Le case vacanza diventano uffici 2 italiani su 3 pronti a trasferirsi
Gli italiani sono pronti ad affittare case al mare o in montagna utilizzandole come basi per lo smart working. Le città si spopoleranno ulteriormente, per i ristoratori si prospetta una crisi ancor più nera. E gli hotel?
15 ottobre 2020 | 11:42
Lo smart working modifica anche il mercato delle case vacanza che cambiano pelle e ambiscono a diventare case vere e proprie, 12 mesi l’anno, a cui gli italiani guardano per trasferirsi anche solo momentaneamente e mettere lì le basi per il proprio “ufficio”. Maggiore flessibilità nell’uso degli spazi, liberandosi dalle catene del tran tran casa-lavoro, significa maggior felicità (secondo il 65%) e più tempo per se stessi. Due lavoratori del terziario su 3 starebbero infatti pianificando per i prossimi mesi di lavorare da remoto per un periodo di tempo lontano dalla propria residenza, perché la bellezza del luogo ha effetti benefici non solo sul benessere psicofisico ma anche sulla produttività e sulla qualità del lavoro. Sono alcune delle evidenze emerse dall’analisi di un sondaggio commissionato da Airbnb su un campione di 2mila dipendenti d’azienda e sulle ricerche di prenotazione su Airbnb nel mese di settembre.
Dalle risposte sembra emergere come la pandemia abbia acceso la voglia di sperimentare un’idea di abitare un po’ più nomade e meno legata alla necessità di risiedere stabilmente in prossimità del luogo di lavoro. Addirittura il 60% ha infatti pensato di trasferirsi (1 su 4 in campagna) e, anche in assenza di decisioni permanenti, il 66% ha già in programma per i prossimi mesi di lavorare da remoto lontano dalla propria residenza, magari approfittando di un periodo di vacanza.
La rivoluzione del lavoro (che comunque comporta problematiche da affrontare con serietà) conferma come siano cambiate anche le nostre abitudini di viaggio, facendo evolvere il vecchio concetto di “bleasure”: non è più infatti la trasferta di lavoro a cui “attaccare” la vacanza, ma il viaggio di piacere che si porta con sé il computer per le ormai immancabili videoconferenze: il 78% ha già deciso che combinerà le due cose. Ormai, 1 ricerca su 2 per soggiorni di oltre 7 giorni su Airbnb è vincolata alla presenza del wi-fi. Si tratta del dato più alto dell’ultimo anno.
Il campione si dice, dunque, pronto ad assaporare lo smart working, ma meglio se fuori porta: il 34% cercherebbe una sistemazione raggiungibile in giornata in automobile dalla propria residenza, meglio se all’interno della stessa regione (20%). Solo il 13% prenderebbe in considerazione un altro paese europeo. La classifica dei luoghi più desiderati per un cambio di scenario comprende: casa vista mare 39%; chalet in montagna 20%; casa al lago 13%; attico in una grande città 7%; casa in una città diversa 6%.
Questo aspetto complica non poco la vita ai ristoratori delle grandi città che già hanno visto spopolarsi sempre di più le vie centrali servendo un numero di pranzi-lavoro ogni giorno più basso e che ora guardano al futuro anche con questa prospettiva di fuga ulteriore. Resta da capire come si comporteranno i ristoranti delle località più turistiche, se saranno in grado di rispondere ad un’eventuale impennata delle prenotazioni. Ma pure gli hotel e tutto l’indotto che si genera attorno all’accoglienza deve fare una riflessione profonda e non facile: il nuovo stile che punta ad una “vita in vacanza” terrà in vita la voglia di viaggiare?
La conferma sulla scelta degli alloggi per lavorare intanto arriva anche dalla psicologa Annalisa Valsasina: «Una passeggiata nei boschi o sulla spiaggia, anche di soli 20 minuti, in pausa pranzo o immediatamente dopo il lavoro, porta alla diminuzione della formulazione di pensieri negativi - spiega - e un maggior senso di benessere complessivo. Lavorare al mare o in montagna non può che fare bene alle persone, al loro stato emotivo e di conseguenza alla loro energia e lucidità di azione sul lavoro».
Già in estate lo smart working ha avuto un impatto importante sulla pianificazione delle vacanze, con soggiorni mediamente più lunghi che hanno consentito spesso di conciliare vacanza e lavoro. Del campione, 2 persone su 3 hanno sperimentato lo smart working nel corso degli ultimi 6 mesi. Il 66% ritiene di averne tratto beneficio fisico e mentale, contro il 34% che ne da un giudizio negativo.
Interessante scoprire che la bellezza del luogo da cui si lavora ha un impatto anche sulla qualità del lavoro stesso e, in particolare sulla produttività (33%) e sulla creatività (28%). A fare la differenza, in particolare, il tempo risparmiato pendolando ogni giorno da casa all’ufficio nel traffico delle ore di punta, che dà la possibilità di passare maggior tempo con familiari e amici (44%), fare esercizio (36%) e dedicarsi alle proprie passioni (36%).
Ma come fare per i costi? Un intervistato su 4 cita le ragioni economiche come il principale deterrente ad avventurarsi fuori casa. Fra chi invece è deciso a di spostarsi, il 35% affitterebbe la prima casa a breve o lungo termine - magari proprio ad altri remote worker - mentre solo il 16% la lascerebbe vuota. Meglio, piuttosto, lasciarla a parenti (24%) o amici (7%). Per quanto riguarda la spesa programmata per la 'vita fuori porta', il 32% vorrebbe mantenere un budget per persona per notte inferiore ai 50 euro, anche se non manca chi sarebbe disposto a investire anche fra i 100 e i 150 euro (12%).
«I nostri dati sulle prenotazioni a lungo termine dimostrano come le persone stiano guardando con interesse a nuovi modelli di abitare. Stare a casa, andare al lavoro, mettersi in viaggio non sono più in opposizione, possono coesistere nello stesso luogo. L’importante per ciascuno è trovare l’equilibrio per stare bene e la sistemazione, anche temporanea, che più si presti a questo scopo», ha dichiarato Giacomo Trovato, country manager di Airbnb Italia.
Il sogno è di lavorare in location da vacanza
Dalle risposte sembra emergere come la pandemia abbia acceso la voglia di sperimentare un’idea di abitare un po’ più nomade e meno legata alla necessità di risiedere stabilmente in prossimità del luogo di lavoro. Addirittura il 60% ha infatti pensato di trasferirsi (1 su 4 in campagna) e, anche in assenza di decisioni permanenti, il 66% ha già in programma per i prossimi mesi di lavorare da remoto lontano dalla propria residenza, magari approfittando di un periodo di vacanza.
La rivoluzione del lavoro (che comunque comporta problematiche da affrontare con serietà) conferma come siano cambiate anche le nostre abitudini di viaggio, facendo evolvere il vecchio concetto di “bleasure”: non è più infatti la trasferta di lavoro a cui “attaccare” la vacanza, ma il viaggio di piacere che si porta con sé il computer per le ormai immancabili videoconferenze: il 78% ha già deciso che combinerà le due cose. Ormai, 1 ricerca su 2 per soggiorni di oltre 7 giorni su Airbnb è vincolata alla presenza del wi-fi. Si tratta del dato più alto dell’ultimo anno.
Il campione si dice, dunque, pronto ad assaporare lo smart working, ma meglio se fuori porta: il 34% cercherebbe una sistemazione raggiungibile in giornata in automobile dalla propria residenza, meglio se all’interno della stessa regione (20%). Solo il 13% prenderebbe in considerazione un altro paese europeo. La classifica dei luoghi più desiderati per un cambio di scenario comprende: casa vista mare 39%; chalet in montagna 20%; casa al lago 13%; attico in una grande città 7%; casa in una città diversa 6%.
Questo aspetto complica non poco la vita ai ristoratori delle grandi città che già hanno visto spopolarsi sempre di più le vie centrali servendo un numero di pranzi-lavoro ogni giorno più basso e che ora guardano al futuro anche con questa prospettiva di fuga ulteriore. Resta da capire come si comporteranno i ristoranti delle località più turistiche, se saranno in grado di rispondere ad un’eventuale impennata delle prenotazioni. Ma pure gli hotel e tutto l’indotto che si genera attorno all’accoglienza deve fare una riflessione profonda e non facile: il nuovo stile che punta ad una “vita in vacanza” terrà in vita la voglia di viaggiare?
La conferma sulla scelta degli alloggi per lavorare intanto arriva anche dalla psicologa Annalisa Valsasina: «Una passeggiata nei boschi o sulla spiaggia, anche di soli 20 minuti, in pausa pranzo o immediatamente dopo il lavoro, porta alla diminuzione della formulazione di pensieri negativi - spiega - e un maggior senso di benessere complessivo. Lavorare al mare o in montagna non può che fare bene alle persone, al loro stato emotivo e di conseguenza alla loro energia e lucidità di azione sul lavoro».
Già in estate lo smart working ha avuto un impatto importante sulla pianificazione delle vacanze, con soggiorni mediamente più lunghi che hanno consentito spesso di conciliare vacanza e lavoro. Del campione, 2 persone su 3 hanno sperimentato lo smart working nel corso degli ultimi 6 mesi. Il 66% ritiene di averne tratto beneficio fisico e mentale, contro il 34% che ne da un giudizio negativo.
Interessante scoprire che la bellezza del luogo da cui si lavora ha un impatto anche sulla qualità del lavoro stesso e, in particolare sulla produttività (33%) e sulla creatività (28%). A fare la differenza, in particolare, il tempo risparmiato pendolando ogni giorno da casa all’ufficio nel traffico delle ore di punta, che dà la possibilità di passare maggior tempo con familiari e amici (44%), fare esercizio (36%) e dedicarsi alle proprie passioni (36%).
Ma come fare per i costi? Un intervistato su 4 cita le ragioni economiche come il principale deterrente ad avventurarsi fuori casa. Fra chi invece è deciso a di spostarsi, il 35% affitterebbe la prima casa a breve o lungo termine - magari proprio ad altri remote worker - mentre solo il 16% la lascerebbe vuota. Meglio, piuttosto, lasciarla a parenti (24%) o amici (7%). Per quanto riguarda la spesa programmata per la 'vita fuori porta', il 32% vorrebbe mantenere un budget per persona per notte inferiore ai 50 euro, anche se non manca chi sarebbe disposto a investire anche fra i 100 e i 150 euro (12%).
«I nostri dati sulle prenotazioni a lungo termine dimostrano come le persone stiano guardando con interesse a nuovi modelli di abitare. Stare a casa, andare al lavoro, mettersi in viaggio non sono più in opposizione, possono coesistere nello stesso luogo. L’importante per ciascuno è trovare l’equilibrio per stare bene e la sistemazione, anche temporanea, che più si presti a questo scopo», ha dichiarato Giacomo Trovato, country manager di Airbnb Italia.
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Alberto Lupini
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