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Tifosi inglesi e ucraini, state a casa. L'Italia non può permettersi rischi per una partita di pallone

Il 3 luglio, all'Olimpico di Roma, si gioca Inghilterra-Ucraina valida per i quarti di finale di Euro 2020. Appuntamento che rischia di trasformarsi un una polveriera sanitaria di cui l'Italia non ha bisogno. Turismo e ristorazione non possono permettersi altre chiusure e hanno bisogno di controlli in strada e nelle piazze e non allo stadio

01 luglio 2021 | 18:55
Inghilterra-Ucraina si gioca sabato 3 luglio allo stadio Olimpico di Roma Tifosi inglesi e ucraini, state a casa L'Italia non può permettersi rischi
Inghilterra-Ucraina si gioca sabato 3 luglio allo stadio Olimpico di Roma Tifosi inglesi e ucraini, state a casa L'Italia non può permettersi rischi

Tifosi inglesi e ucraini, state a casa. L'Italia non può permettersi rischi per una partita di pallone

Il 3 luglio, all'Olimpico di Roma, si gioca Inghilterra-Ucraina valida per i quarti di finale di Euro 2020. Appuntamento che rischia di trasformarsi un una polveriera sanitaria di cui l'Italia non ha bisogno. Turismo e ristorazione non possono permettersi altre chiusure e hanno bisogno di controlli in strada e nelle piazze e non allo stadio

01 luglio 2021 | 18:55
 

Il pallone non è un passaporto. Se lo mettano bene in testa i tifosi di Inghilterra e Ucraina. Ma pure le istituzioni chiamate a vigilare sulla sicurezza della partita di Euro 2020 che si giocherà allo stadio Olimpico di Roma sabato 3 luglio. L’Italia non può permettersi passi indietro per una partita di calcio mentre il turismo si prepara a entrare nel picco della stagione estiva, la ristorazione sta assaporando un po’ di libertà e i clienti tornano con fiducia nei locali. Dopo tanti “no” incomprensibili, è ora che ne arrivi uno sacrosanto: stop alla trasferta a qualsiasi costo, controlli serrati e rispetto delle regole. Quelle che ci hanno portato, a fatica, alla situazione in cui fortunatamente ci troviamo ora e che è sempre sospesa in attesa di capire l'evoluzione della variante Delta (che ha il suo epicentro proprio nel Regno Unito).

Inghilterra-Ucraina si gioca sabato 3 luglio allo stadio Olimpico di Roma Tifosi inglesi e ucraini, state a casa L'Italia non può permettersi rischi

Inghilterra-Ucraina si gioca sabato 3 luglio allo stadio Olimpico di Roma


Tifosi inglesi e ucraini, tifate dal divano!

Con la vittoria della nazionale inglese di calcio contro la Germania è subito scattato l’allarme per il possibile arrivo nel nostro Paese dei tifosi si Sua Maestà. Peccato che, causa Brexit, la Gran Bretagna non faccia più parte dell’Unione Europea e non valgano per i suoi cittadini le regole d’ingaggio introdotte con il green pass europeo. Resta quindi attiva l’ordinanza del ministero della Salute emanata il 21 giugno: per chi arriva dalla Gran Bretagna o coloro che sono stati nel Regno Unito nei 14 giorni precedenti, anche se vaccinati, scatta una quarantena di 5 giorni con obbligo di tampone al termine del periodo di isolamento. Limitazioni chiare già prima della partita dello scorso 29 giugno. Quindi niente scuse per un esodo di massa verso la Capitale.

Un’eventualità che anche il governo britannico si è subito sbrigato a disinnescare: «La nostra richiesta è di tifare la nazionale da casa e di esultare davanti alla tv più forte che si può. Sono sicura che coglieremo questa opportunità per supportare il più possibile la nostra fantastica squadra inglese», ha affermato Anne-Marie Trevelyan, sottosegretaria al Commercio. Messaggio che sembra quasi un tentativo di riconciliare i rapporti dopo che proprio la Gran Bretagna è stato il primo Paese a implementare le limitazioni sui viaggi verso il Vecchio Continente all'inizio della pandemia per poi ritrovarsi invasa dal virus che, all'epoca, sembrava - pregiudizialmente - solo un problema italiano (e di gestione italiana).

Stessa cosa vale anche per i tifosi ucraini. Le regole per entrare in Italia dal paese dell’Europa dell’est parlano chiaro: escluse tutte le persone che non siano residenti nel nostro Paese o che non abbiano una relazione affettiva comprovata e stabile con cittadini italiani, Ue o Schengen. Non solo, anche in caso di queste fattispecie, chi arriva dall’Ucraina deve disporre di un certificato che attesti il risultato negativo di un test effettuato nelle 72 ore precedenti all’ingresso nel nostro Paese e sottoporsi a un autoisolamento fiduciario di 10 giorni al termine del quale c’è l’obbligo di effettuare un ulteriore tampone. E visto che la vittoria contro la Svezia è arrivata sempre il 29 giugno anche per i tifosi della squadra allenata da Shevchenco non c’è spazio e tempo per recarsi all’Olimpico.

Il triste ricordo di Atalanta-Valencia 

Meglio così. Nessuno vuole rivivere le conseguenze di quanto accaduto dopo Atalanta-Valencia, match di Champions’ League del 19 febbraio 2020 a San Siro. Evento indicato da molti esperti come l’innesco dell’ondata pandemica che ha colpito la provincia di Bergamo. Certo, all'epoca il Covid era una "malattia cinese" e di vaccini ancora non si sentiva parlare. Ma comunque 16mila persone, per quanto distanziate, attese all'Olimpico fanno un certo effetto in questa "nuova normalità". Al momento, il 68% dei biglietti è stato venduto mentre i 2.500 biglietti ciascuna riservati alla federazione inglese e ucraina molto probabilmente non saranno utilizzati.

Controlli a tappeto per una partita mentre si sussuegono gli episodi di malamovida

Eppure, nonostante tanta chiarezza delle norme, il Viminale si è subito mosso per organizzare una task force apposita con controlli maggiorati in aeroporti, stazioni e autostrade. Livello di attenzione aumentato anche in vista della partita nei pressi della fan zone allestita in Piazza del Popolo a Roma. Una decisione che stride con il lassismo dimostrato in più occasioni e ripresentatosi nelle ultime settimane in cui, con l’avvicinarsi della zona bianca, piazze e strade delle città sono diventate teatri di episodi di malamovida che hanno fatto il giro della rete e in cui – purtroppo – si vedevano coinvolti spesso molti giovani. Dov’erano le forze dell’ordine quando gli aperitivi si trasformavano in risse? Quando il coprifuoco veniva bellamente ignorato per un altro giro di drink? Una mancanza che ha messo in difficoltà, per primi, i gestori dei locali presi fra l’incudine della crisi economica innescata dalla pandemia e il martello dei residenti che non potevano (e non possono tutt'ora) tollerare certi comportamenti.

Green pass strumento essenziale per il futuro della ripresa (a partire dalle discoteche)

Il tutto per non parlare del green pass. Lo strumento che permette ai cittadini europei di spostarsi sul territorio comunitario è entrato in vigore, dopo una lunga fase di gestazione, l'1 luglio (e già 200 milioni di persone lo hanno scaricato sui propri device o stampato in formato cartaceo). E non senza criticità da risolvere. Nonostante ciò, come ha ribadito la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, il certificato verde è «il simbolo di un'Europa aperta e sicura che si sta aprendo con cautela mettendo al primo posto la tutela della salute dei nostri cittadini».

Nessuno vuole mettere a repentaglio tutto ciò. Soprattutto in Italia dove, per restare in tema di green pass, c'è ancora chi sta aspettando di capire quali saranno le norme per ripartire. Stiamo parlando delle discoteche che, nonostante tutta la buona volontà su protocolli e regole di comportamento (per non parlare dell'esborso per la messa a norma dei locali) ancora non hanno una data da segnare sul calendario sebbene ci sia ampia disponibilità da parte dei gestori a utilizzare il massimo della cautela possibile nonché tutti gli strumenti per certificare lo stato di immunizzazione degli avventori.

Status che, secondo Bruxelles, dovrebbe essere certificato anche per partecipare a concerti, festival, congressi, fiere e pure al ristorante. Una posizione, quest'ultima, che Italia a Tavola ha portato avanti da subito consapevoli che solo il rispetto di regole chiare e oggettive può agevolare la ripresa dell'ospitalità. Patti chiari, amicizia lunga. E che ognuno guardi la partita a casa sua. O al massimo nel bar di fiducia. Che su regole e protocolli da seguire ormai sembra ben più avanti degli stessi ministri e sottosegretari che le hanno validate ma sembrano dimenticarsene a ogni triplice fischio.





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