Il bello del gusto Spaghetti in salsa (musicale) greca

Durante le vacanze di Natale, gli italiani hanno potuto godere sui maggiori canali tv e social della visione di uno spot firmato Pasta Barilla che ha due protagonisti eccellenti: Roger Federer e Davide Oldani , rispettivamente il numero uno del tennis mondiale e uno dei cuochi italiani più conosciuti nel mondo

20 gennaio 2018 | 09:13
di Pasquale Diaferia
Non si tratta di un filmato (GUARDA IL VIDEO) destinato al mercato nazionale, bensì della tradizionale campagna con cui Barilla ribadisce il suo posizionamento di “pasta italiana numero uno” in oltre 40 Paesi del mondo. Sui mercati globali, infatti, il fatto di essere il primo produttore del Paese della pasta ha la sua rilevanza. Se poi il messaggio lo si fa passare con il volto più vincente di uno degli sport più amati del pianeta, l’effetto “Master of pasta” viene ulteriormente rafforzato.


Roger Federer e Davide Oldani

Mentre l’educazione del consumatore globale al riconoscere la “pasta al dente” procede costante, l’azienda di Parma punta con sempre maggiore decisione sul suo fatturato estero. Eppure è curioso che tanti italiani, soprattutto professionisti dell’industria alimentare, si siano stupiti del sirtaki utilizzato come colonna sonora per promuovere gli spaghetti al pomodoro, il simbolo dell’italianità nel mondo.

Prendiamo spunto proprio da questo stupore per cominciare a raccontare ai professionisti della cucina quanto sia complesso promuovere un prodotto italiano all’estero. Non basta avere le risorse finanziarie (e nel caso di Federer e del suo contratto triennale, si vocifera di cifre con molti zeri): serve la capacità di maneggiare le tecniche della comunicazione di massa e del marketing. A Parma le conoscono bene, da oltre 50 anni.

Ho avuto il privilegio di lavorare su questi progetti, in passato. La vera difficoltà sta nel trasferire agli stranieri una cultura tecnica (come si riconosce la pasta al dente?) che per noi è di provenienza familiare, mentre per un tedesco, un americano, un australiano non fa parte delle conoscenze tramandate per tradizione. Come spiegare ad un italiano la cultura dell’hamburger, dei corn flakes o del sushi? McDonald’s o Kellogg’s ci sono riusciti, con poderose operazione globali di comunicazione. I giapponesi invece l’hanno diffuso con una più lenta strategia basata sui ristoranti. E infatti milioni di persone nel mondo consumano a casa e nei fast food hamburger e fiocchi di mais all’americana, mentre il sushi di massa non è ancora definitivamente passato.

Usare Federer come vettore è stato fondamentale per rendere più poderosa l’equazione uomo di successo/cibo di qualità. Dimostrare che confezionare un bel piatto di spaghetti sia alla portata anche di uno svizzero tedesco, che per tradizione non sa cucinare molto bene, altrettanto centrale. Il sirtaki, che tanto ha fatto discutere, rientra tra questi attrezzi di comunicazione. Non dobbiamo pensare che il consumatore medio nel mondo conosca Modugno, Ramazzotti o Celentano. Lo stereotipo musicale dell’area mediterranea (non dimenticate che pochi sanno davvero dove sia l’Italia) è paradossalmente colto con più efficacia con un pezzo della tradizione greca. I puristi rabbrividiranno, ma gli esperti di comunicazione lo sanno.

Questa è una delle ragioni per cui le marche italiane dell’agroalimentare devono cominciare, per la loro promozione all’estero, a lavorare con bravi professionisti dalla grande esperienza internazionale. Continuare a pensare di conquistare mercati globali sempre più complessi basando le proprie strategie su “Funiculì funiculà”, è un errore ed una grande ingenuità. Sia nel caso di grandi marche, sia che si gestisca una piccola impresa di grande qualità. La forza del nostro prodotto è importante. Ma saperlo comunicare nel mondo diventa sempre più determinante. Impariamo da Barilla. Costruiamo una scuola di comunicazione italiana nel mondo, dimenticandoci il folklore e il fai da te.

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Alberto Lupini


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