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Digito ergo sum Il ristoratore che fa rete

di Guerrino Di Benedetto
 
17 maggio 2019 | 10:47

Digito ergo sum Il ristoratore che fa rete

di Guerrino Di Benedetto
17 maggio 2019 | 10:47
 

Con la domanda crescente di turismo esperienziale, il ristoratore, chiamato in causa, deve cogliere la palla al balzo, inserendosi in quella rete ormai alla base di tutto.

Ormai le nuove tecnologie di comunicazione sono diventate parte integrante del business della ristorazione, da anni ormai non possiamo più non confrontarci con Facebook, Instagram & Co; per comunicare le varie attività e i servizi che si vogliono offrire. Ma il vecchio detto latino "Cogito ergo sum", vale anche nell'era delle grandi agenzie digitali che affollano il web. Ma soprattutto, quale verbo usare? "Cogito" oppure "Digito"? Diciamo che le due cose vanno insieme, non si può digitare nulla se prima non si pensa e viceversa se si digita si deve pensare.

(Digito ergo sum Il ristoratore che fa rete)

Questa osservazione a prima vista può sembrare lapalissiana, ma se andiamo ad analizzare le attività comunicative di molte realtà ristorative vediamo che tutte o quasi si servono di specialisti che “pensano” per loro: questo di per sé non è un errore nell'immediato, ma purtroppo nei tempi rapidi della comunicazione moderna questo affidarsi per poi dimenticare non serve a nulla. La comunicazione va sempre seguita e gestita, va sempre innovata e rinnovata, ma soprattutto va sempre alla ricerca delle novità - del resto WhatsApp vuol dire proprio “che succede?”.

Da decine di anni si parla di “fare rete” fra i ristoratori, ma questo non basta più perché oggi la comunicazione nella ristorazione viaggia su più binari e in più direzioni. Oggi, cari amici, la rete o le reti già ci sono, si deve solamente saltarci dentro. Facciamo l'esempio di Airbnb o Booking: da tempo ormai hanno capito che solamente le camere o gli appartamenti non sono più sufficienti a soddisfare un turista sempre più desideroso di conoscere e di vivere i luoghi che visita, un turista che sempre più associa il nostro Paese al cibo e ai prodotti tipici.

Nasce così l'esigenza di un turismo “esperienziale” dove ovviamente per esperienza s'intende il vivere i luoghi che si visitano, e chi più di tutti può fare vivere i luoghi se non i ristoratori? E qui sorge la domanda: quanti ristoratori sono pronti a fare questo salto nella rete dei grandi network del turismo? La risposta e il suggerimento sta sempre nella saggezza antica: Cogito, quindi studio e penso, e quindi sono, e poi... Digito, per saltare sul carro che corre più velocemente del mio.

Purtroppo la ristorazione come ogni altra attività imprenditoriale ha bisogno di ricerca, di idee, di confronto e di aperture al nuovo. Tanto per dare ai miei amici ristoratori una idea di quello che ho scritto, il turismo esperienziale avrà un valore pari a 120 miliardi di dollari in questo 2019. E come diceva uno famoso scienziato: “I problemi difficili spesso hanno soluzioni facili”.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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