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L'appello di Gilmozzi al Trentino: Fateci aprire anche a cena

Lo chef del ristorante stellato El Molin, in val di Fiemme si è rivolto alle istituzioni locali vedendo che dal Governo non c'è disponibilità. «Fateci aprire fino alle 21.30 nel rispetto di tutte le norme», ha detto.

 
03 febbraio 2021 | 17:28

L'appello di Gilmozzi al Trentino: Fateci aprire anche a cena

Lo chef del ristorante stellato El Molin, in val di Fiemme si è rivolto alle istituzioni locali vedendo che dal Governo non c'è disponibilità. «Fateci aprire fino alle 21.30 nel rispetto di tutte le norme», ha detto.

03 febbraio 2021 | 17:28
 

Dopo aver tentato di resistere alle chiusure decise dal dpcm a causa della pandemia virando sull’asporto di pizza e pranzi e dopo aver deciso che non ne valeva la pena rimandando l’apertura del ristorante a fine febbraio, ora lo chef stellato de El Molin Alessandro Gilmozzi (membro Euro-Toques) si espone e chiede l’intervento delle istituzioni regionali per aiutare lui e i colleghi. Al suo appello si è unito anche Paolo Donei stella Michelin ristorante Malga Panna Moena, Jeunes restaurateus.

Alessandro Gilmozzi - L'appello di Gilmozzi al Trentino: Fateci aprire anche a cena

Alessandro Gilmozzi

Per le località turistiche situazione tragica
A Cavalese (Tn) in Val di Fiemme, dove sorge il suo ristorante stellato, questo solitamente è un periodo denso di lavoro grazie ai flussi di turisti elevatissimi, ma non quest’anno sempre per i motivi di cui sopra. Un’altra tegola che arriva dopo molti mesi in cui il settore della ristorazione è rimasto orfano inascoltato dal Governo. E allora Gilmozzi ha voluto riporre fiducia nel territorio trentino e nelle persone che lo abitano ed amministrano, chiedendo ai massimi esponenti della Regione, ascolto ed aiuto concreto.

Anche perchè appellarsi ora al Governo è utopistico dato che Palazzo Chigi è "disabitato" e solo oggi sembra essere stata tracciata la strada per il futuro, con Mario Draghi Premier. In sospeso comunque c'è ancora il parere del Cts sulla possibile riapertura a cena in zona gialla e almeno a pranzo in zona arancione come chiesto da Fipe.

«I nostri ristoranti - ha detto Gilmozzi - sono stati luoghi sicuri per mesi, grazie alle linee guida forniteci dalla comunità scientifica e grazie agli sforzi economici intrapresi dagli operatori al fine di rispettare le normative (in molti casi lo erano anche prima). Abbiamo quindi lavorato in sicurezza, attuando ogni piccola attenzione per garantire un ambiente confortevole e allo stesso tempo sicuro, abbiamo evitato assembramenti offrendo un servizio alla comunità e ai nostri turisti. Continuiamo ad attuare le direttive tuttora, offrendo un servizio sicuro durante gli orari consentiti, ma questo non ci permette tuttavia di sopravvivere e di garantire quindi posti di lavoro».

La richiesta: restare aperti fino alle 21.30
«Abbiamo protocolli sicuri per il pranzo - ha detto che potremmo e vorremmo rispettare anche per garantire la cena. Chiediamo quindi uno sforzo lungimirante ed attento alla nostra provincia, al fine di garantire alle nostre realtà di lavorare fino alle 21.30. Vi chiediamo di riflettere veramente su questa possibilità: che differenza si può trovare tra il pranzo e la cena rispettando i protocolli anticontagio? Che differenza si riscontra tra una cena consumabile in hotel ma non presso un ristorante

Gilmozzi chiede solo il diritto alla sopravvivenza e alla ripartenza facendo rivivere i paesi anche senza poter contare sulla importante presenza turistica. Il lavoro non è solo un mezzo economico, una mera fonte di finanziamento, è speranza, è energia, è crescita e contatto umano. «Le nostre vallate - ha osservato - sono ricche di lavoratori stagionali che, viste le circostanze, si trovano senza fonte di sostentamento. In montagna siamo celebri per essere Persone pronte a rimboccarsi le maniche, lavoratori volenterosi fin dalla giovane età. Questa situazione di incertezza, di forzato ozio portano con sé come conseguenza momenti di profondo disagio non solo economico ma anche soprattutto psichico».

«Siamo tutti consapevoli che l’emergenza sanitaria sia una percettibile realtà - ha proseguito - ma c’è sicuramente un lato ancora ahimè poco scandagliato e molto pericoloso che deve essere portato alla vostra attenzione al fine di prevenire preoccupanti ripercussioni psichiche ed economiche. Chi lavora a contatto con lavoratori nel settore del turismo ne è consapevole: questa situazione tocca da vicino imprenditori e dipendenti in egual modo».

A gennaio 2020, -97% di fatturato su gennaio 2019
Chiusure forzate e/o aperture concesse a metà sono soluzioni che non fanno sopravvivere i ristoranti. In assenza di concretezza da parte dello stato, Gilmozzi chiede aiuto alla sua Provincia e evidenzia un dato personale: - 97% sul fatturato per il mese di gennaio rispetto allo scorso anno. «Potrete ben capire - aggiunge lo chef - che un operatore, anche volendo, non può sostenere i propri dipendenti in alcun modo, bloccando quindi tutta la filiera che lavora di riflesso come produttori, rappresentanti ecc». Lo chef ringrazia la Provincia autonoma per le azioni compiute sin ora ma le ritiene insufficienti e si rende da subito disponibile per un costruttivo e concreto tavolo di confronto. Qualora questo non fosse possibile, chiede che la Provincia ci sostenga con ristori adeguati in base alla perdita di fatturato.

Infine una questione bollente: «Vi pongo - dice Gilmozzi - una sola domanda annessa e lungimirante per il futuro: è giusto che ristoranti, trattorie e pizzerie che difendono la qualità dei prodotti italiani, il km0, la sostenibilità della filiera corta abbiamo lo stesso codice Ateco di celebri hamburgherie multinazionali? I tavoli di lavoro potrebbero quindi essere proficui non solo in tali circostanze, ma anche sul lungo termine al fine di sostenere il nostro grande territorio. Chi difende e sostiene il prodotto regionale ed italiano, e di conseguenza il territorio con tutte le categorie, di riflesso collegate, deve avere una classificazione diversificata».

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