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I pensieri dietro una campanella Riaprono le scuole e l’Horeca trema

Cosa succede se il figlio di un ristoratore, al ritorno in classe, trova un compagno che manifesta sintomi da Coronavirus? Le preoccupazioni di chi non può utilizzare il salvagente smart working e si ritrova a dover affrontare l'ennesima incognita di un percorso di ripresa post lockdown tempestato di ostacoli.

di Gabriele Ancona
vicedirettore
 
14 settembre 2020 | 15:11

I pensieri dietro una campanella Riaprono le scuole e l’Horeca trema

Cosa succede se il figlio di un ristoratore, al ritorno in classe, trova un compagno che manifesta sintomi da Coronavirus? Le preoccupazioni di chi non può utilizzare il salvagente smart working e si ritrova a dover affrontare l'ennesima incognita di un percorso di ripresa post lockdown tempestato di ostacoli.

di Gabriele Ancona
vicedirettore
14 settembre 2020 | 15:11
 

Il nodo scuola, in un modo o nell’altro, si scioglie il 14 settembre con l’apertura in gran parte del Paese degli istituti. Suonano le campanelle e gli alunni si accomodano ai banchi, con o senza rotelle. La macchina riparte a spinta, già gravata di un bagaglio che ha il peso del paradosso: la carenza di decine di migliaia di docenti e la pressione di centinaia di migliaia di supplenti pronti a saltare sul convoglio in corsa.

I pensieri dietro un campanella Riaprono le scuole e l’Horeca trema

Alunni in classe. Al via tra mille incognite l'anno soclastico 2020-2021

Dopo la temperatura misurata a casa, tutti in classe, quindi. Con l’incognita del Covid che, nonostante le linee guida, i protocolli e le misure di sicurezza predisposte, si teme stia aspettando al varco la comunità scolastica.



Dietro l’angolo, lo spettro di una quarantena a macchia di leopardo, un lockdown senza lockdown. Le incognite penzolano sul capo di ogni famiglia e, in caduta libera, su ogni attività professionale.

In questa occasione non stiamo prendendo in considerazione gli eventuali casi gravi, a cui devono essere assicurati interventi tempestivi ed efficaci. Stiamo solo guardando lungo, mettendo in primo piano gli effetti sociali ed economici di sintomi anche non necessariamente connessi alla positività al Covid.

Intendiamoci, arrivati a questo punto, incrociando le dita, bisogna andare avanti. Alternative non ce ne sono. A bocce ferme, vedere il bicchiere mezzo vuoto fa solo tremare i polsi.

Ci mettiamo nei panni di un qualsiasi professionista titolare di un pubblico esercizio. Cosa succede se il figlio di un ristoratore, al ritorno in classe, trova un compagno che manifesta sintomi da Coronavirus? O un professore, un commesso o è proprio lui ad accusarne la presenza? Le variabili sono numerose e i sintomi possono essere anche compatibili, magari quelli di una faringite. Basta una sudata con uno sbalzo repentino di temperatura, del resto.

In attesa che il medico curante confermi che non c’è Covid, si blocca tutto per qualche giorno ed entra in vigore una mini quarantena.



La famiglia deve però chiudere il locale il tempo necessario per la dichiarazione di cessato allarme. Un bel danno anche di immagine: chi glielo spiega poi alla clientela che la saracinesca abbassata era solo una precauzione? Ma se poi è Covid ripartono i sigilli con tutto quello che ne consegue. Questo scenario vale in assoluto, ma in particolare per tutto l’universo Horeca che, a differenza di altre attività professionali, non può contare sul lavoro da casa. E di dazio ne ha gìà pagato a sufficienza.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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