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Senza Facebook la vita sociale migliora la serenità aumenta e le ansie spariscono

Cosa succede a chi si prende una pausa da Facebook? Maggiore felicità e una vita sociale migliore, queste le risposte di uno studio sugli effetti del più diffuso social network che ne ha valutato l'influenza psicosociale

 
06 dicembre 2015 | 11:06

Senza Facebook la vita sociale migliora la serenità aumenta e le ansie spariscono

Cosa succede a chi si prende una pausa da Facebook? Maggiore felicità e una vita sociale migliore, queste le risposte di uno studio sugli effetti del più diffuso social network che ne ha valutato l'influenza psicosociale

06 dicembre 2015 | 11:06
 

Un esperimento condotto in Danimarca per valutare l’impatto del più frequentato social network del pianeta ne ha mostrato l’effetto deleterio sull’umore e la vita sociale. Chi ha smesso di usare Facebook per una settimana si è ritrovato con dei rapporti sociali migliori, più felice e concentrato, deciso e soddisfatto. Soprattutto, meno invidioso delle (finte) vite degli altri, come spiega Katia Rastelli, psicologa della sezione di chirurgia bariatrica di Humanitas. Riportiamo il suo commento insieme all'approfondimento, tratto per intero da Humanitasalute.it.




Cosa aspetta chi si prende una pausa da Facebook? Più felicità e una vita sociale migliore. L’Happiness Research Institute, un istituto danese indipendente che si occupa di benessere, qualità della vita e felicità, ha condotto il Facebook Experiment, un esperimento per valutare l’impatto del più affollato social network sulla vita degli utenti.

Lo studio è stato condotto in Danimarca su 1095 persone divise in due gruppi in modo casuale. A uno dei due è stato chiesto di non usare Facebook per una settimana. Prima e dopo questi sette giorni i partecipanti hanno compilato un questionario con cui hanno valutato le proprie vite sotto diversi aspetti.

Nel campione il consumo di Facebook era rilevante: il 94% ci andava ogni giorno, oltre l’86% spesso o molto spesso per informarsi e il 78% lo usava per almeno mezz’ora al giorno. Ma com’è cambiata la percezione di sé e della propria vita dopo un periodo vissuto lontano da Facebook? Il livello di soddisfazione percepito è salito (su una scala da 1 a 10) da 7,56 a 8,12. Tra chi è rimasto connesso, invece, l’incremento è stato più modesto (da 7,67 a 7,75).

Offline su Facebook ci si sente più felici
Ecco il ritratto di chi aveva passato una settimana senza Facebook: più felici, meno preoccupati, più entusiasti, meno “depressi”, meno soli e più risoluti. Hanno inoltre beneficiato di una migliore vita sociale, di cui erano più soddisfatti, riuscivano a concentrarsi meglio, avevano l’impressione di aver sprecato tempo usando Facebook.

Dai dati del Facebook Experiment è emerso inoltre come Facebook sia uno strumento che solletichi l’invidia “social”: 5 persone su 10 hanno provato invidia per quanto fossero incredibili le esperienze altrui, 1 su 3 per la loro felicità e 4 su 10 per il loro apparente successo.

Facebook può diventare un motore di invidia “social”?
«Quello che colpisce è l’identificazione dell’invidia come anello di congiunzione tra astinenza da Facebook e benessere percepito. L’invidia è infatti il sentimento che più può portare con sé un aspetto di distruttività. Ovviamente il più difficile da ammettere, sicuramente presente, in quantità diversa, in ognuno di noi. Quello che fa la differenza è sempre la misura», risponde la dottoressa Katia Rastelli, psicologa della Sezione di Chirurgia Bariatrica dell’ospedale Humanitas.

«Essere un po’ invidiosi significa darsi da fare nella competizione per ottenere quello che si desidera negli altri, essere patologicamente invidiosi significa rovinare i rapporti sociali e affettivi perché non ci si sente mai all’altezza e si vorrebbe che anche gli altri perdessero quello che hanno per diminuire la distanza da loro. In questo senso Facebook diventa un terreno di competizione impossibile e rischioso per il vero invidioso: come fa a confrontarsi tutti i giorni con il meglio, seppur finto, che compare sulla rete? Significa per lui gettare del sale su una ferita aperta, la bassa autostima di base, tanto da modificare il livello di qualità di vita percepito fino ad arrivare a veri e propri aspetti depressivi».

Come evitare il rischio “invidia da Facebook”?
«Vivere il più possibile in uno spazio di relazione reale. Vedere persone diverse da noi, con i problemi comuni a tutti, ci permette di ridimensionare i nostri ideali. È così bello scoprire che, in fondo, anche la persona che ci sembrava così perfetta e brillante può avere, a volte, le sue difficoltà! Come tutti e, soprattutto, come noi».

C’è qualcuno più a rischio invidia?
«Oltre a chi dà, già in partenza, scarso valore a sé, gli adolescenti. L’adolescente ha bisogno di costruire la propria personalità adulta anche attraverso il confronto con gli altri. Se questo avviene, per la maggior parte del tempo, in un contesto virtuale e artefatto, in cui possono entrare identità fasulle, immagini abbellite da Photoshop, corpi ostentati o successi inventati, capiamo quanto grandi possano essere i rischi associati. Attenzione però a non demonizzare lo strumento in sé. Facebook, come tutte le nuove tecnologie, ci apre nuovi orizzonti comunicativi, ovviamente se usato nei giusti limiti».

Facebook sarebbe in grado di “distorcere la nostra percezione della realtà”, come suggerisce l’istituto di ricerca?
«Lo spazio virtuale ha creato un’area di relazione con caratteristiche e funzionamenti ben diversi dai limiti imposti dalla realtà. Nelle relazioni di tutti i giorni infatti abbiamo maggiore consapevolezza di quello che stiamo facendo e delle possibili conseguenze, anche negative, delle nostre azioni dirette. Attraverso la Rete sentiamo invece di avere meno inibizioni, come se le relazioni potessero essere “giocate” in maniera più semplice e immediata e, se da una parte questo ci permette di esprimere magari parti di noi più nascoste, dall’altra la situazione può rischiare di sfuggirci di mano. Trattandosi di una sorta di “vetrina social” è normale che una persona decida consapevolmente di condividere solo la parte migliore di sé, come tendiamo a fare anche nella vita di tutti i giorni nelle relazioni più superficiali».

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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