostenendoci e abbracciandoci. Nel frattempo ho ottenuto la qualifica di formatrice tecnica per la Nazionale italiana pizzaioli: un ambiente ancora molto maschile, dove spesso qualcuno tentava di spiegarmi il mio stesso lavoro. Ma io vado avanti, con determinazione. Oggi lavoriamo ancora noi sorelle, con l’aiuto saltuario dei nostri figli e di amici di famiglia. I ragazzi studiano, e il mio unico desiderio è che siano liberi di scegliere il proprio futuro, una libertà che a noi era inizialmente preclusa.

La paposcia pugliese
Mamma ha 86 anni e non lavora più, ma ogni sera ci aspetta sveglia, con la stessa lucidità e la passione di sempre. E poi c’è la paposcia, la nostra specialità: una ricetta antica che ho imparato da una donna di Vico del Gargano, paese vicino a quello natale di mio marito. Per me è una storia d’amore: nel 1990 lui mi portò a Vico e ricordo ancora il Vicolo del Bacio e il Pozzo delle Promesse, simboli di un legame che dura nel tempo. La paposcia non è pizza né focaccia: è un pane soffice cotto a legna, tagliato e farcito con i sapori più autentici, dal pomodoro al caciocavallo. Si chiama così per la sua forma allungata, che ricorda una babbuccia, e ogni morso è un piccolo viaggio. Questa è la mia storia: una storia di donne, di farina, di fuoco, di sogni. Di lotta e di amore.
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