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Oltre i dazi Usa, l'agroalimentare riparte. Ma sull'export italiano c'è anche la Cina

Dopo 17 anni di tensioni commerciali, Stati Uniti e Ue hanno firmato la tregua sulle tariffe sull'esportazione di beni europei. A partire dal Made in Italy agroalimentare: 5 miliardi di valore. Anche la Cina però punta a giocare un ruolo. Ma la vera ripartenza è attesa con lo sblocco "burocratico" del Bonus Ristorazione

di Nicola Grolla
 
21 giugno 2021 | 05:00

Oltre i dazi Usa, l'agroalimentare riparte. Ma sull'export italiano c'è anche la Cina

Dopo 17 anni di tensioni commerciali, Stati Uniti e Ue hanno firmato la tregua sulle tariffe sull'esportazione di beni europei. A partire dal Made in Italy agroalimentare: 5 miliardi di valore. Anche la Cina però punta a giocare un ruolo. Ma la vera ripartenza è attesa con lo sblocco "burocratico" del Bonus Ristorazione

di Nicola Grolla
21 giugno 2021 | 05:00
 

Dopo 17 anni, Usa e Unione Europea hanno sotterrato l’ascia di guerra commerciale dei dazi. Con la nuova presidenza americana di Joe Biden, sono sospesi per 5 anni le tariffe sulle importazioni di prodotti europei, compreso l’agroalimentare italiano. Una decisione presa il 15 giugno durante il summit internazionale del G7 in Cornovaglia in accordo con Ursula von der Leyen. Svolta attesa per il Made in Italy che così mette in salvo 500 milioni di euro di export italiano tra formaggi, salumi, liquori, ortofrutta, ecc. che hanno subito un incremento di tassazione da ottobre 2019 a febbraio 2021: +25%.

Non solo Usa-Europa, superati i dazi ora l'export agroalimentare italiano riparte e guarda alla Cina Oltre i dazi, l'agroalimentare riparte Sull'export italiano c'è anche la Cina

Non solo Usa-Europa, superati i dazi ora l'export agroalimentare italiano riparte e guarda alla Cina


Nuova rotta per il commercio dopo lo scontro nei cieli fra Boeing e Airbus

Da adesso si cambia rotta. Nel vero senso della parola, dal momento che tutto era nato dall’affaire Boeing-Airbus. Al centro, il tema degli aiuti di stato che sarebbero finiti nelle casse delle due aziende dell’aviazione. Accuse reciproche sono giunte davanti all’ente regolatore del commercio mondiale, Wto. Il primo verdetto, arrivato nel 2019, depose a favore degli Usa a cui l’Organizzazione per il commercio ha riconosciuto la possibilità di imporre 7,5 miliardi di sanzioni. Possibilità subito messa in atto dall'allora presidente Usa, Donald Trump che ha imposto dazi a molte merci Ue esportate negli Stati Uniti, inclusi diversi prodotti italiani, per quanto il nostro Paese non faccia parte del Consorzio Airbus come Germania, Francia e Spagna.

A ottobre del 2020, invece, il Wto si è espresso a favore del ricorso fatto da Bruxelles sulla decisione precedente, accordando all’Ue la possibilità di imporre 4 miliardi di ritorsioni contro gli Stati Uniti. Il via libera si basa sulla constatazione del 2019 dell’Organizzazione mondiale del commercio che conferma come gli Usa non avevano intrapreso azioni adeguate per conformarsi alle norme del Wto sulle sovvenzioni, nonostante le precedenti sentenze.

L’ultimo atto prima della svolta è stata una sospensione di tre mesi iniziata con il nuovo corso presidenziale di Joe Biden. Prima boccata d'ossigeno per il mondo delle esportazioni.

Verso il pieno recupero del primo canale per l'export Made in Italy

L’Italia ha esportato nel 2020 negli Usa 4,9 miliardi di euro di prodotti food&beverage, facendo degli Stati Uniti il primo mercato dell’export Made in Italy. Il ritmo ha rallentato a inizio 2021 (-2%) ma nel frattempo si sono aperte le porte per un nuovo percorso commerciale delle merci italiane – ed europee.

«Un’ottima notizia e uno stimolo aggiuntivo alla ripresa economica e per il miglioramento delle esportazioni agroalimentari. Già quest’anno sarà possibile tagliare il traguardo storico di 50 miliardi di euro di vendite sui mercati internazionali», ha commentato il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti. «L’agroalimentare italiano è un settore particolarmente sensibile agli scambi, con un export che vale 46 miliardi di euro nell’ultimo anno - ha detto il presidente nazionale di Cia, Dino Scanavino - Per questo, siamo soddisfatti di questo ritorno al dialogo, per sorpassare definitivamente l'incubo dazi doganali e ampliare le opportunità di creare ricchezza attraverso l’export». «Con il nuovo presidente Usa Biden occorre ora avviare un dialogo costruttivo tra Paesi alleati in un momento drammatico per gli effetti della pandemia», ha sottolineato il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini.

Formaggi, salumi e liquori le categorie più colpite

Fra le categorie più colpite dall’applicazione dei dazi (che hanno preso di mira soprattutto i competitor francesi) c’è stato il lattiero-caseario. Negli Usa si è verificata una diminuzione del 17% in volume e del 19% valore (circa 70 milioni di euro non incassati). Ma i primi tre mesi di sospensione hanno già fatto vedere segnali in controtendenza ed è partito il recupero di un mercato che vale il 10% delle quote di mercato estero del formaggio. Stessa dinamica anche per i salumi che senza l’appesantimento dei dazi possono essere proposti sul mercato a prezzi più accessibili. Molto penalizzato il comparto dei liquori. La perditaè stata del -35% del fatturato precedentemente assestato su un valore di 163 milioni di euro.

Fra i prodotti più colpiti dai dazi Usa: formaggi, liquori e salumi Oltre i dazi, l'agroalimentare riparte Sull'export italiano c'è anche la Cina
Fra i prodotti più colpiti dai dazi Usa: formaggi, liquori e salumi


Gli alti e bassi del vino dovuti alle chiusure dei ristoranti

In chiaroscuro le prestazioni del vino. A febbraio, l’associazione statunitense degli importatori di bevande (Nabi), del rappresentante per il commercio Usa (Ustr), comunicò che non avrebbe proposto revisioni alle tariffe sulle merci Ue nella controversia commerciale Airbus-Boeing. Un segnale allora interpretato come disgelo fra le parti, ma essenziale per salvare il principale canale di esportazioni del vino italiano; già alle prese con la chiusura dell’Horeca. Dettaglio non banale se si pensa che, nonostante tutto, il mercato internazionale del vino italiano ha ceduto, secondo Uiv (Unione italiana vini) a valore il -6% (pari a una perdita di 1,425 miliardi di euro) e un decremento del prezzo medio (-5%). A perdere sono stati in particolare gli spumanti, che dopo anni interrompono la loro corsa negli Usa, complice in particolare al Prosecco (-9%). Giù anche i fermi imbottigliati (-6%).

A marzo è iniziata la ripresa. Cina in pole position

In generale, comunque, l'export italiano verso i Paesi extra Ue a marzo segna un aumento congiunturale del 2,5% mentre per le importazioni si registra un incremento maggiore, pari a +6,8%. Lo ha rilevato l'Istat spiegando che «dopo il lieve calo di febbraio, l'export registra a marzo un nuovo rialzo congiunturale spiegato per oltre la metà dall'aumento delle vendite di energia». Sempre a marzo, l'export aumenta su base annua del 23,1%. Mentre l'import registra una crescita tendenziale ancora più sostenuta (+35,0%). A beneficiarne, oltre gli Usa, anche la Cina. Secondo Cia – Agricoltori, l’aumento dell’export di cibo e bevande comunitarie verso il paese asiatico è cresciuto di 529 milioni di euro a gennaio-febbraio 2021 rispetto allo stesso mese del 2020.

A spingere verso la rotta asiatica i beni italiani è l’accordo sottoscritto a marzo 2021 fra Europa e Cina per la tutela dalle imitazioni e dalle usurpazioni di circa 200 denominazioni di origine e identificazione geografica – in gran parte agroalimentari. Tanto che l’Italia è il paese più protetto con 26 prodotti in lista. Mentre ci sarà ancora maggiore spazio per ulteriori 175 prodotti Ig e Dop nei prossimi 4 anni. Ecco la lista attuale:
  • Aceto balsamico di Modena IGP,
  • Asiago DOP,
  • Asti DOP,
  • Barbaresco DOP,
  • Bardolino superiore DOP,
  • Barolo DOP,
  • Brachetto d’Acqui DOP,
  • Bresaola della Valtellina IGP,
  • Brunello di Montalcino DOP,
  • Chianti DOP,
  • Conegliano-Valdobbiadene Prosecco DOP,
  • Dolcetto d’Alba DOP,
  • Franciacorta DOP,
  • Gorgonzola DOP,
  • Grana Padano DOP,
  • Grappa IG,
  • Montepulciano d’Abruzzo DOP,
  • Mozzarella di Bufala Campana DOP,
  • Parmigiano Reggiano DOP,
  • Pecorino Romano DOP,
  • Prosciutto di Parma DOP,
  • Prosciutto di San Daniele DOP,
  • Soave DOP,
  • Taleggio DOP,
  • Toscano IGP,
  • Vino Nobile di Montepulciano DOP.
In generale, l’export verso la Cina di prodotti agroalimentari europei era al terzo posto nel 2020, per un valore di oltre 16 miliardi di euro.

A inizio marzo 2021 Cina e Italia, in collaborazione con l'Europa, ha stretto un accordo di tutela per 26 referenze Ig e Doc Oltre i dazi, l'agroalimentare riparte Sull'export italiano c'è anche la Cina
A inizio marzo 2021 Cina e Italia, in collaborazione con l'Europa, ha stretto un accordo di tutela per 26 referenze Ig e Doc


Per far ripartire il mercato interno, serve accelerare il bonus ristorazione

Insomma, tirando le somme, per il mercato agroalimentare italiano il post-pandemia si apre verso un nuovo assetto commerciale che favorisce il posizionamento del Made in Italy. Obiettivo che dovrebbe essere perseguito anche sul mercato interno dove il Bonus Ristorazione è ancora affaticato dal peso della burocrazia. A metà maggio, sui 330 milioni di euro richiesti (a fronte di un plafond di 600 milioni totali), solo 211 milioni erano stati erogati in relazione all'aiuto erogato a ristoranti, agriturismi, alberghi, ecc. a fronte dell'acquisto di materia prima 100% Made in Italy. Un rapporto che aveva fatto storcere il naso alle categorie di rappresentanza (a partire dalla Fipe) a causa dei pesi burocratici che rallentavano l'arrivo di aiuti quanto mai necessari al mondo Horeca dopo le chiusure del 2020-21. Oggi le cose vanno un po' meglio: «Abbiamo esaurito e rimborsato tutte le richieste effettuate online, ma siamo ancora indietro su quelle cartacee», spiega Gian Marco Centinaio, sottosegretario al ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali.

Detto diversamente, i soldi sono in arrivo e, anzi, 600 milioni di euro forse non basteranno per dare piena risposta a quanti hanno fatto richiesta. Eppure il cono di bottiglia è sempre uno: la burocrazia. «Abbiamo riscontrato diversi errori nelle richieste pervenute sotto forma cartacea tanto che abbiamo dovuto istituire una task force di revisori ad hoc al ministero. In alcuni casi era sbagliato perfino l'indirizzo della sede legale dell'azienda. Come se chi ha compilato la richiesta non sapesse dove lavora. Errori magari del tutto inconsapevoli ma la cui correzione richiede un lavoraccio con una serie di chiamate che impiegano diversi funzionari», racconta Centinaio.

Impegni gravosi che dovranno essere risolti se l'obiettivo è trasformare questa misura in un intervento strutturale: «Certo, costerebbe tanto ma in gioco c'è un catena del valore che lega produttore e ristoratore. Per questo, forse, l'evoluzione di questa misura potrebbe trovare posto all'interno dei progetti finanziati dal Recovery Plan. Allo stesso modo, sarebbe interessante riprendere il percorso di avvicinamento e collaborazione con il ministero del Turismo così da stringere ancora di più i legami fra ospitalità ristorativa e ospitalità turistico-alberghiera», conclude Centinaio.


© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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