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I primi 5 anni di vita i più importanti per educare

 
25 aprile 2019 | 12:04

I primi 5 anni di vita i più importanti per educare

25 aprile 2019 | 12:04
 

Tutto dipende dai primi cinque anni di vita. L’individuo in questo lasso di tempo sviluppa il suo carattere, i suoi atteggiamenti, buona parte della sua educazione. A dirlo uno studio statunitense.

Ne ha parlato Marco Nuara, pediatra e neonatologo di Humanitas San Pio X, in un articolo pubblicato su Humanitasalute che qui riportiamo integralmente.

(I primi 5 anni di vita i più importanti per educare)


Successo sul lavoro, solidità dei legami, rapporti con i genitori. Quello che ci capita da adulti, il nostro carattere e l’atteggiamento verso il mondo sono fortemente influenzati da quello che accade nei primi 5 anni della nostra esistenza. A confermarlo è uno studio statunitense coordinato dal Virginia Tech Carilion Research Institute, l’Abecedarian Project, che da 45 anni segue un gruppo di 100 individui studiando che rapporto c’è fra vita adulta e i primi 5 anni di vita.

Gli adulti che sono stati ben seguiti da piccoli, almeno fino al quinto anno di vita, hanno più successo sul lavoro, sono più equilibrati e hanno rapporti più stabili con i genitori. A confermarlo è uno studio statunitense coordinato dal Virginia Tech Carilion Research Institute, l’Abecedarian Project, che da 45 anni segue un gruppo di 100 individui studiando che rapporto c’è fra vita adulta e i primi 5 anni di vita.

La ricerca ha preso in considerazione due gruppi di bambini e ha esaminato il loro livello di apprendimento nel tempo, monitorando la qualità di vita rispetto alle esperienze positive e negative vissute nei primi cinque anni di vita. Quello che è emerso è che un’educazione di qualità permette ai bambini che vivono in situazioni di grande disagio sociale di raggiungere ottimi traguardi nella vita.

«Non solo l’educazione - spiega Marco Nuara - ma anche il contesto sociale e di relazioni in cui cresce il bambino influenzano positivamente o negativamente lo sviluppo emotivo e cognitivo dell’individuo. Le situazioni di disagio e stress possono ridurre la capacità di apprendimento e di gestire le emozioni e di conseguenza le relazioni».

Chi viene seguito in modo adeguato da un punto di vista didattico per i primi 5 anni di vita ne ha beneficio anche nell’età adulta. I bambini vanno stimolati con giochi, letture e dialogando con loro se si vuole influire plasticamente sul loro cervello. Attività, letture e conversazioni, anche da piccolissimi, sembrano quindi essenziali allo sviluppo. Dalla ricerca è emerso che gli adulti che erano stati seguiti e stimolati dalle 6 settimane ai 5 anni di vita avevano maggiori probabilità di trovare un impiego, di avere successo sul lavoro, di raggiungere un buon tenore di vita e di avere un rapporto equilibrato con i propri genitori. Questo dipende dal fatto che quando si nasce il cervello è pronto a costruire reti neuronali che però devono essere attivate dall’esperienza.

«Parlate sempre ai vostri bambini, già dai primi giorni di vita - raccomanda il pediatra - la voce del genitore, oltre a creare emozione e rassicurare stimolerà lo sviluppo del linguaggio».

«Fate ascoltare musica e canzoni che stimolino il bambino alla loro riproduzione. Lasciate che il bambino possa muoversi liberamente nello spazio imparando a conoscere se stesso, il suo corpo e ciò che lo circonda. Offrite la maggior varietà possibile di forme e materiali da manipolare, verificando sempre prima la sicurezza degli stessi».

Che l’infanzia sia un momento centrale nella vita e nella cura di un individuo è un risultato che non stupisce gli esperti del settore. La stretta correlazione fra i primi anni dell’infanzia e la formazione dell’individuo dal punto di vista emotivo, cognitivo e sociale era già stata già messa in evidenza da diversi studi. La parola d’ordine è quindi stimolare il più possibile i neonati e i bimbi piccoli. Visto che quello che può far la differenza è l’educazione emotiva, l’adulto deve diventare un allenatore emotivo. Sentendo quello che il bambino sente, l’adulto insegna al bambino a riconoscere le emozioni.

«Nominando e traducendo in parole gli stati emotivi del bambino, lo aiutiamo a interpretarli, a gestirli e di conseguenza ad adattarsi alle situazioni, soprattutto a quelle di stress, che vivrà nell’infanzia, ma anche nella sua vita adulta», conclude il pediatra.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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