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Cursano (Fipe): «le banche usano i soldi dello Stato per rafforzarsi»

Sergio Cotti
di Sergio Cotti
23 aprile 2020 | 12:45

Le banche? Stanno utilizzando le garanzie dello Stato per rafforzare il loro sistema, a discapito delle aziende che quei soldi li stanno aspettando per sopravvivere. Non usa mezzi termini Aldo Cursano, vicepresidente vicario di Fipe (Federazione Italiana Pubblici Esercizi), per descrivere cosa sta succedendo in queste settimane in Italia sul fronte dei finanziamenti annunciati dal Governo. I 25mila euro che sarebbero dovuti arrivare quasi automaticamente, ancora non si vedono e il timore del vicepresidente di Fipe è che per molti ne arriveranno addirittura di meno, per effetto di un meccanismo che gli istituti di credito stanno perfezionando proprio in questi giorni per limitare i rischi cui sono esposti con le aziende.

Ristoranti chiusi in Italia ancora per qualche settimana - Cursano (Fipe): «I soldi dello Stato utilizzati per rafforzare le banche»

Cursano, cosa sta succedendo?
Succede che ci siamo rimessi di nuovo nelle mani di coloro che hanno creato la crisi finanziaria, mettendo in ginocchio tutta l’economia del mondo, i risparmi dei consumatori e quelli delle aziende. Ancora oggi si dà loro garanzia e liquidità, e questi cosa fanno? Mettono al sicuro i loro affidamenti, i finanziamenti e gli scoperti pregressi, sostituendoli con le garanzie dello Stato. È come se questa operazione non sia servita per le nostre imprese, ma per sostenere il sistema bancario.

Un errore, a monte, commesso dal Governo?
La banca sceglie a chi dare i soldi senza tenere conto di storie, prospettive, valori sociali e storici. Decidono a loro discrezionalità e siccome veniamo da un periodo di forti contrazioni di consumo e di grandi difficoltà, è chiaro che tutto il nostro settore - nei confronti delle banche - è in una condizione di enorme debolezza, motivo per il quale tutti siamo sotto scacco.
 
Aldo Cursano - Cursano (Fipe): «I soldi dello Stato utilizzati per rafforzare le banche»

Aldo Cursano

Sui finanziamenti fino a 25mila euro promessi dal Governo, però, le banche non possono decidere.
No, ma succede questo: se un’impresa ha già affidato alla banca 20mila euro di scoperto, con i 25mila garantiti dallo Stato, la banca chiede prima di estinguere l’affidamento, mettendone poi a disposizione solo 5mila.
 
Se così fosse, sarebbe un comportamento da banditi.
Ma loro lo sono, purtroppo. Non ci si può rivolgere a loro in un momento in cui le nostre attività sono ferme e soffrono di una straordinaria difficoltà di tenuta e di prospettiva. Questo le banche lo sanno bene, come sanno perfettamente che la ripartenza sarà senza turismo internazionale e con fatturati molto inferiori rispetto al passato. Sanno quali sono i rischi e stanno cercando di circoscriverli secondo criteri di affidabilità bancaria.

Intanto, però, questi finanziamenti non sono ancora disponibili.
Questo succede perché le banche non sono strutturate: da 10 persone in filiale ce ne sono a malapena un paio. Non è stato creato un sistema in grado di rispondere a questa emergenza; per tutta la richiesta che c’è, ci vorrebbe un sistema bancario al 100% della propria efficienza, invece le filiali sono vuote. Ancora non si vede nulla, né per noi né per i nostri collaboratori, che pure loro sono in grande difficoltà. In tanti stiamo facendo ulteriori debiti per assicurare loro qualche anticipazione. In questo momento la politica degli annunci e i bazooka di liquidità iniziano a farci male: all’inizio questi annunci erano rassicuranti, ma quando nei fatti i soldi non arrivano, ti senti preso in giro.

Quali le possibili conseguenze?
La situazione sta cominciando a diventare estremamente pericolosa. Da tempo ci si impone di stare fermi, a casa: è un po’ come decretare la vita e la morte di aziende e persone. Il rischio è che questo meccanismo prima e o poi s’inceppi. E proprio quando banche avrebbero dovuto essere un intermediario per dare un po’ di ossigeno, non istruiscono le pratiche e raddoppiano la burocrazia.

Ma se il meccanismo si rompe, il problema è ancora delle imprese.
Certo. In Toscana per fortuna, dopo una battaglia in Consiglio regionale, abbiamo ottenuto la possibilità di effettuare il servizio di asporto. Si tratta di un piccolo segnale, ma non è sufficiente, considerando poi che quando si aprirà, andremo a recuperare solo un quarto del fatturato. Per questo stiamo chiedendo con forza la rinegoziazione di ogni costo a quel che sarà il nuovo scenario economico.

Si è fatto un’idea di quando, ragionevolmente, i ristoranti potranno di nuovo aprire?
Spero verso la fine di maggio, con i dovuti protocolli d’intesa, che però dovranno essere sostenibili e di buon senso, mettendo sempre al centro la salute dei clienti, ma anche la sostenibilità dell’impresa. Poter riaprire, ma senza la possibilità di adeguarsi, è inutile.

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