«Abbiamo accettato di proporre un menu che includesse l’abbinamento dei piatti della nostra cucina con il sake - afferma
Stefania Moroni de Il luogo di Aimo e Nadia - perché ci piacciono le sfide. Abbiamo provato qualcosa di nuovo cercando di rispettare il principio degli abbinamenti cibo-vino così come si usa fare in Occidente. È stata una sfida per noi, ma anche per i produttori di sake, curiosi di sapere se questo prodotto avrebbe retto l’abbinamento con i piatti di una cucina che sa di italiano. E in effetti possiamo dire che gli ospiti hanno gradito. È una proposta nuova, che va fatta con grande a intelligenza e conoscenza sia della cucina sia dei profumi e sapore di questi sake, ma come abbiamo dimostrato, si può fare con successo». Con grande garbo e rispetto per quella che era veramente una sfida molto difficile Stefania Moroni sintetizza l'autentico successo di una serata insolita che a Il Luogo di Aimo e Nadia a Milanoha visto l’ex calciatore oggi ambasciatore della cultura giapponese, Hidetoshi Nakata (
nella foto l'ultimo a destra) presentare 4 dei migliori produttori di sake giapponese per sperimentare l’incontro della cucina italiana con il sake.
Un’operazione culturale di abbinamento di due tradizioni culinarie diverse, ma fortemente radicate nella loro identità. Al punto che i sake erano rappresentativi di zone geografiche e di varietà di riso diverse, mentre i piatti di Aimo e Nadia erano quelli da tempo presenti in carta ed emblema dei più riusciti equilibri fra le migloiri materie prime del nostro Paese. Come dire qualità versus qualità in una sorta di esperimento in cui verificare se le regole utilizzate per l’abbinamento con il vino sono applicabili anche al sake o se bisogna trovarne di nuove.
E la risposta l'ha fonita con semplicità e professionalità Alberto Piras, il sommelier de Il luogo di Aimo e Nadia che con gli chef bistellati Fabio Pisani e Alessandro Negrini aveva studiato il menu della serata. «Ho applicato lo stesso metodo - dice - di quando abbino il vino ai nostri piatti. Nei sake ho ricercato la freschezza, l'acidità, la nota leggermente aromatica per poterla accompagnare agli ingredienti dei piatti. Il terzo sake presentato è stato a mio avviso molto interessante. Somigliava molto ad un vino bianco come struttura. Era morbido, molto avvolgente in bocca, con delle note mediterranee, che si sono sposate perfettamente con il risotto abbinato. Gli altri abbinamenti erano sicuramente più difficili. Abbiamo cercato più potenza e struttura nel sake da abbinare al filetto, mentre per la zuppa abbiamo scelto un sake più morbido e rotondo». E il terzo sake era in effetti il più complesso per aromaticità, nonchè quello con la più spinta decortizzazione del chicco di riso che si riduce fino al 40% della massa. Un sake che costa mediamente il doppio degli altri (attorno ai 30 euro), anche se il prezzo ha poca incidenza considerando che nessuno di questi sake di alta qualità è venduto oggi in Italia. Da notare che la temperatura di servizio varia dal tipo di sake, anche se nella media ci si aggira dagli 8 ai 10 gradi.
«L’idea di sviluppare un’iniziativa di questo tipo - ha spiegato
Hidetoshi Nakata, promotore del progetto Sakenomi - nasce dalla mia personale esperienza in Italia, dove ho vissuto per anni. So che qui ci sono molti ristoranti giapponesi, perciò potenzialmente ci sono tante occasioni anche per conoscere il sake, ma in realtà c'è poca informazione e una mancanza di educazione al prodotto. Purtroppo molti italiani hanno un'idea sbagliata del sake. Perciò negli ultimi 6 anni ho scelto di lavorare con i produttori di sake. Voglio che la gente sia ben informata». E vas detto che Nakata non solo promuove sake dei migliori produttori, ma ne commercializza anche uno esclusivo realizzato per lui, senza etichetta, in mille esemplari al costo, in Giapponem, di 1000 euro. Un sake dove la decorticazione del riso è spinta all'estremo (35%) per arrivare al migliore amido, materia prima per la fermentazione innescata da funghi. Per questa bottighlia la gradazione è sui 15 gradi, ma in media si è sui 13-14, anche se ci sono molti prodotti sui 5-6 gradi.
«Come per il vino esistono diverse varietà in base alla tipologia di uva utilizzata in fase di produzione - continua Nakata - così per il sake, che viene fatto con il riso, c’è un grande assortimento, in base al tipo di riso impiegato. Così cambia la corposità, e ci sono anche le bollicine. Da Aimo e Nadia abbiamo proposto 4 sake, ma in realtà in Giappone se ne trovano circa 1.300 varianti, dalle 30 alle 50 per ciascun produttore». In effetti sono almeno 50 i tipi diversi di riso utilizzati per il sake (diversi da quelli ad uso alimentare). Oggi si punta molto sulla qualità, dopo che i consumi sono crollati negli ultimi anni a circa 5 milioni di ettolitri. Un po' come è successo in Italia per il vino. Aumenta la qualità ma calano i volumi e i produttori (erano 6mila 60 anni fa).
Il Luogo di Aimo e Nadiavia Privata Raimondo Montecuccoli, 6 - Milano
Tel 02 416886
www.aimoenadia.com
info@aimoenadia.com
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