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Muovere provocazioni ai rosati per dar loro la dignità che meritano

Quale pacata ed interiore allegria quella che alberga in noi allorquando si accetta ben volentieri di cogliere e rilanciare le provocazioni scaturenti dall’analisi del fenomeno del vino rosa...to. Provocazione numero zero: perché rosato e non rosa? Diciamo mica vino “biancoto”, diciamo mica vino “rossoto”.

di Vincenzo D’Antonio
06 luglio 2019 | 09:11
Muovere provocazioni ai rosati 
per dar loro la dignità che meritano
Muovere provocazioni ai rosati 
per dar loro la dignità che meritano

Muovere provocazioni ai rosati per dar loro la dignità che meritano

Quale pacata ed interiore allegria quella che alberga in noi allorquando si accetta ben volentieri di cogliere e rilanciare le provocazioni scaturenti dall’analisi del fenomeno del vino rosa...to. Provocazione numero zero: perché rosato e non rosa? Diciamo mica vino “biancoto”, diciamo mica vino “rossoto”.

di Vincenzo D’Antonio
06 luglio 2019 | 09:11
 

Quale pacata ed interiore allegria quella che alberga in noi allorquando si accetta ben volentieri di cogliere e rilanciare le provocazioni scaturenti dall’analisi del fenomeno del vino rosa...to. Provocazione numero zero: perché rosato e non rosa? Diciamo mica vino “biancoto”, diciamo mica vino “rossoto”.

Se è vero che sin dai nomi si insinua il destino latente di quella fattualità di cui il nome è veicolo identitario, allora già potremmo dire (provocazione numero uno): è il vino rosato figlio di un Dioniso minore? Ma no, i figli sono tutti uguali, i figli sono “pezzi di cuore”. Come potrebbe Dioniso (alias Bacco) voler porre in assetto di minore importanza, di minore spessore, di minore valenza di mercato un figlio rispetto agli altri?

Il vino rosato è un vino di razza (Muovere provocazioni ai rosati per dar loro la dignità che meritano)
Il vino rosato è un vino di razza

Oh, bella. Perché è così. Vino rosato è vino che non nasce propriamente in vigneto, bensì nasce in cantina. Ed è mica differenza da poco (provocazione numero due). Pertanto asserire che il rosato è frutto di ricerche sulla vocazione dei territori è affermazione azzardata alquanto, sebbene, va detto, non del tutto erronea. Vino che nasce in cantina e non in vigneto non dovrebbe indurre alla sindrome del “brutto anatroccolo” (provocazione numero tre).

In postura pressoché neutra dell’agronomo nel vigneto, che qui ci immaginiamo come porgitore di bacche rosse all’enologo, è proprio a costui, all’enologo che viene data la responsabilità di esitare il vino rosato. E ne consegue che pertanto mai un vino rosato potrà essere considerato dal patron della casa vitivinicola un vino di punta? Ma perché no?

Quante visite nelle belle cantine di cui è pieno il nostro Belpaese: ogni visita un’esperienza memorabile. E quante volte, tocco di ulteriore bellezza, il patron ci attende, o meglio ci viene incontro, contornato da qualche cagnolino scodinzolante: accade sovente, davvero. Due di razza ed uno bastardino. Sarà mica la trasfigurazione del vino bianco e del vino rosso e del vino rosato (che sarebbe il bastardino). Pensiamo proprio di no. Il vino rosato è un vino di razza. È un vino di razza posto che lo si sappia fare e che ci si accinga a farlo avendo l’obiettivo di fare un grande vino, non un vino così così tanto, si sa, è solo un rosato (provocazione numero quattro).

Quale mercato per i vini rosati? Eh, scontata e facile la risposta: un mercato di nicchia! Ed è questo il paradigma da distruggere! I vini bianchi ed i vini rossi hanno nicchie di mercato, ma non il vino rosato (provocazione numero cinque). E qui ci soccorre la gaussiana.

Per quanto è vero che la gran parte del vino che si beve pressoché quotidianamente nel mondo è funzione di come esso accompagni un pasto, sia esso consumato in casa oppure off premise, allora i vini rosati dovrebbero essere di gran lunga i più bevuti, molto più dei vini bianchi e dei vini rossi, per quanto essi si prestano con generosa duttilità ad abbinarsi alla gran parte delle pietanze che costituiscono il perno delle nostre abitudini alimentari. Soprattutto al cospetto del cosiddetto pasto destrutturato.

Nella gaussiana i vini rosati occupano il corpo centrale della campana (Muovere provocazioni ai rosati per dar loro la dignità che meritano)
Nella gaussiana i vini rosati occupano il corpo centrale della campana

Insomma, nella gaussiana i vini rosati occupano il corpo centrale della campana, lasciando ai margini sia i vini bianchi che i vini rossi. Questa appena enunciata è, lo si ribadisce, la provocazione numero cinque: esplosiva!

Quale mercato per il vino rosa? Domanda mal posta se formulata sottendendo uno scenario geografico. Oggi, piaccia o meno, il mercato o è world wide oppure semplicemente “non è”. Domanda pertinente ed opportuna se si sottende lo spettro generazionale. E rispostina facile facile: Millennials e Gen Z. Ci ripromettiamo, impegno preso, di argomentare in successiva occasione il perché della rispostina facile (provocazione numero sei).

Il rosato è il vino di moda? Speriamo proprio di no. Il rosato ha da essere un classico, un evergreen (provocazione numero sette). Il mercato world wide esprime domanda di vino rosato? Il mercato palesa una forte e crescente domanda di ottimi vini rosati. Il mercato, di vini mediocri non ha che farsene, indipendentemente dal loro colore (provocazione numero otto).

Identikit di un ottimo vino rosato: servito alla temperatura giusta (che non significa servito ghiacciato!), appropriati i calici, gli amici quelli pochi ma buoni, diciamo per un totale di cinque (diffidare dagli astemi, ovviamente), qualche buon food di appoggio (hai voglia a pescare dal corpo della campana!), elapsed time da quando si stappa la bottiglia a quando si constata che essa è vuota: 45 minuti. E questa non è una provocazione!

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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