Gli alunni che si portano il pranzo da casa non possono entrare in mensa. Così è stato deciso in due scuole elementari di Milano, dove i bambini che si sono presenti con la tanto discussa “schiscetta” hanno dovuto mangiare separati dai compagni che invece aderiscono al servizio mensa. «Mia figlia mi ha raccontato di aver pianto» e ancora: «Il mio non ha toccato cibo e si è sentito male», denunciano i genitori, che hanno reagito inviando lettere di diffida ai presidi dei due istituti e al Comune.
La notizia arriva dopo che la scorsa settimana la Regione Lombardia ha annunciato l'approvazione della mozione “pro schiscetta” e la convocazione di associazioni, istituzioni e genitori per un confronto sul tema. Sembra però che il Comune di Milano non voglia smuoversi dalla sua posizione iniziale, ovvero promuovere le mense come luogo di incontro e aggregazione, escludendo la possibilità di concedere che il pranzo venga portato da casa.
«Nessuno a Milano può pretendere di consumare un pasto portato da casa all’interno dei locali adibiti alla refezione», ha ribadito il vicesindaco di Milano e assessore all'educazione, Anna Scavuzzo. «La sentenza di Torino e l’ordinanza del Tribunale sono vincolanti solo per le parti in causa».
«Decidiamo di andare avanti con il braccio di ferro», dice Marilù Santoiemma, mamma coinvolta e portavoce dei genitori delle commissioni mensa. «Non vogliamo la schiscetta a tutti i costi, vogliamo più qualità. E da anni chiediamo la possibilità di utilizzare il servizio a giorni come fanno in altri Comuni. Qui invece il pagamento è annuale e anticipato, fino a quasi 700 euro all’anno».
Nel frattempo l’assessore regionale all’Istruzione Valentina Aprea ha annunciato un tavolo sulle regole per il prossimo 4 ottobre e ha parlato di «discriminazione»: «Il vicesindaco chieda scusa alla famiglia della bimba esclusa dalla mensa».