Vincenzo Butticè, portavoce Fiepet-Confesercenti Lombardia e cofondatore Ristoratori Uniti non ha dubbi: la crisi c'è e la ristorazione è stata investita da un'onda d'urto devastante. Ma qualche errore, oltre che a livello politico, lo stanno facendo e lo hanno fatto anche i ristoratori.
Le bacchettate di Butticè mirano soprattutto a colpire quegli imprenditori che ritenevano la ristorazione italiana solida e forte e che, soprattutto, nel corso di questi mesi hanno continuato a chiedere e lamentarsi per situazioni dell'immediato presente, senza guardare minimamente al futuro.
Secondo Butticè c'è spazio per recuperare e progettare al meglio i prossimi trent'anni della ristorazione italiana, la quale deve slegarsi da abitudini e tabù che si porta dietro da tempo.
Un pensiero doveroso ai ristoranti di domani
Cosa pensa dell’opportunità di riaprire le aziende?Aprire non ci basta più, la situazione e la congiuntura sono ormai insostenibili sotto l'
aspetto economico e finanziario con l'aggravante che il disagio
psico-sociale è ormai dentro una spirale bellica. L'impresa ha come obiettivo la realizzazione ricavi da tradurre in
utili alla spoglia dei costi, e l'impresa stessa ha sempre obiettivi razionali che rispondono a sequenze analitiche chiare e definite. Lo scenario sociale ed economico del Paese è fortemente condizionato dall’impatto
Covid, ed è destinato ad aggravarsi per la contrazione del mercato, dalle minori disponibilità e dal sentimento della paura.
Perché ritiene che riaprire non sarà sufficiente?Parto dalla definizione di impresa: azione di ampia portata, che presenta rischi e richiede
impegno, tentare un'impresa, ovvero riuscire nell'
obiettivo. Il Covid ha distrutto la possibilità di
pianificazione aziendale a tutto tondo, la
ristorazione, settore caratterizzato tra gli altri aspetti da una forte volatilità e intangibilità, sembrerebbe ancora più segnata dall'impossibilità di pianificare e programmare.
Programmare, si in quale scenario?Gli effetti del Covid condizionano lo stato sociale ed economico, quindi il miliardo di
pasti annui prodotti dalla ristorazione italiana subirà una forte contrazione a causa dalla imminente
implosione del mercato del lavoro.
Si potrebbe fare meglio?Aver assunto come punto cardine il sostegno al
reddito è stata una scelta umana e condivisa ma poco performante, fosse stata messa al centro dell’agenda
politica la centralità dell’importanza di creare
lavoro, quindi le aziende come in
Francia e
Germania, probabilmente l’imminente implosione avrebbe subito meno ripercussioni.
Gli effetti di questo probabile scenario?Una minore disponibilità economica condizionerà la possibilità di
spesa e in casi di contrazione l’agenda di spesa della famiglia avrà un ordine di priorità molto
razionale e meno emozionale. Il mercato attivo che resisterà sarà poco per tutte le aziende e solamente quelle dotate di linee programmatiche e di
pianificazione avranno
maggiori probabilità di resistere all’onda d’urto di forza indescrivibile. Le marginalità delle aziende, già risicate a causa di un sistema impregnato da storture e
dispersioni economiche e caratterizzato da
inefficienze strutturali, saranno ancora più condizionate in negativo per la relativa contrazione della domanda sia in termini quantitativi sia qualitativi. Le risicate marginalità non consentiranno di mantenere un sistema
obsoleto e strutturato su modelli operativi e organizzativi poco performanti.
Da dove di potrebbe iniziare?Sfatando tre
tabù della ristorazione. Primo tabù: la ristorazione italiana era sana e performante prima del covid. Secondo: meglio il dito della luna. Terzo: la ristorazione non ha bisogno di visioni e di futuro, vive del qui e adesso. Continuando pensare al ristorante così come l'abbiamo vissuto negli ultimi trent'anni significa essere corresponsabili di un
fallimento. Mentre l'agenda politica litiga sulla gestione dei 222 miliardi gli imprenditori della ristorazione non avanzano nessuna proposta in quest'ottica, nessuna proiezione
futura, solamente concentrati e distratti dal qui ed ora. La necessità di riscrivere, rimodulare e proiettare la ristorazione nei prossimi trent'anni deve toccarci da vicino, riaprire è fondamentale ma proteggere il convalescente da possibili traumi lo è di più.
Vincenzo Butticè
Riaprire in un mondo che avrà da qui a breve milioni di disoccupati, e la società sarà contrassegnata da un impoverimento storico e senza precedenti, con le regole e le procedure esistenti vuol dire “condannare a
morte certa molte più aziende di quelle già compromesse”.
Pensare che riaprendo torneremo a fare 1 miliardo e 80mila pasti all'anno e che la moneta circolerà con la stessa intensità e che il Covid sarà un lontano ricordo è una pura
fantasia.
Vede delle opportunità da poter cogliere?Sì, unire le diverse anime, cosa già fatta con #
farerete e con tutti gli interlocutori e rilanciare una
programmazione caratterizzata da
policy certe ed adeguate su due assi temporali, il primo per far fronte all'
emergenza, quali:
a) indennizzo alle aziende fino al punto di pareggio al netto di ristori e cassa integrazione;
b) esenzione tasse e imposte per tutto il 2020 e 2021;
c) esenzione cartelle esattoriali per il 2020 e 2021;
d) accesso al credito e trasformazione dei crediti contratti su piano trentennale;
f) riduzione oneri contributivi ed assistenziali in modo sostenibile e fattibile ( -50%)
Il secondo, policy della ristorazione da convogliare in una legge quadro che impattino su materie come:
1. Formazione e istruzione
2. Ricerca e sviluppo
3. tributarie e fiscali,
4. economico-finanziarie
5. risorse logistiche
6. aree normative in termini di concessioni
7. area igienico/sanitarie e di controllo
8. risorse umane, reclutamento, gestione e investimento sulle stesse.
9. Digitalizzazione
10. Impatto ambientale
Quale sarebbe secondo lei l’errore da evitare?Evitare decisioni di pancia! C’e una
tempesta, l’obiettivo non è sconfiggerla ma arrivare a terra ferma, avremo dei danni ma si potrà ricostruire. Sfruttiamo questo tempo per riscrivere la ristorazione italiana per i prossimi
trent’anni.