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È tempo di cucina “totale” Così cambia il ruolo del cuoco

L’azienda ristorante esce dal tunnel della crisi post pandemia con il nuovo paradigma del creativo “possibile” in uno scenario futuro, piuttosto che dell’obsoleto “probabile” del passato. Il ruolo del ristoratore appare cambiato e reinterpretato in relazione alla mutata domanda, cogliendo nuove opportunità.

di Vincenzo D’Antonio
10 agosto 2020 | 08:30
È tempo di cucina “totale” 
Così cambia il ruolo del cuoco
È tempo di cucina “totale” 
Così cambia il ruolo del cuoco

È tempo di cucina “totale” Così cambia il ruolo del cuoco

L’azienda ristorante esce dal tunnel della crisi post pandemia con il nuovo paradigma del creativo “possibile” in uno scenario futuro, piuttosto che dell’obsoleto “probabile” del passato. Il ruolo del ristoratore appare cambiato e reinterpretato in relazione alla mutata domanda, cogliendo nuove opportunità.

di Vincenzo D’Antonio
10 agosto 2020 | 08:30
 

Il ruolo. Quanta importanza, opportuna per non dire necessaria ed ineludibile si dà a questa parola che sottende concetto forte. Ruolo ad intendere una funzione, un atteggiamento, un comportamento. Probabilmente, nel processo di crescita, il ruolo è uno dei primi concetti la cui assimilazione avviene pressoché naturalmente. Nell’ambito familiare, nel percorso scolastico, nel sociale (attività ludica inclusa), nel mondo del lavoro. Abbiamo dimestichezza con il ruolo che interpretiamo ed abbiamo chiari a sufficienza i ruoli interpretati da quanti individuiamo come i nostri stakeholders.

Con il covid cambia il ruolo del cuoco - È tempo di cucina totale Così cambia il ruolo del cuoco

Con il covid cambia il ruolo del cuoco

Se si è anche appena un po’ appassionati conoscitori del gioco del calcio, sappiamo che in esso attenersi al ruolo è fondamentale ai fini del conseguimento del risultato. E sappiamo bene che se nessuno può toccare il pallone con le mani, vi è un ruolo che a questa regola fa eccezione: il portiere. Il portiere può prendere il pallone con le mani. Può, non deve. Nei fatti quasi sempre il portiere prende il pallone con le mani. Il portiere il pallone può prenderlo anche con i piedi e può colpirlo di testa. Non è molto avvezzo a ciò, tuttavia può: non gli è vietato. Il ruolo del portiere è stare in porta, nei pressi della sua porta, ed il suo obiettivo è fare in modo che il pallone non entri nella porta di cui è posto a difesa. Più chiaro di così.



Semifinale di ritorno di Champions League. Una delle due squadre, a fronte del risultato della partita di andata, può accedere alla finale solo se questa semifinale la vince. Se perde è fuori; ma è fuori anche se pareggia. Zero a zero allo scoccare del novantesimo minuto. Ci sono tre minuti di recupero. Azione di attacco. Calcio d’angolo. Attenzione, occhio a cosa accade: il portiere lascia la sua porta e va nell’area di rigore avversaria a fare l’attaccante. Ma non è il suo ruolo, perdinci. Il suo ruolo è stare in porta ed il suo obiettivo è parare, è non farsi fare goal. Tuttavia è in area di rigore avversaria e la sua presenza genera scompiglio nella difesa avversaria: un uomo in più da marcare. Questo portiere cosa ha fatto, ha dato al suo ruolo un’interpretazione duttile, ha “letto la realtà del momento” e ha deciso che per pochi istanti il suo ruolo diveniva quello di fare l’attaccante aggiunto.

Ci sia perdonata questa digressione inusualmente lunga ma tuttavia molto calzante ai fini di quanto si vuole qui trattare. In punto di flesso determinato dalla pandemia, nel puntuale verificarsi di mutazioni di scenario alle quali stiamo già assistendo day-by-day, una riconsiderazione del proprio ruolo e, in correlazione nel sociale, dei ruoli dei nostri stakeholders, è necessaria. Quale l’interpretazione aggiornata, in linea con l’attualità, del ruolo del ristoratore?

Lo smart working cambierà le abitudini - È tempo di cucina totale Così cambia il ruolo del cuoco
Lo smart working cambierà le abitudini

Proviamo a dirla così: “Rendere tempestivamente e adeguatamente soddisfatto il bisogno di ristoro così come la domanda comincia a mostrare, rendere tempestivamente e adeguatamente esaudito il desiderio di esperienza attinente al cibo così come la domanda comincia a mostrare”.

Non vi è ridondanza alcuna nell’affermazione, non vi è ripetizione, vi è solo un minimo di overlapping, cioè una fisiologica, marginale e positiva sovrapposizione. Ci è di aiuto nell’indagare e quindi nel riconoscere e introitare il ruolo attualizzato del ristoratore del post pandemia, la simulazione di una giornata. Di primo mattino, il bisogno di ristoro è la colazione. C’è il bar. Sì, e chi dice che non può starci anche il ristorante? Il nuovo ristorante! Ma qui la cosa si ingarbuglia, perché poi, non dimentichiamolo, a partire dall’imminente autunno saremo tutti coinvolti, chi direttamente e chi indirettamente, nel nuovo scenario dello smart working. E se la colazione, più che colazione tradizionalmente intesa, dacché forse il caffè del mattino con annessa ciambella (occhio, della ciambella parleremo ancora) me lo prendo a casa prima di mettermi al lavoro, divenisse una sorta di brunch erogato in delivery?

In delivery, attenzione, nella nuova sede di lavoro. Una sede di lavoro così tanto nuova che, pensa un po’, è praticamente casa mia. Quale appagante ristoro, a soddisfacimento di bisogno, è vedersi recapitato in quel luogo che è casa/ufficio un brunch debitamente porzionato ed approntato tenendo conto non prioritariamente della mia ghiottoneria (buono di default, è ovvio), bensì di esigenze di sana alimentazione e corretta nutrizione. Confini blandi e godibili tra brunch e light lunch, in funzione del giorno della settimana, del carico di lavoro, della voglia dell’istante. Proposte personalizzate suggerite, menu comunque consultabile da smartphone, come da smartphone in tutta ovvietà avviene la comanda. E qui non ci si sofferma sulla commutazione da soddisfacimento di bisogno di ristoro ad esaudimento di desiderio di esperienza conviviale ruotante intorno al cibo che quasi certamente si palesa durante il fine settimana. La delivery della cena del sabato sera.

Che ne sarà degli aperitivi? - È tempo di cucina totale Così cambia il ruolo del cuoco
Che ne sarà degli aperitivi?

E vuoi che non si esca, finita l’attività di lavoro svolto in casa, per quattro passi, per incontrare amici, per svago. Non è ancora ora di cena, ma è ora di aperitivo; insomma, come sia, è l’ora che mi va di fare quattro chiacchiere con gli amici in luogo che non sia un banco di bar. Il ristorante è aperto, con pertinenti, accattivanti e mai banali proposte anche alla fatidica ora “five ‘o clock”: l’ora del tè da qualche parte, l’ora della convivialità preserale ovunque. Ecco, appena appena due casi concreti, percorribili di interpretazione del nuovo ruolo del ristoratore. Ovviamente interpretare questo ruolo attualizzato non significa minimamente venir meno al ruolo consolidato che consiste nel far funzionare la cucina (anche) per fare servizio di sala ad ora di pranzo e ad ora di cena. Non si è mai detto che quel portiere da ora in poi giocherà in attacco lasciando sguarnita la sua porta.

E dall’esempio del portiere nella semifinale di ritorno della Champions League, esempio probabilmente poco assimilabile da chi “di pallone non mastica”, passiamo ad altro esempio. In un mercato che evolve con un’accelerazione imprevista provocata dalla pandemia, la nuova interpretazione del ruolo la si racconta secondo il principio della ciambella rovesciata. Abbiamo presente la ciambella della prima colazione, quella annessa al caffè di stamattina? Ecco, la ciambella ha un buco e ha un contorno. Il buco è il vuoto ed il contorno è il pieno, quel pieno così golosamente edibile, giusto per capirci. Nel mondo di ieri il ruolo lo si rappresentava mediante l’immagine della ciambella, esprimendosi più o meno così: l’ambito delle tue attività, quanto ti pertiene secondo mansionario scritto ed usi e costumi non scritti, è il buco. Quel buco che trae sua evidenza grazie ad un “pieno”. Insomma c’è un vuoto perché c’è un pieno ed è apoditticamente vera l’affermazione inversa: c’è un vuoto laddove c’è un pieno. Quel pieno genera quel vuoto che noi siamo abituati ad individuare nel “buco” della ciambella: ragioniamo secondo realtà convessa. Ma oggi il ruolo attualizzato, è la ciambella rovesciata. Il pieno della ciambella (così gustoso) marca il limite di una realtà concava, nel senso che il ruolo è tutto quanto può espletarsi in quell’ampia (ma non sconfinata) prateria che è aldilà (non aldiquà) del bordo, ovvero del pieno.

Ed è quest’ottica di realtà concava che può contribuire a rendere profittevole il business nel nuovo scenario. Ci si approccia al business valutando la sfera del possibile, mediante la quale si scorgono opportunità invisibili ai pigri e agli indolenti, piuttosto che la sfera del probabile. E ciò per due concatenate motivazioni:
a) non è detto che il “probabile” di ieri sia anche il “probabile” di oggi;
b) nell’appiattirmi su un “probabile” forse ingannevole, sono anche in agone affollato e vociante a causa del quale mi costerebbe sforzo prolungato e tendenzialmente vano conquistare visibilità distintiva.

Si tratta di attrezzarsi celermente, mediante dotazioni di nuove competenze, a sapere interpretare in pieno agio il nuovo ruolo attualizzato, abituandosi anche a ragionare in termini di “possibilità” in scenario futuro piuttosto che di “probabilità” in scenario passato.

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