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Atalanta-Real Madrid, vince il Covid. 3mila tifosi allo stadio, e i controlli dove erano?

Prima della partita di Champions League, ha lasciato di stucco la scena di migliaia di tifosi fuori dallo stadio a salutare la squadra. Perchè le istituzioni non sono intervenute?

di Federico Biffignandi
 
25 febbraio 2021 | 11:02

Atalanta-Real Madrid, vince il Covid. 3mila tifosi allo stadio, e i controlli dove erano?

Prima della partita di Champions League, ha lasciato di stucco la scena di migliaia di tifosi fuori dallo stadio a salutare la squadra. Perchè le istituzioni non sono intervenute?

di Federico Biffignandi
25 febbraio 2021 | 11:02
 

La Bergamo devastata dal Covid, la Bergamo capitale mondiale della pandemia, la Bergamo ferita, soffocata, che per due mesi si è accesa solo delle sirene delle ambulanze, la Bergamo del #molamia, la Bergamo del sacrificio, del lavoro, della dedizione degli operatori sanitari e non solo, la Bergamo che si stava rialzando ha offerto nella serata di mercoledì un’immagine poco edificante.

La serata per il capoluogo e per la sua gente era storica perché la squadra della città, l’Atalanta, che è una fede, una religione, una madre e una speranza affrontava negli ottavi di finale della Champions League (la più prestigiosa competizione calcistica per club) il Real Madrid che nel mondo del pallone è come dire la Ferrari per le automobili, lo Champagne per i vini, la pizza per il mondo del cibo, insomma il non plus ultra delle squadre.

Tifosi fuori dallo stadio prima del match - Atalanta-Real Madrid, vince il Covid 3mila tifosi allo stadio, e i controlli?

Tifosi fuori dallo stadio prima del match

Stadio chiuso, 3mila persone assembrate all'esterno
Naturalmente gli stadi non sono aperti al pubblico, ma la voglia di vivere almeno per un attimo l’atmosfera della curva era troppa e 3mila tifosi si sono radunati in uno dei piazzali fuori dal Gewiss Stadium - la casa dell’Atalanta - prima del fischio di inizio per salutare l’arrivo del pullman con i giocatori, incitarli con cori, caricarli con qualche fuoco d’artificio, dargli coraggio con qualche fumogeno. Tutto bellissimo, tutto nella norma, tutto anche tranquillo considerando la fama un po’ troppo “facinorosa” della frangia nerazzurra del tifo organizzato, se non fosse che siamo ancora nel bel mezzo della pandemia la quale, proprio poche ore prima del match, ha bussato ancora alla porta di Bergamo e Brescia (le due città più ferite dai contagi da febbraio) per aprire la terza ondata.

Le istituzioni dove erano?
La domanda più banale e spontanea è: come è possibile che nessuno sia intervenuto prima o durante l’assembramento? E dire che le forze dell’ordine erano schierate come di consueto attorno allo stadio per garantire, appunto, l’ordine pubblico. Qualcosa si era mosso nel corso della giornata, con l’Ats che aveva amichevolmente raccomandato i tifosi a vivere un evento così bello e storico nelle proprie case dato che il tam tam per trovarsi era già circolato sulle chat dei tifosi.

Bastava? No. L’Ats è sicuramente un organismo che ha voce in capitolo, ma di certo non è quello che ha il compito di scendere in strada a monitorare la situazione. Spettava, semmai, alle istituzioni locali, regionali o nazionali garantire la sicurezza di tutti, senza appelli o proclami, semplicemente agendo. Perché, ad esempio, non limitare l’accesso all’area attorno allo stadio solo ai residenti (come già accadeva in tempi pre-Covid nei giorni della partita per chi transitava in auto)? Bastavano alcune transenne e qualche agente, senza tanta burocrazia, badando solo alla sicurezza sanitaria.

Bergamo non è l'unica piazza disobbediente
Erano tanti, troppi i tifosi. 3mila fermi in qualche metro quadrato sono un numero che non ha niente a che fare con altre situazioni che vengono denunciate sui Navigli, nei luoghi della movida o - ancor più distante - nei bar e ristoranti. E qui si viene al punto focale: come è possibile accanirsi sui locali pubblici con chiusure prolungate e protocolli pignoli fino allo sfinimento e poi consentire manifestazioni del genere? Anche perché quella di Bergamo non è certo l’unica che ha riguardato il mondo dello sport. In principio fu Napoli che si radunò fuori dallo stadio comunale in occasione della morte del suo dio, Diego Armando Maradona. Poi ancora i tifosi dell’Atalanta al Centro Sportivo di Zingonia (Bg) il quartier generale dei nerazzurri; infine - prima dell’episodio di mercoledì - era toccato ai tifosi di Milan e Inter che si erano trovati attorno a San Siro domenica pomeriggio mentre sul prato verde, all’interno dello stadio, si stava giocando il derby.

Allora si riaprano anche i ristoranti
Al di là dei discorsi “di pancia” che potrebbero pendere dalla parte del “rigorismo” condannando chi non rispetta le norme dei decreti e di buon senso oppure del “volemose bene” che comprende chi ha voglia di normalità, viene da chiedersi se forse questo non sia un altro spunto per discutere su come gestire la pandemia e farla coincidere con la pazienza ormai persa della gente. Perché non aprire bar, ristoranti, stadi, cinema, teatri ovviamente facendo rispettare protocolli, mascherine, distanziamento così da “contenere” e controllare più facilmente la gente dandole la possibilità di riassaggiare un po’ di normalità? Questo non solleva le istituzioni comunque dal controllare il rispetto delle norme fuori dai locali, cosa che non è mai stata fatta e sulla quale gli imprenditori hanno più volte alzato la voce.

A monte, forse, andrebbe rivisto l’approccio almeno discusso. Sperare di sconfiggere il virus e contare sul rispetto delle regole da parte della gente non è una missione fattibile, è come sperare che l’Atalanta in trasferta riesca a sconfiggere i mostri sacri del Real Madrid ribaltando il risultato di ieri sera (0-1, per la cronaca). Per due mesi, l’anno scorso, gli italiani sono stati esemplari eppure il virus non è certo sparito. Perché non provare a convivere con il virus, contando sui vaccini e conquistandosi i cittadini anche con qualche carota?

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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