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Gli smartphone condizionano il cervello Una terapia può guarire dal disturbo

 
20 febbraio 2019 | 10:26

Gli smartphone condizionano il cervello Una terapia può guarire dal disturbo

20 febbraio 2019 | 10:26
 

Che gli smartphone stiano cambiando radicalmente il modo di vivere è sotto agli occhi di tutti. Ma che stiano anche modificando il cervello è meno evidente, però è così e uno studio lo ha dimostrato.

Ne hanno parlato Paolo Amami, neuropsicologo e Daniela Calandrella, neurologa in un articolo pubblicato su Humanitasalute che qui riportiamo integralmente.

(Gli smartphone condizionano il cervello Una terapia può guarire dal disturbo)


Lo studio, che però non è stato ancora pubblicato su una rivista scientifica (quindi le informazioni disponibili sono limitate all’abstract del congresso), è stato condotto dal team del dottor Hyung Suk Seo, ricercatore della Korea University di Seoul 1.

Ha coinvolto 19 teenager con un’età media di 15 anni e mezzo e tutti con dipendenza da smartphone o internet. La dipendenza è stata diagnosticata valutando sia la quantità di tempo trascorsa dai giovani nell’utilizzo di internet o dello smartphone, sia l’impatto negativo che tale l’utilizzo aveva sulle abitudini quotidiane, sulla vita sociale, sulla produttività, sul sonno e sul comportamento in generale. Come controllo è stato utilizzato un gruppo di 19 ragazzi di pari età che non presentava sintomi da dipendenza.

Per l’indagine è stata utilizzata la spettroscopia con tecnica di risonanza magnetica, un metodo di studio neuroradiologico non invasivo che consente di ottenere da una risonanza magnetica del cervello informazioni metaboliche e istologiche dei tessuti.

Gli scienziati erano particolarmente interessati a un neurotrasmettitore, il Gaba o acido gammaamminobutirrico, che possiede una funzione inibitoria, e a due aminoacidi, il glutammato e la glutammina, che interagiscono con il Gaba. Il Gaba è implicato nel controllo di funzioni come la visione, il movimento, l’umore e il sonno.

I ricercatori hanno osservato che gli adolescenti con problemi di dipendenza da smartphone o internet presentavano livelli più elevati di Gaba rispetto a quelli di glutammato e glutammina nella porzione anteriore della corteccia del cingolo. La porzione anteriore della corteccia del cingolo è coinvolta sia nel funzionamento di processi essenzialmente cognitivi, come per esempio l’inibizione di stimoli interferenti o di risposte inappropriate rispetto allo scopo del compito, sia nei processi motivazionali, in particolare nei processi di rinforzo e ricompensa. È una porzione del cervello in cui avviene l’integrazione tra processi cognitivi, emotivi e motivazionali.

Questa alterazione del Gaba sarebbe reversibile: infatti in dodici dei giovani con il disturbo da dipendenza che hanno preso parte a un programma di terapia cognitivo-comportamentale della durata di 9 mesi è stato osservato che il livello di Gaba si “normalizzava”. I risultati di questo studio devono essere esaminati e valutati criticamente per verificarne l’affidabilità, il significato e la corrispondenza con la letteratura esistente, e questo sarà possibile solo quando verranno pubblicati.

È necessario segnalare che alla luce dell’aumento degli studi sulle dipendenze tecnologiche e la dipendenza da smartphone in particolare, alcuni ricercatori esperti di “addiction” hanno rivisto tutta la letteratura sull’argomento per valutare se questo disturbo possa effettivamente soddisfare i criteri per una diagnosi corretta di “dipendenza” 2. Sebbene la maggior parte degli studi dichiari che gli smartphone creino dipendenza, ad oggi non è stato trovato un consenso sufficiente dal punto di vista scientifico per confermare l’esistenza di questo tipo di dipendenza. Nell’ultima edizione del DSM V (il manuale più diffuso dei disturbi psichiatrici) non compare ancora la dipendenza da smartphone come disturbo. I comportamenti riportati negli studi potrebbero essere meglio etichettati come uso problematico o maladattivo degli smartphone, in quanto l’impatto sulla vita sociale, lavorativa e familiare sarebbe meno severo e non vi sarebbero i classici sintomi da astinenza, quanto meno fisica, tipici dei disturbi da dipendenza da sostanze.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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