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Export negli Usa, Italia sempre prima Ma la Francia accorcia, serve una svolta

Vietato adagiarsi sugli allori. Dovrebbe essere questo il mantra per l’Italia del vino che sul mercato statunitense si ritrova a ruota i cugini francesi: 1.099 miliardi a 1.091 miliardi di euro nei primi 8 mesi di 2017. Ad evidenziarlo sono dati dell’Osservatorio paesi terzi analizzati poi da Business Strategies.

09 ottobre 2017 | 14:24
Export negli Usa, Italia sempre prima 
Ma la Francia accorcia, serve una svolta

Vietato adagiarsi sugli allori. Dovrebbe essere questo il mantra per l’Italia del vino che sul mercato statunitense si ritrova a ruota i cugini francesi: 1.099 miliardi a 1.091 miliardi di euro nei primi 8 mesi di 2017. Ad evidenziarlo sono dati dell’Osservatorio paesi terzi analizzati poi da Business Strategies.

«Gli Stati Uniti non sono assolutamente un mercato maturo per il vino - ha detto il ceo Silvana Ballotta - e la Francia lo sta dimostrando mentre l'Italia purtroppo no. Mentre i nostri strumenti di promozione vanno a rilento affossati da burocrazie e incertezze, quelli transalpini, che sulla carta sarebbero gli stessi, funzionano benissimo e il risultato è che dopo 16 anni i francesi ci hanno agganciato nel primo mercato al mondo, recuperando in 8 mesi oltre 130 milioni di euro».

(Export negli Usa, Italia sempre prima Ma la Francia accorcia, serve una svolta)

Il dato - evidenzia l’Osservatorio - è il risultato di un boom di vendite transalpine nel periodo considerato (+18,9%) e allo stesso tempo di un incremento debole rispetto al mercato del prodotto made in Italy (+4%), che equivale alla metà della crescita media delle importazioni di vino negli Usa (+8,6%) e a 1/4 rispetto al risultato francese. E se in volume la domanda di vino italiano si conferma quasi doppia, il principale competitor risponde con la stessa proporzione sul fronte del valore, con prezzo medio fissato a 9,7 euro al litro, contro i 4,9 euro dei vini italiani. Un percorso parallelo che secondo l’analisi è caratterizzato da molti distinguo: sugli imbottigliati fermi, ad esempio, il primato italiano è più evidente e al contempo più in sofferenza, con 881 milioni di euro di merce importata contro 706 milioni di euro ma con un incremento notevolmente più debole rispetto a Parigi (2,2% contro 20,6%). Diverso il discorso sugli spumanti, dove il Belpaese si difende meglio dalla supremazia transalpina (377 milioni contro 201 milioni di euro) e limita parzialmente il gap con una crescita dell’11,8%, a fronte di un +15,3 dello champagne.

«Quest’anno la domanda di vino è in grande crescita - ha aggiunto Silvana Ballotta - ma noi ne approfittiamo meno di tutti i principali paesi produttori. L’export italiano nel mondo infatti aumenta in valore del 7,1%, ma c’è poco da festeggiare se si osservano le performance dei competitor, a partire da Francia, Australia e Nuova Zelanda che registrano incrementi delle vendite in doppia cifra. Serve perciò un cambio di marcia sui tempi e sulle modalità di gestione degli strumenti promozionali a nostra disposizione, perché le quote perdute sono difficili da recuperare».

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