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Post di insulti al mare di Rimini, storica condanna per un turista

Un milanese nel 2019 si era sfogato sui social contro la riviera romagnola e i suoi albergatori. Per il giudice fu diffamazione: 15 giorni di reclusione o 1.125 euro di multa. Da TripAdvisor in giù, basta con gli hater.

 
23 novembre 2020 | 15:43

Post di insulti al mare di Rimini, storica condanna per un turista

Un milanese nel 2019 si era sfogato sui social contro la riviera romagnola e i suoi albergatori. Per il giudice fu diffamazione: 15 giorni di reclusione o 1.125 euro di multa. Da TripAdvisor in giù, basta con gli hater.

23 novembre 2020 | 15:43
 

Arriva una sentenza che fa ben sperare per quanto riguarda la questione dei post denigratori e offensivi nei confronti di alberghi o ristoranti. Il tribunale di Rimini infatti ha condannato a un mese di reclusione, ridotto a 15 giorni, trasformabili in 1.125 euro di multa, ossia 75 euro per ogni giorno di prigione, un milanese di 41 anni che sui social aveva scritto un commento fortemente negativo sulla qualità del mare di Rimini.

Il mare di Rimini contestato -

Il mare di Rimini contestato

Il post: «Avete un mare pieno di m...»
La denuncia era partita il 19 agosto 2019 da Patrizia Rinaldis, presidente di Federalberghi Rimini, che aveva raccolto le segnalazioni di diversi operatori turistici i quali avevano letto sui social il post del 2 agosto in cui il "leone da tastiera" scriveva: "Avete il mare pieno di m... e batteri!!! Sfigati! Fate il bagno nella m... mandateci i vostri in quell’acqua di m... e andateci pure voi porci arraffoni!!! Volete lavorare tre mesi all’anno e stare bene tutto l’anno fannulloni!!! Noi turisti in sta m... di fogna non ci vogliamo venire più".

La sentenza del giudice: diffamazione
Parole che il giudice ha considerato dal punto di vista giuridico diffamatorie in quanto avrebbero offeso «l’onore, il decoro e l’immagine della categoria degli albergatori e operatori turistici di Rimini, riuniti nell’associazione sindacale di categoria Federalberghi Rimini, con l’aggravante dell’uso del mezzo della pubblicità».

«Giusta condanna - ha detto la stessa Rinaldis - quell’uomo aveva diffamato il lavoro e l’operosità dell’intera riviera. Da lui mi aspetto quantomeno delle pubbliche scuse».

Una denuncia condivisa da diversi operatori
«La querela per diffamazione - spiega l’avvocato Maurizio Ghinelli - non è stata presentata dalla Rinaldis quale singolo albergatore ma come categoria, nei confronti del 41enne forse in vacanza qui in quei giorni». Il pubblico ministero ha chiesto al giudice per le indagini preliminari l’emissione del decreto penale di condanna. Il che è avvenuto. Una sorta di “procedura semplificata».

Il turista può presentare ricorso, ma rischia una pena superiore
Il turista può presentare ricorso, chiedendo un processo pubblico con dibattimento. Ma il giudice potrebbe ovviamente decidere per una pena superiore. «Valuteremo con l’avvocato Ghinelli se chiedere il risarcimento anche civilistico - aggiunge Rinaldis - se farà opposizione ci costituiremo parte civile. Sono contenta di aver difeso con successo, con il nostro legale, la città e la riviera da un attacco gratuito e ignobile. Mi auguro serva da monito per tutti gli hater, gli odiatori del web e i leoni da tastiera che si ritengono superiori o immuni rispetto alla legge e al rispetto delle persone e del lavoro altrui».

Fenomeno post diffamatori, TripAdvisor il primo responsabile
Il problema di post di questo tipo è in costante diffusione e molteplici sono le piattaforme sulle quali si manifesta il reato. TripAdvisor è senza dubbio quella che più ha danneggiato l’immagine di ristorazione e turismo con l’aggravante di fungere da alleata degli hater vista la totale assenza di controllo dei post, la mancata difesa dei ristoratori o degli albergatori e, addirittura, la cattiva abitudine di pagare per ricevere fasulle recensioni positive. L'ulteriore aggravante, che aveva avuto l'effetto di una coltellata alla ristorazione, era stata la partnership tra la Guida Michelin (un tempo la bibbia della ristorazione) e TripAdvisor, segno di come la cucina "vip" rischia di piegarsi definitvamente alla logica degli alogritmi.

Obiettivo: difendere la reputazione e denunciare
Se non altro, su social come Facebook i protagonisti di questa becera usanza sono rintracciabili più facilmente. La speranza è che i tribunali continuino a emettere sentenze di questo genere e che albergatori e ristoratori si uniscano per denunciarle. Soprattutto in momento di “magra” come questo, anche difendere la reputazione è un elemento da non trascurare.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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