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Italia-Spagna andata e ritorno La cucina creativa di Zanasi

Dopo il lockdown, nel quale è nato il servizio di food delivery, il ristorante stellato Condividere by Lavazza ha riaperto con slancio. Una cucina mediterranea messa a punto insieme al grande Ferran Adrià.

di Nadia Afragola
 
09 settembre 2020 | 06:39

Italia-Spagna andata e ritorno La cucina creativa di Zanasi

Dopo il lockdown, nel quale è nato il servizio di food delivery, il ristorante stellato Condividere by Lavazza ha riaperto con slancio. Una cucina mediterranea messa a punto insieme al grande Ferran Adrià.

di Nadia Afragola
09 settembre 2020 | 06:39
 

Federico Zanasi è lo chef che dirige da ormai due anni, il ristorante gourmet “Condividere by Lavazza”, una stella Michelin. Siamo a Torino e per il modenese, scuola spagnola, alla perenne ricerca del confronto, è il momento di inaugurare un nuovo ciclo e fare il punto su dove si sia arrivati, su cosa sia possibile fare per andare oltre. Oltre l’ostacolo, al di là del Covid-19.

Federico Zanasi - Italia-Spagna andata e ritorno La cucina creativa di Zanasi
Federico Zanasi (foto: Andrea Guermani)

Lo abbiamo incontrato da Eataly Torino Lingotto, nella Terrazza di Sala dei Duecento, in una serata in cui a farla da padrone erano i sapori del Mediterraneo, con le sue Tapas Ricas by Condividere, la nuova offerta food delivery che rende omaggio alla gastronomia mediterranea proponendo un must della cucina spagnola. Il format nasce tra le mura di Condividere, ma il concept è stato ideato dallo chef Ferran Adrià, presidente di elBulli Foundation. L’obiettivo comune ad entrambi è quello di trasmettere positività e allegria in chiave contemporanea per rendere il pasto un momento di piacere e condivisione all’insegna della scoperta gastronomica.



Come è andato il lockdown?
È stato un momento per riordinare le idee e per godersi la famiglia. È stato un periodo difficile lavorativamente parlando, pieno di incertezze. Si navigava a vista, senza troppa pianificazione. In momenti così ci si può solo adeguare alle situazioni e tirarne fuori il meglio.

Quando avete riaperto?
Abbiamo riaperto il 7 giugno, siamo stati piuttosto reattivi, non appena ci è stata data la possibilità di tornare a lavorare.

Come è andata la ripresa?
Siamo partiti in prima battuta con il delivery, quindi una parte di staff è tornata in cucina con me a impostare l’offerta; poi abbiamo pensato a qualche variazione sul menu e abbiamo cambiato qualche piatto. Per chi fa questo lavoro non è normale avere tutto quel tempo libero. Non siamo abituati, quindi la riapertura è coincisa con un’iniezione di vitalità. D’altro canto però, l’incertezza era palpabile, non c’erano direttive precise da seguire e si viveva in un’attesa sfiancante. Dal punto di vista gestionale, non abbiamo mai chiuso le prenotazioni, che non sono quindi state annullate, ma semplicemente slittate più avanti nei mesi. La conseguenza è stata quella di avere un buon numero di clienti già il primo giorno, scandendo un buon ritmo che stiamo mantenendo anche ora. Abbiamo diminuito i coperti, i tavoli da 4 posti sono diventati da 2, e quelli da 6 sono diventati da 4, con la conseguente eliminazione dei tavoli più piccoli. In percentuale la riduzione è stata del 40%.

Nel suo team di lavoro ci sono stati dei tagli?
Dobbiamo sempre considerare che la nostra è una società come le altre e quindi non può prescindere dalla logica dei numeri. Siamo comunque un gruppo abbastanza folto: siamo 12 in cucina e 6 in sala.

Come è stato il primo impatto con i clienti dopo la chiusura?
Eravamo emozionati come i bambini il primo giorno di scuola. Sono tornati tanti clienti con cui abbiamo costruito un bel rapporto, quasi personale oserei dire. Ci siamo accorti che sia noi che loro avevamo la stessa voglia di rivederci. È bello quando tra le persone che vengono a cena e quelle che cucinano si crea una sorta di chimica. Ed è stato ancor più bello vedere come in sala non si percepisse mai della tensione dovuta al virus. Nessuna paura, solo la voglia di tornare alla normalità insieme.

Italia-Spagna andata e ritorno La cucina creativa di Zanasi

Fa sorridere pensare che l’unica cosa che non si poteva fare era proprio “condividere”.
Da quel punto di vista, lo ammetto, eravamo preoccupatissimi. Abbiamo fatto tante riunioni con Ferran Adrià su cosa cambiare, per poi capire che non potevamo snaturarci e che quella psicosi iniziale, secondo cui sembrava che non si potesse più nemmeno entrare in un negozio a provare un cappello, sarebbe pian piano svanita. Stiamo sicuramente servendo più porzioni singole, però la filosofia degli snack in condivisione c’è ancora, e li facciamo ancora mangiare con le mani.

Il mondo della ristorazione più di altri ne è uscito con le ossa rotte, il problema può dipendere dalla poca propensione di noi italiani a fare sistema?
Non è la prima crisi che ci coinvolge, penso al 2008 ad esempio. In quel caso però il nostro settore era stato toccato marginalmente, erano diminuiti i clienti ma si andava avanti. Durante il lockdown di quest’anno invece, i ristoranti erano il fanalino di coda; altre attività riaprivano e noi rimanevamo nell’oscurità. Forse non siamo bravi a fare sistema, ma abbiamo da sempre la capacità di rimboccarci le maniche e ripartire. Per quanto riguarda la situazione nazionale poi, è vero che la cucina italiana ne è uscita con le ossa rotte, ma è pur vero che, rispetto ad altri Paesi come la Spagna, siamo dei privilegiati.

Come sta Torino?
Come cittadino vedo danni ingenti. Guardo i negozi, i saldi iniziati in un momento diverso dell’anno rispetto al solito, il mercato immobiliare. Sicuramente i segni ci sono e sono gravi, però vedo anche tanta voglia di uscire da parte delle persone, di rimpossessarsi di quello che avevano. Rispetto ad altre città come Milano, Torino non ha mai vissuto così tanto di turismo, quindi il colpo non è stato ugualmente violento. Nel nostro ristorante, ad esempio, la percentuale dei clienti stranieri è del 10%.

Gelato al parmigiano Bob Noto - Italia-Spagna andata e ritorno La cucina creativa di Zanasi
Gelato al parmigiano Bob Noto

Mentre tanti altri, con la riapertura, hanno sospeso il servizio di delivery, voi proponete “Las Tapas Ricas”. Perché questa scelta?
In primis perché il progetto non era pronto quando tutti gli altri sono partiti ed aveva bisogno di decantare per un periodo giusto, dal momento che non volevamo abbozzare qualcosa di cui non eravamo pienamente convinti, e soprattutto abbiamo escluso l’ipotesi di riproporre i piatti di Condividere. In secondo luogo, abbiamo voluto rispondere a quella voglia di viaggio che magari in tanti avevano. Visto il nostro fil rouge con la Spagna, potevamo permetterci di realizzare qualcosa di informale e divertente che rispecchiasse comunque la filosofia del ristorante e che portasse idealmente a fare una passeggiata sensoriale tra le Ramblas di Barcellona. In terzo luogo poi, il nostro delivery è molto diverso da quelli che venivano proposti durante il lockdown, in quanto se prima eravamo tutti a casa e c’era il tempo di assemblare un piatto anche complicato, adesso che siamo tornati a una quasi normalità il tempo non esiste più. Ecco perché la nostra formula si basa sulle tapas e sulla cucina tipica tradizionale, senza virtuosismi, da ordinare e consumare.

Quindi il delivery rimarrà parte integrante dell’offerta di Condividere?
Assolutamente sì. Sviluppiamo tutto noi, i piatti escono dalla nostra cucina e sono consegnati da noi. L’attività di delivery è ben incorporata nelle dinamiche del ristorante. Mi piace cucinare e servire questi piatti, sono semplici, divertenti e portano un messaggio positivo. Se prima era una soluzione di rimedio, ora è diventato qualcosa su cui puntare davvero. Penso poi che per dare forza al progetto, vada costantemente alimentato, anche con poco.

Italia e Spagna non sono mai state così vicine.
Come non mai, sì. Anche il menu de Las Tapas Ricas è nato con Ferran Adrià. Ci sentiamo settimanalmente per fare il punto della situazione. Vuole vedere costantemente i nostri progressi e interfacciarsi con le nostre idee, lasciandoci sempre piena libertà.

Ferran Adrià e Federico Zanasi - Italia-Spagna andata e ritorno La cucina creativa di Zanasi
Ferran Adrià e Federico Zanasi (foto: Andrea Guermani)

Quali sono le coordinate della sua creatività?
Direi che la creatività, in generale, non ha coordinate. In questo momento storico invece, dico che il processo creativo deve fare i conti con lo spreco, con la stagionalità, con la maturità che devi dimostrare per gestire un ristorante. Dopo due anni di attività stiamo delineando delle linee guida molto più precise. Il primo anno non era difficile descriverci come una costola dei locali di Adrià in Spagna. Oggi invece abbiamo una nostra identità, valorizziamo le ricette italiane e ci siamo dati dei paletti che servono proprio a dimensionare e direzionare la creatività.

Quando parliamo di consumi consapevoli nell’alta ristorazione, parliamo di una moda che dura il tempo di una stagione o ci sono anche dei contenuti?
Per riuscire non solo ad abbattere lo spreco, ma anche a dare qualcosa in più ai nostri clienti, abbiamo eliminato il menu alla carta, a favore di tre percorsi di degustazione. Tutti i giorni sappiamo quasi esattamente quante persone verranno e gli acquisti diventano più ragionati mantenendo comunque un’offerta ampia. Gli anni ’90, in cui del pesce tenevi solo la parte centrale e col resto si faceva il brodo, sono lontanissimi.

I fornitori come si scelgono?
Sono fondamentali, tanto che noi costruiamo il menu in base a ciò che di buono troviamo. Dopo il Covid, molti fornitori hanno preso un colpo duro, quindi la reperibilità è diventata più complessa. Nel nostro staff ci sono persone che ci aiutano oltre che con il contenimento dei costi, anche con la logica della ricerca della materia prima.

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Un ingrediente per ripartire?
Quando mi fisso con un ingrediente, non riesco a darmi pace. Se me ne innamoro realizzerei un menu intero con un unico elemento principe. Adesso stiamo lavorando con le foglie del fico. Abbiamo prodotto una bevanda, un risotto e diverse estrazioni. Per noi la ripartenza è coincisa con quell’ingrediente.

Quest’anno ha senso parlare di stelle Michelin?
La presenza delle guide va vista come un sostegno alla categoria, un elemento che ci riporta alla normalità e ci spinge a mantenere alta la qualità. È difficile immaginare come si possa valutare un ristorante dopo quello che è successo. Per quanto riguarda noi, ci siamo e siamo ripartiti al meglio delle nostre possibilità. Considerando poi che tante realtà hanno cambiato format, potrebbero essere assegnati riconoscimenti ad esempio anche a soluzioni “pop up” o iniziative temporanee.

Per informazioni: www.condividere.com

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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