“Azienda dalla doppia anima” è stata definita da qualche esperto, l’azienda agricola Pighin, di Rosano, frazione di Pavia di Udine, centro distante 10 chilometri dal capoluogo friulano. Infatti, la Pighin è conosciuta per i vigneti ordinati e curatissimi che possiede nella pianura friulana - con al centro una bellissima villa storica - ma, anche, per le belle vigne di Spessa di Capriva, nel cuore del Collio. E, quindi, affermazione più che realistica, perché i terreni sono molto diversi per clima e per conformazione geologica, però vocate per le produzioni di qualità. Ed è una superficie importante quella di Pighin: 160 ettari di vigna, di cui 30 a Capriva, dove il sole c’è sempre, come pure il soffio di borina (quasi simile alla bora triestina) - grazie alla collocazione delle vigne, simile ad in anfiteatro romano - che evitano alle vigne di essere attaccate dalle malattie tipiche della vite.
Ribolla Gialla, Friulano, Malvasia
Un habitat fantastico, inoltre, per i vitigni autoctoni del Collio, che Roberto Pighin vuole fare conoscere meglio ai consumatori italiani di quelle contrade dove la sua produzione non è adeguatamente presente nella ristorazione e nelle enoteche che contano. Per dare l’avvio a questa sorta di politica commerciale espansiva, Pighin ha organizzato una degustazione a Milano per presentare tre bianchi tipici del Collio - Ribolla gialla, Friulano, Malvasia - abbinati ai piatti che Elio Sironi, chef di Ceresio 7, ha appositamente studiato per questo evento.
Così, per tre bianchi vinificati e affinati in acciaio - “per i bianchi, non siamo molto amici del legno”, dice Roberto Pighin - gli abbinamenti sono stati la battuta di sorana con la Ribolla gialla Collio doc 2018 (vino di straordinaria finezza, ulteriormente esaltata dalle note mandorlate e dalla pulizia che caratterizza tutta la produzione dell’azienda friulana); per il Friulano bianco Collio 2018, è stato servito il piatto di “paccheri, funghi e fumetto all’amatriciana”: un matrimonio perfetto, con l’eleganza del vino che si è presentato, fra l’altro, con una nota di liquirizia davvero accattivante; la Malvasia Collio bianco doc 2018 - molto spesso ritenuto un vino un po' volgarotto - lo chef ha puntato sul Parmigiano vacche rosse con pinzimonio e composta di frutta, che ha decisamente sfatato la diceria di essere un prodotto non proprio signorile, perché le note citrine del pompelmo rosa, unitamente a quelle di nocciola e nuances che virano sull’aromaticità, hanno permesso di degustare un vino che possiamo definire “nuovo": fresco, pulito, sapido e con una bella persistenza.
Se è vera la diceria, beh, Pighin ha nobilitato, come d’altronde e nel suo stile, anche la Malvasia. Con il nuovo enologo, Cristiano Peres, che ha sostituito lo storico enologo Paolo Valdesolo andato in pensione, i Pighin pare che stiano sperimentando una cuvée dei tre grandi autoctoni friulani, pensando anche ad una fermentazione, di una piccola quantità, in tonneau per apportare un po' di struttura e personalità ad un vino che dovrebbe rappresentare la sintesi di una terra che curata bene, permette di produrre vini puliti, piacevoli, di pronta beva e con una personalità inconfondibile. Noi ci siamo riusciti, dice orgoglioso Roberto Pighin, presentando a Milano i tre autoctoni prodotti nel cuore del Collio, che rappresentano solo una minima parte delle 900mila bottiglie prodotte ogni anno.
Per informazioni:
www.pighin.com