Olio non buono, vade retro! Come il vino che sa di tappo
Se rimandiamo indietro l’olio non buono, così come facciamo per il vino difettoso o un piatto di pasta scotta, allora anche il ristoratore capirà quanto è importante investire sull’olio di qualità
13 settembre 2020 | 14:49
di Fausto Borella
La cosa straordinaria che voglio raccontare non è tanto la bravura nell’assemblare 20 delle aziende olivicole migliori d’Italia e 10 artigiani del gusto - dal pecorino di Manciano in Maremma alla mortadella Mannori di Prato, dal pomodoro della Costiera Amalfitana al gelato all’olio di Lucca - ma aver comunicato l’evento capillarmente in una terra, la Versilia, che conta da Viareggio a Marina di Massa centinaia di migliaia di turisti. Questo ha fatto sì che oltre 4mila curiosi, nei due giorni della kermesse “Maestrod’olio in Pietrasanta”, siano venuti a conoscere i prodotti e soprattutto l’olio extravergine artigianale d’eccellenza.
L’eccezionalità dell’evento è stato che i consumatori, provenienti da tutte le regioni italiane e anche molti stranieri, erano consapevoli e preparati, erano attenti ad ascoltare l’olivicoltore che spiegava con attenzione e cura ogni singolo passaggio della filiera, arrivando a raccontare perché mezzo litro di quell’olio costasse molto di più di un litro di olio da primo prezzo, senza profumi e senza struttura, anzi molto spesso difettoso e privo di piacere. La strada tracciata sembra quella giusta e l’euforia degli oliandoli, che nel salutarmi mi davano appuntamento al prossimo anno, fa ben sperare per la conoscenza del nettare olio extravergine nel futuro prossimo.
Ho sempre detto che l’ambasciatore dell’olio, che può divulgare la vera qualità a tutti, è il ristoratore e chi ha un pubblico esercizio, così da far innamorare il commensale. Ma se nel frattempo anche il consumatore, il sommelier, l’appassionato o semplicemente il fruitore che esce di casa per andare in pizzeria, in enoteca, in trattoria o al ristorante si è edotto e ha scoperto tante varietà olivicole e molti profumi nuovi dell’olio, allora sì che si creerà una sinergia indissolubile tra fornitore e consumatore.
Il linguaggio dell’olio di qualità è estremamente semplice, non vuole fronzoli né giri di parole. O l’olio è sano, profumato e persistente, oppure per il 90% dei casi è difettoso, ha perso le sue peculiarità e quindi non deve stare sulla tavola di fronte al commensale. Se rimandiamo indietro l’olio non buono, così come facciamo per il vino che odora di tappo, o un piatto di pasta scotta o un’insalata moscia, allora anche il proprietario dell’esercizio commerciale comprenderà quanto è importante investire sull’olio di qualità e quest’ultimo non sarà più un costo, ma diventerà un investimento prima e un guadagno poi. Su questa missione, voluta fortemente da Luigi Veronelli 20 anni fa e portata avanti da noi con grande determinazione, sono pronto a scommettere con chiunque perché, presto o tardi, la vinceremo.
© Riproduzione riservata
• Leggi CHECK-IN: Ristoranti, Hotel e Viaggi
• Iscriviti alle newsletter settimanali via mail |
• Abbonati alla rivista cartacea Italia a Tavola |
• Iscriviti alla newsletter su WhatsApp |
• Ricevi le principali news su Telegram |
“Italia a Tavola è da sempre in prima linea per garantire un’informazione libera e aggiornamenti puntuali sul mondo dell’enogastronomia e del turismo, promuovendo la conoscenza di tutti i suoi protagonisti attraverso l’utilizzo dei diversi media disponibili”
Alberto Lupini