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Il Nero Buono delle Colline Pontine e come i piccoli viticoltori resistono alla crisi

A Cori, borgo nato 7 secoli prima di Roma, si fa un vino in quantità limitatissima e molto apprezzato, da vitigno autoctono registrato ufficialmente nel Catalogo Nazionale Varietà di Vite

di Mariella Morosi
 
23 marzo 2021 | 09:30

Il Nero Buono delle Colline Pontine e come i piccoli viticoltori resistono alla crisi

A Cori, borgo nato 7 secoli prima di Roma, si fa un vino in quantità limitatissima e molto apprezzato, da vitigno autoctono registrato ufficialmente nel Catalogo Nazionale Varietà di Vite

di Mariella Morosi
23 marzo 2021 | 09:30
 

È sempre la terra, la buona terra, a far vedere "oltre" questo problematico presente che ha colpito fortemente il comparto vino. È un contesto, questo, che evidenzia anche la differente situazione tra le grandi imprese multicanale del vino in territori blasonati e quelle di dimensione limitata che forniscono vini essenzialmente a ristoranti ed enoteche puntando sull'unico claim della qualità.

Il Nero Buono prodotto da vitigno autoctono Il Nero Buono delle Colline Pontine La resistenza dei piccoli viticoltori

Il Nero Buono prodotto da vitigno autoctono


Il Nero Buono di Cori
A Cori (Lt), borgo pontino nato sette secoli prima di Roma, si fa un vino speciale in quantità limitatissima ma molto apprezzato: il Nero Buono, da vitigno autoctono registrato ufficialmente nel Catalogo Nazionale Varietà di Vite dal 1971.
L'area vitata non supera i 400 ettari e Roberto Palombelli, titolare dell'Azienda Agricola "I Lori", è un esempio di quell'imprenditorialità agricola che sa di poter puntare solo sulle proprie forze guidate da una passione quasi innata per chi vive per e dalla terra. Ha creduto fin dall'inizio nel lavoro cominciato dal padre contadino e che spera sarà proseguito dal maggiore dei tre figli, 16 anni, studente di agraria.

La risposta alla pandemia
Ma come ha vissuto questo vignaiolo, in un territorio neppure particolarmente blasonato e ancora tutto da scoprire, la crisi imposta dal lockdown? Ha piantato, reimpiantato e sperimentato nei suoi 24 ettari di vigneto perché la natura non conosce soste e sa bene che la terra va accompagnata nel suo quotidiano miracolo.

La forza della sua produzione all'insegna del meglio è proprio il Nero Buono, quel vino dal profilo aromatico unico che qui da sempre chiamano "Bono" ma che è sempre più apprezzato dal mercato come "Nero di Cori".

Il vitigno autoctono
Questo vitigno autoctono prospera sulle terre laviche delle colline coresi e oggi viene rilanciato per le sue particolari caratteristiche qualitative, simbolo di una rinascita di un territorio laziale di un'attrattività tutta da scoprire. È tanto speciale nelle sue caratteristiche che si tende a vinificarlo in purezza esaltandone la massima espressione, a cominciare da uve sane dei vigneti ventilati dalle brezze marine e da quelle provenienti dai Monti Lepini. Il grappolo serrato, di bacche nere di medie dimensioni, ha buccia spessa e pruinosa e il vino, ricco di antociani, in degustazione presenta al naso note di frutti di sottobosco, al palato risulta avvolgente, di buon corpo e vivace acidità.

Il passaggio in legno fa emergere note speziate al naso e ammorbidisce i tannini già naturalmente vellutati mentre la longevità fa emergere note di liquirizia e cacao.

«L'abbiamo sempre bevuto, è il vino di qui», ci dice Roberto Palombelli, mentre ci accompagna con una vetusta jeep nei vigneti mostrandoci le viti più datate, contorte e ancora a tendone, come usava una volta, alternate a barbatelle impiantate da poco e destinate ad un futuro allevamento in filari, soprattutto guyot. «Il nuovo – sostiene - deve crescere armonicamente col vecchio, in continuità produttiva, e noi ci siamo ripromessi di reimpiantarne ogni anno 2-3 ettari».
Alcuni vigneti in piano sono destinati al Bellone, un vitigno a bacca bianca diffuso in tutto il Lazio, generoso di etichette apprezzate soprattutto in abbinamento con i piatti di pesce nei ristoranti della costiera.

Roberto Palombelli Il Nero Buono delle Colline Pontine La resistenza dei piccoli viticoltori
Roberto Palombelli


Biologico e certificato
Nelle terre de "I lori" tutto è biologico certificato. Una scelta impegnativa, un mezzo, più che un fine, per ottenere un vino pulito e mantenere la vitalità del terreno. «È nella nostra cultura da sempre - dice Palombelli - e poi da noi si dice che un buon bicchiere faccia bene alla salute».

Coltivare bene per ottenere un prodotto sano e la scelta del biologico, ben più impegnativa, sono principi di chi produce per la propria soddisfazione, più che obiettivi strategici per inseguire le tendenze emergenti di consumo.

Tra erbe spontanee, ulivi e agrumi
Colpisce la biodiversità dell'area vitata, tra piante di limoni e di mandarini e a terra un tripudio di borragine, cicoria, mentuccia e broccoletti selvatici che riforniscono la dispensa. Sono molte le erbe spontanee alla base di tante ricette della tradizione e l'extravergine locale da oliva Itrana ne completa il gusto.

Negli 8 ettari aziendali olivetati tutto è fatto manualmente e la cura estrema non sempre porta i risultati economici che dovrebbe perché - lamenta Palombelli - l'olio di queste colline non è ancora abbastanza conosciuto e valorizzato.

Tra passato e futuro
"I Lori" era il vecchio nome della località ribattezzata oggi "Gli Allori", ma anche nel nome scelto dall'azienda il passato non è mai stato archiviato e convive anche nel rifacimento in corso della nuova cantina, che sarà dotata delle più moderne tecnologie. Il passaggio dall'azienda agricola tradizionale a quella attuale è relativamente recente ed è avvenuto grazie alla collaborazione della moglie Lina e della sua famiglia, perché in campagna, si sa, c'è collaborazione tra vicini. Il titolare ricorda come il papà Valentino vinificava in casa, nelle cisterne interrate, come tutto, dalla raccolta dell'uva in bigonci ad una pesantissima pigiatrice a ruota fino all'imbottigliamento, veniva fatto a mano. Ora, pur contando sugli antichi saperi di un'epoca pioneristica, Palombelli si serve della collaborazione di agronomi e di enologi per ottenere una quantità controllata e sana di uve e un prodotto finito identitario di quest'area produttiva limitata.

La produzione de "I Lori" ammonta a circa 35 mila bottiglie destinate più che altre alla ristorazione e alle strutture di accoglienza della fascia costiera perchè è sempre più compreso il principio del vino legato alla tradizione gastronomica locale. Una grande opportunità, questa, ma oggi un disastro totale di vendite per l'azzeramento del turismo.

Spazio anche alla spumantizzazione
Da "I Lori" ci si cimenta anche nella spumantizzazione e con buon risultato, sia con la fermentazione in autoclave che con il più impegnativo metodo classico. «Con il primo -dice Palombelli- facciamo circa 6.500 bottiglie mentre con il secondo 7mila. Le ultime usciranno tra 24 mesi. Ci sono anche vecchi vigneti di Malvasia e di Trebbiano, che nei prossimi anni sostituiremo gradualmente con il Nero Buono in collina e in piano col Bellone, e che ora e destiniamo al settore sfuso, negli acquisti diretti in cantina come ancora da noi si usa. Ma è sempre la qualità a guidare la scelta».

Per informazioni: www.iloriaziendaagricola.it

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