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Dall’Alto Adige alla Sicilia, Chardonnay protagonista in Italia

Lo Chardonnay si trova praticamente in tutte le regioni d’Italia. Le denominazioni di origine che permettono l’utilizzo di questo vitigno sono circa una sessantina, di cui quattro Docg (Alta Langa, Franciacorta, Oltrepò Pavese e Rosazzo). Viene impiegato sia come monovitigno sia in uvaggio

di Piera Genta
01 maggio 2021 | 12:00
Dall’Alto Adige alla Sicilia, Chardonnay protagonista in Italia
Dall’Alto Adige alla Sicilia, Chardonnay protagonista in Italia

Dall’Alto Adige alla Sicilia, Chardonnay protagonista in Italia

Lo Chardonnay si trova praticamente in tutte le regioni d’Italia. Le denominazioni di origine che permettono l’utilizzo di questo vitigno sono circa una sessantina, di cui quattro Docg (Alta Langa, Franciacorta, Oltrepò Pavese e Rosazzo). Viene impiegato sia come monovitigno sia in uvaggio

di Piera Genta
01 maggio 2021 | 12:00
 

Di per sé lo Chardonnay è un vitigno “neutro”, con buona acidità e una nota profumata di mela e frutta esotica, ma sono il terroir dove viene impiantato e il tipo di invecchiamento in botte che ne fanno un vino prestigioso. Ha un’incredibile varietà di componenti aromatiche, che emergono in modi diversi a seconda dei terreni e dei climi dove viene coltivato. In un territorio caldo acquista un colore oro e sviluppa aromi di caramello e frutta tropicale. Se invece proviene da una regione fresca, il colore è verde scintillante e più chiaro. Nel gusto si sente la mela e la vivace acidità.

Le sue origini sono incerte, ma l’area storica di coltivazione si trova in Francia. Ricerche genetiche hanno dimostrato che è il risultato di un incrocio spontaneo tra Pinot Nero e Gouais Blanc, un vitigno di origine slava di grande vigoria. Probabilmente a causa di errori di vivaisti, per molti anni è stato confuso con il Pinot Bianco e solo nel 1903, per la prima volta, viene separato da questo vitigno nell’“Ampélographie: Traité général de viticulture” di Pierre Viala e Victor Vermorel. A partire dal 1978 viene considerato un vitigno a sé, mentre fino agli anni ‘80 circolò sul mercato un vino chiamato Pinot Chardonnay.

Dall’Alto Adige alla Sicilia, Chardonnay protagonista in Italia



Con una superficie totale di 160mila ettari si trova quasi in tutto il mondo: negli Usa 44.500 ettari soprattutto in California e poche migliaia di ettari nell’Oregon e nello stato di Washington; in Francia 35.200 ettari suddivisi tra Bourgogne, Jura, Champagne, Loire Valley, Midi, Charentes; in Australia circa 22.500; in Italia 20mila; in Moldavia 6mila; in Sudafrica e Cile quasi 8mila; in Argentina 5mila. A seguire Slovenia, Nuova Zelanda, Spagna, Bulgaria, Romania, Israele, Portogallo, Ungheria, Grecia, Cina, Uruguay, Brasile, Canada, Austria, Belgio, Cipro, Malta, Marocco, Crimea, Germania, Repubblica Ceca, Lussemburgo, Regno Unito, Svizzera, India, Giappone, Messico.

L’inizio della coltivazione in Italia nell’800

L’Italia, soprattutto nella fascia subalpina, vanta una lunga tradizione nella coltivazione di questo vitigno. In Piemonte lo troviamo in diverse collezioni ampelografiche già nel XVIII secolo, ma il suo arrivo lo si deve al marchese Filippo Antonio Asinari di San Marzano, diplomatico al servizio dei Savoia e di Napoleone. Al suo rientro dalla Francia, il marchese Asinari portò con sé alcune barbatelle di Chardonnay provenienti da Montrachet, che furono messe a dimora a Costigliole (At). I viticoltori piemontesi non avevano molta simpatia per i vitigni stranieri, perché li credevano ingiustamente essere portatori di malattie. Nel 1979 il primo vigneto di Chardonnay fu piantato a Treiso (Cn) da Angelo Gaja (il vino “Gaja & Rey” è dedicato alla figlia primogenita di Angelo e alla nonna Clotilde Rey). Dieci anni dopo fu piantato un nuovo vigneto a Serralunga (Cn). È stato il primo bianco italiano maturato in barrique e lo possiamo considerare un bianco con la struttura di un rosso.

Diffusione in tutta la Penisola

Lo Chardonnay si trova praticamente in tutte le regioni d’Italia, con alcune zone di elezione, da solo o accompagnato da altre uve in blend. La Cantina Grosjean in Valle d’Aosta, ad esempio, ne produce due versioni di cui uno con un passaggio di 12 mesi in barrique. Altra azienda valdostana è Les Crêtes di Aymavilles, di proprietà della famiglia Charrère, che produce la Cuvée Bois, un vino ai vertici della qualità nazionale e internazionale nato dall’incontro e dalla condivisione della potatura a gobelet e dell’élevage del vino di Costantino Charrère con il Conte Gagnard de la Grange, viticoltore di Puligny Montrachet.

In Alto Adige la Colterenzio di Cornaiano è stata una delle primissime cantine a credere fortemente nel potenziale del vitigno. Nel 1983 lo ha commercializzato come vino da tavola, negli anni successivi mise sul mercato diversi Chardonnay affermandosi come “la cantina dello Chardonnay altoatesino” per eccellenza. È stata la cantina di San Michele Appiano nel 1982 a vinificarlo per la prima volta in purezza. La Cantina Tramin ha lanciato con la vendemmia 2015 “Troy”, uno Chardonnay di alta montagna coltivato in due vigneti ad un’altitudine di 500 metri sul livello del mare. Lo Chardonnay di Tenuta Schweitzer è coltivato nella zona di Merano in un vigneto caratterizzato da esposizioni solari e termiche differenti.

Nel cuore del Friuli Colli Orientali il Castello di Buttrio, la maison di Alessandra Felluga, ha in produzione con la vendemmia 2019 una novità, un blend di Chardonnay e altri vitigni, la riserva Uve Carate (il nome ricorda l’unità di misura dei diamanti), in vendita dal prossimo 2022. Un nettare prezioso perché si scelgono le partite migliori dell’annata. In provincia di Treviso la Tenuta Setten produce uno Chardonnay dedicato alla villa Aganoor dove visse Vittoria Aganoor, poetessa e scrittrice di origine armena. Cantina Tollo, società cooperativa agricola sulle colline abruzzesi, produce lo Chardonnay Cretico invecchiato in barrique.

Oggi lo Chardonnay è coltivato in tutte le regioni; come al solito per i vini bianchi, sono Friuli e Alto Adige le zone predilette che danno più soddisfazione. Le denominazioni di origine che permettono l’utilizzo dello Chardonnay sono circa una sessantina, di cui quattro Docg (Alta Langa, Franciacorta, Oltrepò Pavese e Rosazzo) e trova spazio sia come monovitigno sia in uvaggio.

Dall’Alto Adige alla Sicilia, Chardonnay protagonista in Italia


Franciacorta Docg

La Franciacorta è un grande triangolo nel cuore della Lombardia, affacciata sulle sponde del Lago d’Iseo, in un’area di circa 200 km quadrati che comprende 19 comuni della provincia di Brescia con 1.500 ettari vitati. Il suolo di origini moreniche ha come caratteristiche fondamentali un’enorme ricchezza di minerali aggiunti e diversi da quelli derivati solo da rocce presenti in loco, il che costituisce la base fondamentale per una viticoltura di qualità. È la più giovane delle aree per la produzione dello spumante metodo Classico italiano.

Il Consorzio Franciacorta nasce il 5 marzo 1990 a Corte Franca con lo scopo di garantire e controllare il rispetto della disciplina di produzione del vino Franciacorta. A identificare questo vino, prodotto esclusivamente con il metodo della rifermentazione in bottiglia, è il nome della regione geografica, dove crescono le sue vigne Chardonnay, Pinot Nero e Pinot Bianco. Una sola espressione (Franciacorta appunto) che definisce un territorio, un metodo di produzione e un vino. Doc nel 1967 e Docg nel 1995.

Alta Langa Docg

Un progetto nuovo che vanta un’origine antica. Fu Carlo Gancia ad utilizzare i vitigni francesi, Pinot e Chardonnay che aveva piantato nel circondario di Canelli, per produrre i suoi spumanti. Solo nel 1990 vengono avviati i lavori che sono conosciuti come “Progetto Spumante Metodo Classico in Piemonte” a cura di Cinzano, Contratto, Fontanafredda, Gancia, Martini&Rossi, Riccadonna e vini Banfi. Nel 2001 nasce il Consorzio Alta Langa con 48 soci di cui 41 viticoltori e le prime 7 Case spumantiere. Nel 2011 l’Alta Langa ottiene la Docg con il riconoscimento retroattivo fino alla vendemmia 2008. Oggi sono 125 soci di cui 90 viticoltori e 35 Case spumantiere su 300 ettari di vigneto (1/3 Chardonnay e 2/3 Pinot Nero).

La zona di origine dello spumante Alta Langa comprende la fascia collinare delle province di Asti, Alessandria e Cuneo situata alla destra del fiume Tanaro. I vigneti possono essere posizionati solo in collina, assolutamente vietati i terreni di fondovalle. L’Alta Langa Docg viene prodotto con Pinot Nero e Chardonnay, in purezza o insieme in percentuale variabile; può essere bianco o rosé, brut o pas dosé e ha lunghissimi tempi di affinamento sui lieviti, come prevede il severo disciplinare: almeno 30 mesi. È esclusivamente millesimato, riporta cioè sempre in etichetta l’anno della vendemmia.

Rosazzo Docg

È un vino bianco prodotto in una piccola area a est di Udine, in Friuli-Venezia Giulia. La denominazione è nata nel 2011 dalla sottozona Rosazzo che faceva parte della denominazione Colli Orientali del Friuli Doc. Il disciplinare prevede un’unica tipologia di vino, prodotto per più del 50% con uve di Friulano.

Oltrepò Pavese Docg

È un crocevia di quattro regioni: Lombardia, Piemonte, Liguria ed Emilia Romagna. In questo territorio passa il 45° parallelo considerato la latitudine nord ideale per la viticoltura. L’Oltrepò Pavese metodo Classico è un vino spumante che nel 2007 ha ricevuto il marchio Docg.

Trentodoc

Prima denominazione italiana dedicata esclusivamente al metodo Classico. Fu Giulio Ferrari che credette per primo nello Chardonnay, promuovendone l’introduzione dalla Borgogna e dalla Champagne nel 1902. Nel 1993 il metodo Classico trentino ottiene il riconoscimento della Doc e nel 2007 nasce ufficialmente il marchio collettivo territoriale Trentodoc. È un territorio montano caratterizzato da un clima alpino, con un bacino idrico importante quale il lago di Garda. Circa il 50% della superficie trentina è vitata, e la produzione di spumante ha qui un ruolo prevalente, con circa 800 ettari complessivi occupati dalla Trento Doc.

Dall’Alto Adige alla Sicilia, Chardonnay protagonista in Italia


Francia

In Francia si ricavano diverse espressioni dallo Chardonnay, alcune delle quali ormai entrate nella mitologia enologica. Il più conosciuto è lo Champagne, dove lo Chardonnay diventa protagonista sia nei blanc de blancs, sia in uvaggio con il Pinot Noir. Domaine Christophe, nella zona fredda di Chablis nell’alta Borgogna, coltiva in totale quasi30 ettari, con una certificazione francese improntata sul rispetto dell’equilibrio naturale e della biodiversità. Di recente è importato anche in Italia.

In Côte de Beaune 3 comuni rappresentano il vero riferimento mondiale per lo Chardonnay: Mersault, Puligny-Montrachet e Chassagne-Montrachet. Formano il “Triangolo d’oro” dello Chardonnay perché i tre villaggi rappresentano tre stili diversi di un unico vitigno; considerati i vini bianchi migliori al mondo, arrivano alla piena maturità di solito verso i 10 anni con vinificazioni e affinamenti in legno. Mersault è la zona in assoluto con più ettari vitati a Chardonnay. Qui lo stile si esprime in “burroso”. Puligny-Montrachet assieme a Chassagne-Montrachet sono il territorio dei più celebrati grand crus della Borgogna in bianco, tra cui spiccano Le Montrachet Aoc e Bâtard-Montrachet Aoc. Più a sud fino a Maconnais, dove i vini sono pensati per essere consumati in gioventù.

Un altro stile di Chardonnay popolare in Borgogna è spumantizzato nella versione Crémant. Il Crémant de Bourgogne è un vino spumante metodo Classico a base Chardonnay e Pinot Noir ma viene prodotto spesso anche come blanc de blancs. Le uve provengono generalmente dai vigneti più freddi.

Resto del mondo

Fuori dall’Europa, lo Chardonnay trova ampia diffusione nel nord della California, in Sonoma e Napa Valley, dove il gusto si arricchisce fortemente di sentori vanigliati e burrosi, frutto di passaggi in barrique nuove. E ancora nell’Australia del sud, in Nuova Zelanda e Sudafrica, Cina e Giappone. Nei climi più freschi, tipo Auckland in Nuova Zelanda o la Hunter e la Clare Valley, lo Chardonnay riesce a sviluppare tutta la sua carica agrumata e tropicale e una freschezza inaudita. Perfino in Tasmania troviamo lo Chardonnay, dov’è vinificato come base di spumanti in continua crescita qualitativa. In Austria con lo Chardonnay si producono grandi vini dolci chiamati Trockenbeerenauslese.

Alcune curiosità sullo Chardonnay

Cervaro della Sala di Antinori è un vino iconico. È stato, infatti, uno dei primi bianchi italiani ad essere fermentato e affinato in barrique. Renzo Cotarella nel lontano 1985 produce la prima annata di questo grandissimo vino con uve Chardonnay, con l’idea di produrre un vino bianco che fosse adatto al lungo invecchiamento, fermentato e affinato in barrique.

Lo Chardonnay possiede una grande duttilità tecnica. Un’uva dalla quale si possono ottenere tutte le tipologie di vini, dallo spumante al vino fermo al passito, e che si presta quindi a tutte le vinificazioni, per vini adatti dall’aperitivo al dolce. Tra i passiti possiamo citare: Chardonnay Passito della Cantina Pardellerhof in Trentino; Alto Adiger Chardonnay Passito “Aurum” Doc del Maso Happacherhof; Sole d’autunno del Maso Martis; Sebino Chardonnay Passito Brolo dei Passonidell’azienda Ricci Curbastro in Franciacorta; Passito Alto Mincio Igp Dolce Volpe dell’azienda Bertagna in provincia di Mantova.

24 marzo 1976, una data ricordata come “The Judgment of Paris”, una degustazione alla cieca organizzata da Steven Spurrier, sommelier britannico con un’enoteca a Parigi, nella quale gli Chardonnay di Borgogna vennero battuti da un californiano, Château Montelena 1973 di Calistoga, a nord di San Francisco. George M. Tabor, giornalista della rivista Time, unico giornalista presente alla degustazione, ne ha scritto un libro; Randall Miller, regista americano, ne ha fatto un film, “Bottle Shock”, distribuito in Italia con il titolo di “Napa Valley, la grande annata” e Luca Balbiano ne ha parlato in un episodio del suo Winewave su Facebook.

Dall’Alto Adige alla Sicilia, Chardonnay protagonista in Italia


Al concorso Chardonnay du Monde premiati due vini italiani

Lo scorso marzo si è conclusa la 28ª edizione di Chardonnay du Monde presso Château des Ravatys, tenuta vinicola dell’Istituto Pasteur a Saint Lager in Borgogna. La competizione organizzata dall’associazione Forum Oenologie premia i migliori vini a base Chardonnay di tutto il mondo. Quest’anno erano in gara 604campioniprovenienti da 36 Paesi. Tra le 194 medaglie assegnate, ci sono anche due etichette italiane premiate con la medaglia d’argento e precisamente il Cusora Chardonnay Sicilia Doc di Caruso & Minini e lo Chardonnay Lazio Igt di Casale del Giglio. La Francia ha conquistato invece 30 medaglie d’oro.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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