Fipe cerca un’alleanza con Facebook per vigilare sulle false recensioni online

31 gennaio 2017 | 11:26
Il tema delle false recensioni che compaiono sul web ai danni di ristoranti, locali, alberghi, hotel continua a tenere banco. L’ultimo caso riguardava il ristorante “Quinoa” di Firenze, preso di mira da un gruppo privato di Facebook che ha pubblicato sulla pagina del locale 50 recensioni negative. La rete si è subito mossa, chi per dichiarare tutta la sua solidarietà al ristorante, chi per scagliarsi contro Facebook e chi, ancora, contro l’intero sistema delle recensioni online che riguarda in primis TripAdvisor e altri. Qualcuno però propone anche soluzioni alternative che si affidano al dialogo e alla collaborazione tra le parti piuttosto che passare all’attacco.

È il caso di Fipe, Federazione italiana pubblici esercizi, che attraverso una nota a firma di Aldo Cursano, vicepresidente vicario nazionale e presidente di Fipe Toscana, fa sapere: «Sul tema delle recensioni false su internet il compito di vigilare spetta prima di tutto alle stesse piattaforme e in secondo luogo a realtà come Fipe in rappresentanza degli operatori della ristorazione e dei pubblici esercizi, perché l'integrità dei contenuti è un valore per tutti».


Aldo Cursano

«A proposito di quanto accaduto a Firenze - prosegue Cursano - occorre ricordare che nel web, come nella vita reale, si possono trovare tantissime persone perbene ma anche delinquenti e figure disposte a tutto pur di avere ritorni personali Il web permette da un lato agli operatori della ristorazione di entrare in contatto con un'enorme quantità di potenziali clienti e persone, aumentando i moltiplicatori che danno valore ai nostri prodotti e idee. D'altro canto l'uso improprio e distorto della rete mette a rischio questo potenziale».
 
La soluzione proposta dalla Fipe è una collaborazione congiunta con Facebook per vigilare sulle recensioni false e discriminatorie, sull'esempio della partnership che la Federazione ha avviato con TripAdvisor e TheFork: «Siamo pronti ad avviare una collaborazione anche con Facebook - conclude Cursano - per vedere come circoscrivere e perseguire queste situazioni che feriscono al cuore chi come noi fa questo lavoro con passione. Più cresce il ruolo della rete e più cresce il peso specifico della reputazione on line, e le critiche, sia positive che negative sono un valore aggiunto che possono aiutare gli operatori a migliorare. L'importante è che il diritto di critica non travalichi in usi impropri, nella menzogna e nell'offesa e proprio per questo siamo ancora una volta pronti a fare fronte comune a difesa della legalità e della trasparenza».

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Detto del programma della Fipe, vogliamo ribadire che come Italia a Tavola ci preoccupa la pretesa di giustificare un sistema mafioso e malato sostenendo che ognuno avrebbe il diritto di esprimere un giudizio sul servizio ricevuto. Questo diritto di commento non è messo in discussione da nessuno, anche se si potrebbe discutere su una pretesa a cui non corrisponde una assunzione di responsabilità (provate a rendere pubblici sul web giudizi su magistrati, avvocati e medici e stare a vedere che succede...). Il punto è che nel criminale sistema imposto da TripAdvisor e ora seguito da Facebook o Google non vi è alcuna certezza che ci sia stato un servizio da valutare. I commenti sono aperti e liberi per tutti senza controlli. Chiunque ne può comprare pro o contro. Se aggiungiamo la questione anonimato, non sta in piedi più nulla e tutto diventa un imbroglio. Come se non bastasse ora si possono anche modificare i rank di gradimento e visibilità pagando il servizio plus di TripAdvisor. Ciò inserisce ulteriori elementi di distorsione del mercato e delle libere opinioni. A maggior ragione dovrebbe essere permesso a chi non accetta queste regole da "far west" (che lo Stato dovrebbe comunque normare come avviene per la stampa) di non essere rintracciabile in questi elenchi che diventano di fatto delle pagine a pagamento dove chi più paga, più a visibilità. E se uno non vuole farsi pubblicità, perchè di questo si tratta, deve potere uscire da quel portale. Al diritto di esprimere giudizi si deve poi in ogni caso affiancare il dovere di pubblicare giudizi che siano veritieri.
E, ultima questione, deve essere garantito il diritto di non usare l'opportunità di ascoltare il giudizio dei clienti. Non può essere un obbligo farsi mettere alla berlina come succede su TripAdvisor e ora, purtroppo, anche su Facebook.

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Alberto Lupini


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