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Il futuro dell'Italia post Covid passa anche dalla ripresa delle nascite

La denatalità avrà effetti devastanti, anche se la politica non se ne cura. Bisogna anche intervenire a livello scolastico e ripensare i percorsi di formazione e di inserimento lavorativo.

di Alberto Lupini
direttore
 
11 gennaio 2021 | 16:35

Il futuro dell'Italia post Covid passa anche dalla ripresa delle nascite

La denatalità avrà effetti devastanti, anche se la politica non se ne cura. Bisogna anche intervenire a livello scolastico e ripensare i percorsi di formazione e di inserimento lavorativo.

di Alberto Lupini
direttore
11 gennaio 2021 | 16:35
 

Il Covid non ci dimostra solo tutta l’inadeguatezza delle nostre scelte di politica sanitaria. È anche una sorta di cartina di tornasole del disastro ambientale che abbiamo generato nel mondo fra deforestazione, inquinamento e riduzione della biodiversità. E soprattutto è un meccanismo imprevisto e terribile che sta sconvolgendo l’economia e le nostre abitudini più comuni. Per restare ai temi di nostro interesse, pensiamo a come la pandemia ha praticamente cancellato i viaggi e il turismo, mettendo in ginocchio alberghi e ristoranti. Ma tutto ciò non basta: il coronavirus ha anche innescato una bomba sociale i cui effetti sono forse al momento incalcolabili. Ci riferiamo alla denatalità che, soprattutto in Italia, uno dei Paesi con più anziani al mondo, avrà effetti devastanti, anche se le istituzioni e i politici non se ne curano.

Eppure è un problema gigantesco su cui l’Italia dovrebbe porre la più alta attenzione. Ma nel Recovery plan, che tanto fa discutere il mondo politico, non se ne tiene conto, né a livello di scenari, né per investimenti ad hoc. E, tanto per sottolineare il disinteresse generale verso questo tema, ricordiamo che del già insufficiente e quasi ridicolo Family Act approvato a giugno per sostenere le nascite, ad oggi non ci sono ancora i decreti attuativi.

Il futuro dell'Italia post Covid passa anche dalla ripresa delle nascite
La preoccupazione sul futuro ha scoraggiato molte giovani coppie dal mettere al mondo dei figli

Come ricorda il direttore di Panorama della Sanità, Sandro Franco, può sembrare un paradosso, ma mentre ogni giorno attendiamo con ansia il bollettino dei contagiati, ci è scivolato quasi addosso l’ultimo rapporto dell’Istat pubblicato qualche giorno prima di Natale che avverte che siamo al crollo sotto la soglia psicologica dei 400mila nuovi nati per anno. Come dire, ci sono sempre meno nati e più morti e il saldo è assolutamente negativo. Del resto il tasso di fecondità in Italia nel 2019 era dell’1,29%, uno dei più bassi in Europa. E non è che, come pensava forse qualcuno, i vari lockdown abbiano spinto gli italiani a fare più figli. Anzi, la comprensibile preoccupazione sul futuro ha scoraggiato molte giovani coppie e, vista la riduzione delle occasioni di socialità anche fra i giovani, è molto probabile che ci sia stato un rallentamento anche nella nascita di nuove coppie.

E con la crisi economica che ci aspetta nei prossimi mesi è difficile immaginare che ci possa essere una controtendenza. È anzi probabile che la natalità decresca ulteriormente...

Visto che il pianeta è fin troppo abitato e la sovrappopolazione è una delle cause del disastro ecologico, qualcuno potrebbe anche rallegrarsi se in Italia facciamo meno figli. In meno si sta sulla terra, meglio sarebbe per tutti. Il problema è che da noi, a differenza di quanto avviene in Asia, in America Latina o in Africa, la popolazione invecchia, non genera reddito e i nuovi nati non compensano i decessi.

Sta di fatto che col problema nascite/morti dobbiamo al più presto avere a che fare. I figli, come scrive Panorama della Salute, sono una «priorità per il nostro Paese dove ancora prevale il concetto che fare figli sia una scelta privata e non un investimento da sostenere nell’interesse della collettività». Fare figli non può essere un “lusso” dei più ricchi (che in genere hanno superato i poveri nel numero di figli). E non ci si deve arrendere all’ineluttabilità di questa tendenza. In Francia ad esempio politiche intelligenti da anni hanno permesso di fare crescere la popolazione ed avere in prospettiva un minor “peso” economico di anziani caricato sulle spalle dei “giovani”.

In una prospettiva che tenga conto dell’aspetto demografico, almeno a breve termine, bisogna anche intervenire da subito a livello scolastico. Serviranno sempre più medici, infermieri e assistenti sociali per curare una popolazione che invecchia. Andranno al contrario posti rigidissimi numeri chiusi per l’acceso alla formazione ad esempio dei cuochi. Qui avremo a breve un effetto opposto a quello della demografia: avremo una moria di ristoranti per la crisi generale causata dalla pandemia (fallimenti e drastico calo della clientela, con meno disponibilità economiche) e un esubero di offerta di diplomati dalle scuole alberghiere. Si tratta di giovani che già prima del Covid difficilmente trovavano occupazione. Si dovranno contingentare le iscrizioni alle scuole alberghiere rendendo molto più selettivo il percorso di formazione ed inserendo magari specializzazioni come una cucina più attenta alle esigenze delle persone anziane, più facilmente affette da varie patologie.

Certo parlare di come riformare gli istituti alberghieri può sembrare una goccia nel mare rispetto al problema gigantesco della denatalità, ma anche questo è un intervento fondamentale che dovrebbe servire da esempio per tante altre iniziative da prendere. E da qualche parte bisogna pure partire. E se non si farà nulla, che domani nessuno si lamenti se saremo costretti a spalancare le porte agli immigrati...

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