Fissati i limiti, regolato l’uso della cannabis in tavola

La pubblicazione in Gazzetta Ufficiale norma la presenza di Thc all’interno degli alimenti. In questi anni c’è stato un importante incremento del settore. Si stima un giro d’affari di 40 milioni di euro

16 gennaio 2020 | 11:36
Ora che i limiti sono fissati sulla Gazzetta Ufficiale, va delineandosi il quadro normativo che interessa il settore degli alimenti contenenti della cannabis. Il decreto fissa i tetti massimi di tetraidrocannabinolo (Thc), dando risposte a centinaia di aziende agricole che hanno investito nella coltivazione di questo tipo di pianta.

Pubbicati in Gazzetta Ufficiale i limiti di Thc negli alimenti

Lo rende noto la Coldiretti nel sottolineare che il decreto del Ministero della Salute stabilisce, in particolare, che il limite massimo di Thc per i semi di cannabis sativa, la farina ottenuta da semi e gli integratori contenenti alimenti derivati è di 2 milligrammi per chilo, mentre per l’olio ottenuto da semi è di 5 milligrammi per chilo.

Negli ultimi 5 anni i terreni coltivati in Italia sono aumentati di dieci volte dai 400 ettari del 2013 a quasi 4000 nel 2018 e ora il giro d’affari si stima intorno ai 40 milioni di euro. «L’attesa pubblicazione in Gazzetta fa chiarezza su un settore che in questi anni anni – si legge in una nota di Coldiretti – ha visto un vero e proprio boom, dai biscotti e dai taralli al pane, dalla farina di all’olio, ma c’è anche chi la usa per produrre ricotta, tofu e una gustosa bevanda vegana, oltre che la birra. Dalla cannabis si ricavano inoltre oli usati per la cosmetica, resine e tessuti naturali ottimi sia per l’abbigliamento, poiché tengono fresco d’estate e caldo d’inverno, sia per l’arredamento, grazie alla grande resistenza di questo tipo di fibra. Se c’è chi ha utilizzato la cannabis per produrre veri e propri eco-mattoni da utilizzare nella bioedilizia per assicurare capacità isolante sia dal caldo che dal freddo, non manca il pellet per il riscaldamento che assicura una combustione pulita».
 
Un tipo di coltivazione che si estende da Nord a Sud della penisola, dal Piemonte alla Puglia, dal Veneto alla Basilicata, ma anche in Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Sicilia e Sardegna. «Si tratta in realtà – rileva la Coldiretti – di un ritorno per una coltivazione che fino agli anni ‘40 era più che familiare in Italia, tanto che il Belpaese con quasi 100mila ettari era il secondo maggior produttore di canapa al mondo, dietro soltanto all’Unione Sovietica».

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Alberto Lupini


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