In particolare gli amministratori di impresa sotto i 30 anni sono aumentati di 2102 unità, mentre si registra un calo in quasi tutte le altre principali attività. L’Italia si riconferma dunque leader in Europa per questa particolare tendenza. Un motore da promuovere perché le nuove leve sanno applicare alla lavorazione della terra le nuove tecnologie, portando fatturato e creando occupazione.
Ma nascono attorno anche attività diverse come la vendita diretta, le fattorie didattiche, gli agriasilo, ma anche l’agricoltura sociale, l’agribenessere e la cura del paesaggio o la produzione di energie rinnovabili.
Il cambiamento, sorto dalla crisi e dalla difficoltà per i giovani nel trovare posti di lavoro, si può dire che sia epocale e, di fatto, non accadeva dalla rivoluzione industriale. Di conseguenza cambia anche la concezione dell’agricoltore, prima considerato lavoro umile per chi non aveva studiato e ora diventato invece uno status riconosciuto anche a livello sociale.
Nel 2016/2017 infatti sono stati quasi 30mila i giovani che hanno presentato in Italia domanda per l’insediamento in agricoltura dei Piani di sviluppo rurale (Psr) dell’Unione Europea. Una opportunità che le amministrazioni regionali devono saper cogliere. Secondo un recente sondaggio Coldiretti/Ixè, nel 57% dei casi oggi un giovane preferirebbe gestire un agriturismo piuttosto che lavorare in una multinazionale (18%) o fare l’impiegato in banca (18%). Per sostenere gli aspiranti colleghi imprenditori, i giovani della Coldiretti hanno costituito anche una speciale task force che opera a livello territoriale con tutor, corsi di formazione e consigli per accesso al credito.
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Alberto Lupini