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Vinitaly, l’enologia è in crescita Ma serve sostegno all’esportazione

di Renato Andreolassi
 
10 aprile 2019 | 10:15

Vinitaly, l’enologia è in crescita Ma serve sostegno all’esportazione

di Renato Andreolassi
10 aprile 2019 | 10:15
 

Non ho incontrato né presidenti, né vicpremier, né ministri, né assessori; al Vinitaly, lunedì mi sono lasciato trascinare dalla folla di produttori e consumatori.

Tanta, tantissima gente, fin dalle prime ore del mattino, con alcuni padiglioni come quelli della Lombardia e del Trentino, chiusi a intermittenza per consentire un corretto deflusso dei visitatori, con gli immancabili mugugni.

(Vinitaly, l’enologia è in crescitaMa serve sostegno all’esportazione)

Riflettori puntati sul 53° Salone dei record, con ben 4.600 cantine in vetrina e che porta fino a mercoledì a Verona tutta all'attenzione del mondo vitivinicolo. 150 mila i visitatori nel 2017, 138 mila nel 2018; una scelta ben precisa da parte degli organizzatori, quella di evitare gli “assalti” e la ressa per le degustazioni e rendere così vivibili i padiglioni. Del resto il biglietto costa 85 euro.

(Vinitaly, l’enologia è in crescitaMa serve sostegno all’esportazione)

Ciò che mi ha colpito è stata una crescente attenzione e interesse, da parte di persone di tutte le età, senza distinzione fra uomini e donne, tutti ugualmente interessati a capire le caratteristiche delle produzioni delle singole cantine: rossi, bianchi e rosati. Grandi e piccoli. Insomma, per dirla molto brutalmente, meno bevitori e più degustatori, più attenzione alla qualità che alla quantità. Rispetto al passato vi è stato insomma un leggero selettivo balzo in avanti, anche se le code chilometriche fuori e dentro l'autostrada hanno riproposto l'annoso problema della viabilità non sempre scorrevole e dei parcheggi intasati fin dalle prime ore del mattino; il treno è sicuramente la soluzione migliore, con una sana camminata di una decina di minuti dalla stazione per raggiungere la Fiera.

Altro dato significativo, la presenza femminile. Nella quasi totalità degli stand che ho visitato ho trovato tante, preparate “donne del vino”. Dalla Franciacorta, alla Valtènesi, al Lugana, alla Val Calepio - notevole il rosso con la formaggella di Branzi - all'Orneta di Ariano Irpino (alla disperata ricerca di rappresentanti) a Ca' Lojera, alla perugina Villa Mongalli, fin su in Valtellina, alla viticoltura eroica di Mamete Prevostini. La fotografia che mi sono fatto da Nord a Sud è che il mondo del vino è incostante crescita qualitativa, non ha - fortunatamente- bisogno di assistenzialismo, ma di concrete politiche di sostegno all'esportazione perché i grandi mercati asiatici e americani non ci conoscono ancora. E, in particolare, la Cina si avvicina.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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