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Lo sci come bar e ristoranti. Troppa incertezza, riaprire è rischioso ma serve un segnale

Il 15 febbraio gli impianti in zona gialla potrebbero riaprire in due casi: se il nuovo Governo si fiderà del parere positivo del Cts oppure se non dovesse dire nulla e far scadere l'attuale Dpcm. La presidente dei gestori, Valeria Ghezzi spiega che una riapertura coprirebbe solo il 15% del fatturato medio annuale.

di Federico Biffignandi
 
11 febbraio 2021 | 08:31

Lo sci come bar e ristoranti. Troppa incertezza, riaprire è rischioso ma serve un segnale

Il 15 febbraio gli impianti in zona gialla potrebbero riaprire in due casi: se il nuovo Governo si fiderà del parere positivo del Cts oppure se non dovesse dire nulla e far scadere l'attuale Dpcm. La presidente dei gestori, Valeria Ghezzi spiega che una riapertura coprirebbe solo il 15% del fatturato medio annuale.

di Federico Biffignandi
11 febbraio 2021 | 08:31
 

Mentre la neve continua a cadere copiosa sulle montagne italiane sciatori e gestori di impianti restano col fiato sospeso in attesa di capire se dal 15 febbraio ci si potrà riallacciare gli scarponi e dare il via ai motori di seggiovie, skilift e funivie. Dopo il parere positivo del Cts sulla riapertura nelle zone gialle (parere negativo espresso invece per quanto riguarda le località in zona arancione) la palla è passata virtualmente al Governo.

Ma il Governo al momento non c’è, è in formazione e sta vivendo giornate intense di consultazioni e colloqui mettendo da parte gli argomenti bollenti relativi alla pandemia, tra cui appunto lo sci. Un punto morto che non lascia tranquillo nessuno perché se è vero che nel caso in cui nessuno dovesse esprimersi sarebbe un dare il via libera alle riaperture è anche vero che questa sarebbe una modalità poco ufficiale che, forse, non convincerebbe nessuno a riaprire.

Lo sci ripartirà? - Lo sci come bar e ristoranti Troppa incertezza, rischioso riaprire

Lo sci ripartirà?

Quanta incertezza, vale la pena aprire?
E se poi dopo pochi giorni il Governo si esprime e ordina la chiusura dello sci? Che si fa? Insomma, la parola d’ordine è incertezza come del resto vale per tutti i mercati, per informazioni più precise chiedere a bar e ristoranti. Anche perché, va sempre ricordato e sottolineato, non si parla solo di impianti di sci quando si discute di “apertura degli impianti”, ma di turismo invernale in genere con rifugi e alberghi che compaiono come diretti interessati.

Tra gli addetti ai lavori l’umore non è dei migliori. La presidente dell’Anef, Associazione nazionale esercenti funiviari Valeria Ghezzi lo conferma. Da sempre ha spinto e lavorato per concedere al turismo invernale almeno qualche mese di lavoro, ma ha anche sempre precisato che le riaperture non sarebbero state affatto semplici. Anche perché, come per la ristorazione, per mettere in moto un comprensorio sciistico non basta schiacciare su un pulsante.

In un’intervista esclusiva rilasciata a Italia a Tavola, Valeria Ghezzi ha confermato questa tendenza.

Presidente, a che punto è la discussione a livello istituzionale sulle possibili riaperture a partire dal 15 febbraio?
Non lo sappiamo, le informazioni che abbiamo noi come associazione sono quelle che si leggono sui giornali quotidianamente e che tutti possono leggere. Se il Governo non dovesse esprimersi entro il 15 febbraio noi potremmo riaprire, ma a livello mediatico l’attenzione è altissima per cui non credo sarà questo l’epilogo.

In ballo ci sono altre decisioni da prendere che potrebbero favorire o rendere inutile un’eventuale apertura dello sci. Cosa preoccupa più di tutto?
La circolazione tra regioni, sarà fondamentale che il governo conceda il ritorno a viaggiare tra regioni diverse. Per alcune località il problema non sarebbe così grosso, penso ad esempio al Veneto, alla Lombardia e al Piemonte che hanno un bacino urbano attorno alle montagne in grado di riempire le piste, ma per molte altre località questo non sarebbe possibile e taglierebbe fuori dal movimento turistico tutto il sistema ricettivo che non dobbiamo trascurare.

C’è poi sempre il problema di una situazione dei contagi che è sempre altalenante…
Vero ed è il problema principale a monte di tutto. L’impossibilità di prevedere cosa possa succedere da qui a due mesi a livello sanitario impedisce anche di programmare aperture e chiusure, di prevedere dunque tutte le restrizioni. E allora viene da chiedersi se varrà la pena riaprire lo sci: chi se la sentirà di investire tanti soldi per assumere dipendenti stagionali, per le spese di carburante, per l’acquisto e la sistemazione delle attrezzature senza sapere se si potrà andare avanti con continuità o meno?

Valeria Ghezzi - Lo sci come bar e ristoranti Troppa incertezza, rischioso riaprire
Valeria Ghezzi (foto: montagna.tv)

Avete più volte richiesto aiuti statali per affrontare la crisi. La cifra stimata è fissata tra i 4 e i 5 miliardi di euro. Si è mosso qualcosa in questo senso?
Niente, noi di ristori non ne abbiamo mai visti e confidiamo che il nuovo governo consideri di destinare a noi dei fondi per coprire almeno parte di un anno in cui non si è lavorato con tutte le ricadute economiche e sociali disastrose del caso sui lavoratori.

C’è il rischio che, in caso di aperture, l’opinione pubblica possa scagliarsi contro al sistema così come accaduto quest’estate per le discoteche?
Assolutamente sì, ripartire significherebbe avere gli occhi di tutti addosso con le foto di assembramenti o problemi di rispetto delle norme che farebbero il giro dei social in un attimo.

Ammettiamo che lo sci riparta, quali vantaggi ne trarrebbe il mondo del turismo invernale?
Se riusciremo a salvare il 15% del fatturato annuale sarebbe un successo. La sensazione è che ci sia grande voglia di sciare, ma da qui alla possibilità di fare grossi numeri ce ne passa…

E, sempre ammettendo che si ripartirà, gli italiani si fiderebbero di andare a sciare? Per i ristoranti l’entusiasmo è moderato, qualche numero lo si fa soprattutto nel weekend…
Anche per lo sci sarebbe probabilmente soprattutto un turismo da weekend, bisogna anche considerare che sciare costa e il potere di spesa della gente di questi tempi è ridotto. Nonostante questo io ritengo che se si potrà aprire lo si farà più per dare un segnale a tutti che la montagna è viva, per dare qualche soddisfazione agli sciatori. Bisogna

Qualche addetto ai lavori ha ipotizzato che visto che si è rimasti chiusi a Natale e che se si ripartirà, lo si farà a stagione inoltrata, si potrebbe andare avanti con lo sci fino a maggio. È fantascienza o ipotesi seria?
Ipotesi seria. Chi può sfruttare impianti a quote alte e con determinate condizioni favorevoli può pensare di arrivare molto in là con le aperture. È l’anno giusto per provarci, sarebbe un esperimento.

A proposito di esperimenti: lei pensa che alcune delle linee guida tracciate per poter riaprire durante la pandemia possano diventare soluzioni strutturali anche per il futuro?
No, nessuna delle restrizioni diventerà strutturale. Le località sono invitate a fare ogni sforzo possibile per mettersi in linea e garantire la sicurezza della gente, ma saranno metodologie del tutto nuove. Penso soprattutto a quanto si è proposto di fare attraverso la tecnologia, ad esempio con l’acquisto degli skipass online, è una cosa molto nuova e inusuale per il settore, servirà del tempo.

Che effetto fa vedere le montagne coperte da metri di neve, ma senza sciatori e con gli impianti fermi?
Sono stata pochi giorni fa a Cortina per l’inaugurazione dei mondiali di sci alpino e ho respirato per un attimo un’atmosfera di gioia, festa, movimento di cui il turismo invernale ha bisogno, servono eventi di questa portata per riaccendere la miccia. Ce n’è bisogno perché per il resto, girando per lavoro, ho visto paese deserti, spenti ed è stato desolante.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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