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La non-margherita di Cracco... a freddo Un'altra tappa della pizza nel tempo

di Vincenzo D’Antonio
 
14 marzo 2018 | 11:09

La non-margherita di Cracco... a freddo Un'altra tappa della pizza nel tempo

di Vincenzo D’Antonio
14 marzo 2018 | 11:09
 

Se n'è parlato già tanto, e ora che la nebbia dei commenti, tra social ed esperti del settore, si sta dipanando, è bene osservare a mente lucida e sguardo disincantato l'ultima trovata di chef Cracco.

Perché anche questa volta il celebre Carlo Cracco riesce a far parlare di sé, questa volta dopo matrimonio (il suo) e funerale (del Maestro Marchesi). Evento occasionante, la sua pizza non proprio cheap denominata “Non chiamatela margherita”.

(La non-margherita di Cracco... a freddo Un'altra tappa della pizza nel tempo)

Ecco, a nostro sommesso avviso, l’errore sta proprio qui e ci sorprende che un personaggio così bravo nel comunicare, abilmente ed affettuosamente a ciò costantemente formato, commetta errore da matita rossa. Eh, sì! Non si definisce per negazione! Non si può definire un oggetto (e quindi un cibo), un fatto, ed anche un’opinione, descrivendola a mezzo di sua negazione.

Quindi, il prode Carlo Cracco dovrebbe dare nome alla sua pizza che non contenga in sé la negazione di cosa altra. Ma fin qui, come dire, è errore di forma nella comunicazione. Il dibattito, che probabilmente si avvia a scemare celermente per poi essere dissolto da incombente attualità, ruota adesso intorno a cruciale aspetto: di margherita trattasi? anzi, di pizza napoletana trattasi?

Insomma, se beffardamente ma consapevolmente volessimo cadere nel suo errore, nell’errore di Cracco, allora la capziosa domanda diverrebbe: «Ma cosa è questa non pizza di Carlo Cracco?!?». Ma così non è. Ragioniamo diversamente e mutuiamo dalla gloriosa storia del cinema. Quanti e quanti film vengono prodotti e proiettati nelle sale cinematografiche e poi cadono in oblio; tanti, ma proprio tantissimi! E quanti, pochi, vengono ricordati, magari vincono premi più o meno prestigiosi e non solo non cadono in oblio ma... Ma accadono invece una o due cose.

Può accadere che una copia del film, già di per sé cimelio prezioso venga accuratamente restaurata e poi rimessa per breve tempo in circolazione per competenti cinefili. E può anche accadere che un film di quelli proprio memorabili, venga reinventato da un altro regista ed in tal caso parliamo di remake. E veniamo alla viva attualità. Ogni giorno in Italia si consumano 5milioni di pizze. Ragionevolmente, di ipotesi trattasi, possiamo dire che un 20% circa di queste pizze sia una margherita?!? Ecco, allora nel nostro Belpaese ogni giorno vengono consumate e quindi vengono manufatte un milione circa di pizze margherita.

(La non-margherita di Cracco... a freddo Un'altra tappa della pizza nel tempo)

La ricetta della margherita esiste, eccome se esiste! Non potrebbe essere diversamente per quanto la sua stessa invenzione, il suo stesso debutto abbia molto di spettacolare. La captatio benevolentiae di un solerte pizzaiolo napoletano che vuole rendere onore patriottico, nel senso letterale proprio di bandiera, adoperando quindi ingredienti di colore bianco, rosso e verde, alla sua regale ospite in visita a Napoli, la Regina Margherita di Savoia.

E quali gli ingredienti? Rosso il pomodoro, verde il basilico, bianco, meglio dire tendente al bianco, il fiordilatte (da latte vaccino) oppure la mozzarella da latte di bufala.

Al cospetto della Regina, comparve pizza che acquisiva colore bianco dal fiordilatte o dalla mozzarella? Quante le dispute! In funzione dell’alimentazione e della disponibilità di approvvigionamento di quel tempo si è propensi a ritenere che i due formaggi freschi si contendessero pressoché equamente il mercato e che quindi l’utilizzo dell’uno o dell’altro fosse secondo discrezionalità del pizzaiolo. E quale pomodoro? All’epoca il pomodoro si declinava al singolare: c’era “il” pomodoro e di esso, sul disco della pizza da infornare, si stendeva il suo sugo, il sugo di pomodoro, ovvero un pomodoro passato e da qui, comunemente, oramai presente da decenni a scaffale, la passata di pomodoro. E l’olio? Nel caso dell’olio, non solo declinazione al singolare, ma molto probabilmente non di olio extravergine di oliva si trattava. E ancora: anche una piccola cascata di formaggio grattugiato? E se sì, Parmigiano Reggiano, Grana Padano, pecorino? E quali i dettagli della tecnica di cottura in forno? E poi, impiattata come? Servita come? Mangiata come? Con le posate? Con le mani? Quante domande, quanti dubbi!

E torniamo adesso al milione di pizze margherita manufatte ogni giorno e torniamo (e sennò perché ne avremmo parlato!) ai remake. Ogni giorno valenti pizzaioli, appassionati e competenti, fanno il loro remake della loro pizza margherita.

I vincoli sono quelli del buon senso e della deontologia. Insomma, agli ingredienti volendo qui limitare il discorso, pur sempre un formaggio fresco a pasta filante sarà presente. E quale? Mozzarella di Bufala Campana Dop oppure Fiordilatte? Il tocco rosso del pomodoro ci sarà senz’altro ma forse non come passata. E quale pomodoro? Il San Marzano Dop? Il Piennolo del Vesuvio Dop? il Pachino Igp? oppure uno dei tanti altri pomodori che vengono coltivati in Italia? Aggiunta di spolveratina di Parmigiano Reggiano, di Grana Padano, di pecorino o, semplicemente, nessuna spolveratina? E quale olio extravergine di oliva? Dop delle Colline Salernitane? O una Dop del territorio? E quando? Ad uscita forno?

(La non-margherita di Cracco... a freddo Un'altra tappa della pizza nel tempo)
Non chiamatela margherita (foto: Corriere della Sera)

Ecco, così ci piace immaginare lo scenario del milione di pizze margherita quotidianamente preparate e mangiate in Italia: il cimento professionale e sereno, festoso per il cliente, del più allegro dei remake: il sempiterno remake della margherita ! E tutte queste pizze così fatte, è lecito, diciamo che ci sta proprio bene, che si fregino del nome “margherita”. (Sì, nel dream invece ci sta “il mio remake di margherita”, ma i sogni muoiono all’alba!).

Ed il prode Carlo Cracco? E che sia sempre la benvenuta ognuna delle sue creazioni: la ristorazione ha bisogno delle sue creazioni, non fosse altro per quanto esse alimentano il piacevole conversare.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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