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Sui mercati regna l'incertezza Cibo e moda tornano agli anni '90

I consumatori badano al sodo: quando si va al ristorante si cerca la sicurezza del locale, la spesa è green e i viaggi si riducono. Nell'abbigliamento stop al bisogno di apparire e boom del cashback.

 
17 ottobre 2020 | 10:48

Sui mercati regna l'incertezza Cibo e moda tornano agli anni '90

I consumatori badano al sodo: quando si va al ristorante si cerca la sicurezza del locale, la spesa è green e i viaggi si riducono. Nell'abbigliamento stop al bisogno di apparire e boom del cashback.

17 ottobre 2020 | 10:48
 

È cambiato il modo di vivere e quindi anche di consumare, di divertirsi, di acquistare, di pensare - in generale - alla propria vita. La pandemia ha costretto le imprese non solo a riorganizzarsi all’interno tra strategie e adeguamento alle restrizioni dettate dal covid, ma anche ad intercettare la nuova psicologia dei consumatori. Il concetto di base è tanto rivoluzionario, quanto semplice: stop al bisogno di apparire e via libera a idee di comunità e benessere psicofisico.

Cibo e moda tornano al passato - Sui mercati regna l'incertezza Cibo e moda tornano agli anni '90

Cibo e moda tornano al passato

CLIENTI AL RISTORANTE: SI CERCA LA SICUREZZA
A far luce su questa tendenza sono due settori in particolare: il cibo e la moda. Dal lato cibo si nota come i consumatori siano sempre più predisposti a preparare a casa pranzi, cene, merende e aperitivi dopo due mesi di allenamenti forzati per via del lockdown. Poche uscite, per la disperazione dei ristoranti, e spese mirate all’acquisto di prodotti green. E quelle poche uscite nei locali hanno tutte un minimo comune denominatore: non si bada a qualità, piatti, gourmet, finezze, prezzi, servizi perché l’importante è che quel locale garantisca sicurezza e accoglienza. Un ritorno un po’ al passato, dove la scelta dei consumatori cadeva su quel ristorante con il quale si creava un rapporto di fiducia stretto tramite il cuoco o il cameriere e importava meno se l’impiattamento non fosse instagrammabile.

LA MODA RISPOLVERA LE VECCHIE COLLEZIONI
Ritorno al passato, tra necessità e virtù, anche nel mondo della moda. I grandi marchi hanno rispolverato dai magazzini e posizionato in vetrina collezioni vecchie, vecchissime che i Millennial di oggi manco possono ricordarsi quando sono uscite sul mercato. Il colosso Zara ha rilanciato capi da anni ’90 da acquistare, provare e anche restituire subito senza perdere un euro. Come? Con la pratica del cash back: con la restituzione della merce entro i trenta giorni si può avere indietro il denaro in contanti. La moda si mostra anche così dopo il cambiamento indotto dal Covid nell'atteggiamento dei consumatori fiaccati dal momento storico. In generale, manca la fiducia, come racconta la recente analisi pubblicata da Ey assieme alla società di ricerche Swg sulle nuove abitudini di consumo degli italiani. Il 53% (dati di settembre) ha dichiarato di provare incertezza e il 50% mantiene un atteggiamento improntato al risparmio.

LA REAZIONE EMOTIVA DEI CONSUMATORI
«Quella fotografata - spiega a ItaliaOggi Donato Ferri, consulting leader dell'area Mediterranea di Ey - non è una semplice reazione emotiva, ma riguarda l'impossibilità delle persone di immaginarsi un futuro. Indagando con le neuroscienze abbiamo analizzato anche il livello implicito della conversazione. Ora, visto che la stabilità non si raggiungerà a breve termine, alle aziende consigliamo strategie di altrettanto lungo periodo». Le nuove abitudini comportamentali sono legate a una rivoluzione sociale: «Più di 4 italiani su 10 hanno modificato i punti di riferimento - sottolinea Ferri - si pensa a valori collettivi sociali, come la tutela degli altri e della salute, rispetto a quelli personali». Naturale che in un contesto come quello citato alcuni settori debbano riscrivere le proprie regole.

IL COVID DEVASTA IL TURISMO
Tra i comparti maggiormente impattati secondo Ey a livello nazionale, spiccano il turismo (-43,5%, che può raggiungere fino a -58% nell'ipotesi di un nuovo lockdown prima della fine dell'anno) e il fashione luxury (-27%, che può arrivare a -35%). «Taluni generi di servizi, oltre alla moda di fascia medio bassa e alle calzature, hanno fatto più fatica rispetto all'alimentare o al farmaceutico». Il motivo? «Pensiamo allo shopping: acquistare tanti capi magari di poco valore come in passato rispondeva al bisogno di configurarsi uno status individuale se non un guardaroba ampio per uscire. Ora l'attenzione sociale è alla sostenibilità, alla comunità. Un tema più facilmente associabile però a un prodotto o a un'insegna dell'agroalimentare piuttosto che al fashion».

CONSUMI SEMPRE PIU' GREEN
La soluzione è trasferire sui brand una nuova proposizione, «per esempio ampliando la catena del valore, con investimenti che possono toccare la localizzazione produttiva, o restituendo magari alle comunità in cui si opera in termini di formazione e territorio», aggiunge. Il green si conferma per il 57% delle persone il driver di scelta dei nuovi stili di consumo; inoltre si è più propensi (il 34%) ad acquistare da brand che salvaguardano il benessere di dipendenti e dei clienti e con una leadership che agisce con un impatto positivo sulla società. I cambiamenti più rilevanti che le persone si attendono sono inerenti alla rivoluzione della mobilità (per il 31% degli intervistati) e allo smart working (per il 23%).

L'IMPORTANZA DI RACCONTARE LA PROPRIA STORIA
Secondo EY, inoltre, il tema dell'acquisto si sta polarizzando: «Una parte di consumatori è andata online e ci resterà, ma il negozio ha assunto una nuova dimensione e non va trascurato», aggiunge Ferri. «Tra gli intervistati che hanno ripreso le esperienze di consumo quotidiane, emerge infatti una valutazione tendenzialmente negativa rispetto al passato. Si pensi solo che per le occasioni di consumo di cibo fuori casa, il rispetto delle misure per il contenimento del Covid-19 prende il sopravvento sulla qualità e sul prezzo». Infine lo storytelling. Se si vendono cose d'archivio nei negozi «è perché ci si risintonizza con un passato migliore», conclude Ferri, «In questo momento si ha bisogno di rileggere i brand con una narrazione diversa, sia all'interno della stessa azienda, sia nella parte relativa all'offerta».

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