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Ci voleva una pandemia per riscoprire valori e sentimenti?

Soluzioni miracolose e immediate da parte delle istituzioni non sono arrivate. Ma qualcosa di buono è emerso da questa situazione tragica: molte persone hanno dimostrato altruismo e sensibilità. Cerchiamo ora di fare tesoro di questo ritrovato sistema di valori e di coesione fra tutti noi, persone comuni.

di Rocco Pozzulo
presidente FIC - Federazione italiana cuochi
 
18 maggio 2020 | 12:33

Ci voleva una pandemia per riscoprire valori e sentimenti?

Soluzioni miracolose e immediate da parte delle istituzioni non sono arrivate. Ma qualcosa di buono è emerso da questa situazione tragica: molte persone hanno dimostrato altruismo e sensibilità. Cerchiamo ora di fare tesoro di questo ritrovato sistema di valori e di coesione fra tutti noi, persone comuni.

di Rocco Pozzulo
presidente FIC - Federazione italiana cuochi
18 maggio 2020 | 12:33
 

Senza alcun dubbio, il coronavirus ha avuto un impatto devastante sulla vita di tanta gente, per non parlare delle attività economiche e produttive in tutto il mondo. Si prospettano scenari di crisi e recessione neanche paragonabili a quelli del ’29 in America, con il crollo di Wall Street e della sua Borsa. Stimano che oltre il 30% delle strutture ricettive di tutto il mondo chiuderanno per sempre per il tracollo dei “viaggi-vacanza”, innescando così una disoccupazione senza eguali.

La Federazione italiana cuochi, sempre in prima linea, si è confrontata più volte con rappresentanti delle istituzioni, esperti, grossi imprenditori e sigle associative di categoria, per cercare di capire come affrontare al meglio e uniti questa situazione epocale. Molti soci Fic si attendevano da noi voci grosse e arrabbiate nei confronti dei nostri governanti, lo abbiamo fatto con il dovuto rispetto per le istituzioni e con la passione che sempre ci contraddistingue. Per la salvaguardia dei nostri posti di lavoro dallo Stato non sono arrivate soluzioni miracolose e immediate, a parte pochi “spicci” a fronte di una stagione lavorativa oramai perduta. Siamo sulla stessa barca e se colasse a picco annegheremo tutti: operai, imprenditori, il “sistema Italia”... politici compresi!

Ci voleva una pandemia per riscoprire valori e sentimenti?

Ho visto dovunque tanto ottimismo diffuso, tanta positività e un ritrovato sistema di valori e di coesione fra tutti noi, persone comuni, anche di etnie e credi diversi in uno stato d’animo assolutamente necessario per la ripresa. Ho visto genti, nonostante la morte tutt’intorno, ritrovare il piacere di vivere le relazioni familiari, la gioia di cucinare e mangiare tra le mura domestiche, il piacere ritrovato delle piccole cose fino a questo momento trascurate.

Ho sentito di lavoratori di vari mercati generali d’Italia, extracomunitari, accolti in passato nel nostro Paese, portare in dono derrate alimentari alle case dei più bisognosi e degli anziani. Ci sono state grandi manifestazioni di stima e riconoscenza verso coloro che sono in prima linea in questa emergenza: forze dell’ordine, personale medico, addetti della protezione civile. Note positive di una nuova quotidianità a fronte di tanta tragedia, ma anche solidarietà, senso civico, unità e senso di appartenenza, sensibilità e predisposizione verso il prossimo e i più deboli. Mi vergogno a dirlo, ma chiedo: abbiamo dovuto aspettare una pandemia per ritrovare questi valori?

Voglio lasciarvi citando un monologo, il cui senso ritengo sia più che mai attuale. Fa parte del finale de “Il grande dittatore”, film scritto e interpretato da Charlie Chaplin. Un testo che è considerato uno dei migliori discorsi rivolti all’umanità che siano mai stati scritti. Un finale capolavoro di un film capolavoro.

«Dove stiamo andando? Tutti noi esseri umani dovremmo unirci, aiutarci sempre, dovremmo godere della felicità del prossimo. Non odiarci e disprezzarci l’un con l’altro. La vita può essere felice e magnifica anche nelle piccole cose, ma noi l’abbiamo dimenticato. L’avidità ha avvelenato i nostri cuori, fatto precipitare il mondo nell’odio, condotti a passo d’oca verso le cose più abiette. Abbiamo i mezzi per spaziare, ma ci siamo chiusi in noi stessi. La macchina dell’abbondanza ci ha dato povertà, la scienza ci ha trasformati in cinici, l’abilità ci ha resi duri e cattivi. Pensiamo troppo e sentiamo poco. Più che macchine ci serve umanità, bontà e gentilezza. Senza queste la qualità della vita è vuota, e tutto è perduto».

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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