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Tante parole, poche idee, zero fatti. Che caos sulle sorti del turismo

Gli Stati generali del turismo di Sorrento sono stati deludenti. Ancora una volta sono state spese troppe parole vuote di contenuti, nessun fatto concreto e la proposta di un ennesimo tavolo inutile. E così il mondo del turismo continua ad affondare e, se le cose stanno così, rialzarsi sarà un'impresa ardua

di Vincenzo D’Antonio
 
03 marzo 2021 | 08:30

Tante parole, poche idee, zero fatti. Che caos sulle sorti del turismo

Gli Stati generali del turismo di Sorrento sono stati deludenti. Ancora una volta sono state spese troppe parole vuote di contenuti, nessun fatto concreto e la proposta di un ennesimo tavolo inutile. E così il mondo del turismo continua ad affondare e, se le cose stanno così, rialzarsi sarà un'impresa ardua

di Vincenzo D’Antonio
03 marzo 2021 | 08:30
 

Fa tenerezza prendere atto che l’incontro svoltosi a Sorrento è stato ex ante denominato “Stati Generali del Turismo”.
Voluto ed organizzato in tempi brevi dal sindaco di Sorrento Massimo Coppola, ha visto in presenza il ministro del Turismo Massimo Garavaglia ed in collegamento in rete il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca. Successione degli interventi come da galateo istituzionale, bottom up, quindi prima il sindaco, poi il presidente di Regione Campania e poi il Ministro. Cinque considerazioni fondamentali a commento dei lavori.

Poche idee e confuse sul turismo - Tante parole, poche idee, zero fatti Che caos sulle sorti del turismo
Poche idee e confuse sul turismo

Prima considerazione, vaccinazioni troppo lente
Nocivo a tutti ed a tutto, pertanto anche al turismo inteso come parte del tutto e non come settore a sé da privilegiare per quanto importante sia il suo apporto al Pil del Paese, la lentezza grave con la quale si sta procedendo alle vaccinazioni. Mancano i vaccini, mancano le strutture dove fare le vaccinazioni, di certo non mancano i “vaccinandi”. Secondo il libro dei sogni, poco dignitosamente chiamato “programma” dal governo precedente, con il mese di marzo sarebbero cominciate le vaccinazioni per gli ultrasessantenni, invece siamo ancora agli ottantenni ed alle categorie (doverosamente) da priorizzare. Vorremo dire, senza procurare involontaria quanto spropositata facezia, che le vaccinazioni stanno procedendo con una “generazione” di ritardo. Un minimo di buon senso, senza essere scienziati, virologi ed “esperti”, e si capisce che fino a quando non raggiungeremo la soglia critica di vaccinati, sarà sempre un tragico trastullarsi tra zone gialle, arancioni e rosse, con quanto ciò comporta anche in termini di mobilità. E ciò ci porta alla seconda considerazione.

Seconda considerazione, cosa ne è del passaporto vaccinale?
Essa sì, con focus forte sul comparto turistico. Posta l’avvenuta vaccinazione, poco aiuta questo status di “vaccinato” se non lo si può certificare. E “certificare” molto semplicemente e letteralmente significa “fare certo”. Si è parlato di “passaporto vaccinale”.
E’ passaporto che ha valenza duplice parimenti ai flussi turistici che sono come ben sappiamo “incoming” e “outgoing”. Ai fini di soggetti orbitanti nel comparto del turismo, gli “addetti ai lavori” giusto per capirci, il passaporto vaccinale rende tranquillo il turista che arriva. Il quale turista molto probabilmente, per non dire certamente se arriva dall’estero, è anch’egli vaccinato. In ottica ribaltata, in outgoing, il passaporto vaccinale ci mette, noi turisti, nella condizione di poter viaggiare senza il rischio del “foglio di via” che nell’impedire accessi a destinazioni programmate nei fatti indurrebbe all’immediato ritorno a casa. 

Notiamo come il passaporto vaccinale ha un suo efficace effetto centripeto: mette vicini (al centro) i vaccinati, così consentendo relazioni normali nella nuova normalità. Di contro vi è effetto centrifugo per i non vaccinati, espulsi dal centro delle community verso le periferie costituite da quanti, quale ne sia la motivazione, non risultano vaccinati. Riportare il Paese ad incoming paragonabile a quello dell’era pre Covid, significa che (quasi) tutti dobbiamo essere vaccinati e dobbiamo essere messi nelle condizioni di certificare questo status: ecco la necessità del passaporto vaccinale. Una postilla circa la nuova normalità: vita di relazione, human touch, ma comunque dimenticandoci assembramenti. Impensabile personale di sala, di cucina, di accoglienza, sprovvisti di mascherina, igiene carente nei luoghi pubblici. Luoghi pubblici, per definizione, mai affollati. Ristoranti che mai potranno essere affollati, neanche quando saremo in zona bianca. Ristoranti che dovranno riorganizzarsi e che per intanto soffrono il grave disagio. Ciò ci conduce alla terza considerazione.

Terza considerazione, che fine hanno fatto i ristori?
I ristori. Ci sono, non ci sono. Sono arrivati tardi, non ancora sono arrivati. Sono di importi incongrui perché calcolati male.
La situazione dei ristori è oramai tragicamente paradossale. Sono praticamente indispensabili per la decente sussistenza di centinaia di migliaia di persone, sospinte ai margini del vivere civile a causa della sospensione prolungata delle attività. Sono beffardamente aiuti atti a prolungare lo stato preagonico se il ricevente che, ribadiamolo, ne ha diritto sacrosanto, confonde lo status di “aiuto” circoscritto nel tempo, con una sorta di sussidio reddituale di lungo tempo. Chi si attarda sulla linea del ristoro fine a se stesso incontrerà non poche difficoltà nella ripartenza.

Ha senso, è obbligo civico ed etico, erogare i ristori per i motivi suddetti. Denota scarsa lungimiranza il non erogare ristori ulteriori (ristori di scopo) finalizzati al conseguimento delle nuove skills di cui gli operatori del comparto turistico dovranno dotarsi per lavorare bene quando potremo di nuovo “fare turismo”. Nuove skills, ma anche strutture opportunamente dotate di nuovi standard, per non parlare di nuove infrastrutture (rete dei trasporti e rete digitale prime fra tutte). Ed eccoci alla quarta considerazione: i soldi.

Quarta considerazione, Recovery plan a che punto siamo?
Il Recovery Plan. Ma questi soldi del Recovery Plan  arrivano o non arrivano? Ma sì che arrivano, ne siamo certi. Sì, ma quando? E quanti? Ma dovremo restituirli (dovranno restituirli gli infanti di oggi) oppure sono un grazioso cadeaux ? Nelle more ci si accapiglia su come spenderli, facendo confusione, molto probabilmente voluta, tra spesa corrente ed investimenti. Il comparto del turismo dovrebbe beneficiarne prima degli altri e più degli altri perché è strategico per il nuovo sviluppo del Paese. Sì, appunto, ma per spesa corrente che il più delle volte significa soldi a pioggia a soddisfacimento di voraci clientele oppure per investimenti strategici atti, essi sì, a dare volto nuovo e vincente all’offerta turistica del Belpaese? E qui subentra la quinta considerazione.

Quinta considerazione, mancano le idee
Terrorizza la constatazione di quanto carente sia attualmente quella che è, in momento di flesso epocale, la risorsa più preziosa. Più preziosa del denaro. La risorsa preziosa di cui vi è paurosa carenza, sono le idee! Le idee forza, quelle idee capaci di fare immaginare lo stato desiderato futuro, concorrere a progettarlo e poi ad attuarlo. Certo, immigrano braccia (comunque necessarie), soggetti sbandati e/o facilmente sbandabili, lavoratori del sommerso, ed emigrano i migliori cervelli a cui, come sia, un’istruzione decente la si è pur data se poi trovano accoglienza e lavoro nei centri di ricerca e nei think tank delle multinazionali.

Troppi "faremo" e pochi fatti
Arriviamo alla conclusione che, magia di un ragionamento, ci riporta all’incipit, quando abbiamo affermato che fa tenerezza l’atto politico, comunque lodevole e coraggioso del sindaco di Sorrento, nel denominare “Stati Generali del Turismo” la tranquilla successione degli interventi tenutisi secondo cliché. Pericolosamente onnipresente la sindrome da “primo mattino del mondo”. Il ministro Garavaglia, ma ci avremmo giurato, ha proposto un “tavolo” con le regioni. Un “tavolo” non si nega a nessuno. A cosa poi serva davvero è dettaglio di poco conto. La sindrome da “primo mattino del mondo” e quindi quella frase che non manca mai “è necessario fare sistema”. E poi il rosario dei “faremo”. Ahi, quanti “faremo”.  Ma fino a questo incontro, dove stavate?

La posizione acquisita dall’Italia nel ranking delle destinazioni preferite dal turismo mondiale sarà messa in discussione e vincerà quella destinazione Paese che per prima potrà dirsi in maniera documentabile che è “Covid free”. Ma poi non sarà più sufficiente neanche essere “Covid free” dal punto di vista sanitario, ma in accezione globale: scevra dalle gabbie di pensiero dell’epoca pre-Covid. Insomma, sarà vincente chi avrà saputo  prendersi il rischio dell’innovazione. Si tratta di passare dalla “resistenza alla pandemia” alla “reazione alla pandemia”, onde rafforzare la capacità competitiva nel mercato globale.

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