Giovanni Veronesi a Giffoni Film Fest I sogni infranti di una generazione

19 luglio 2017 | 17:59
di Andrea Cianferoni
Probabilmente è la prima volta che un film viene scaturito da una trasmissione televisiva. La trasmissione in questione si chiama “Non è un paese per giovani”, condotta da quasi tre anni su Radio 2 da Giovanni Veronesi insieme a Massimo Cervelli, e racconta le esperienze di vita di oltre 120mila giovani italiani che ogni anno scappano dal nostro paese alla ricerca di un futuro e di un sogno da realizzare. Ed è proprio questa la tematica sviluppata dall’omonimo film, presentato lo scorso marzo in anteprima mondiale a Los Angeles, e che quest’oggi verrà proposto al pubblico di giovani di Giffoni.


Giovanni Veronesi

Giovanni Veronesi, prima sceneggiatore e poi regista di successo, tra il 1985 e il 1988 firma alcune commedie di successo come "Tutta colpa del paradiso", "Stregati" e "Caruso Paskoski di padre polacco". Nel 1987 esordisce anche nelle vesti di regista dirigendo il film "Marameo". Continua ad occuparsi parallelamente di sceneggiatura e di regia - frutto della sua penna è la stesura di commedie cult come "Vacanze di Natale ’91" e "Anni ’90" - e nel 1993 vince il David di Donatello per il film "Per amore, solo per amore", in cui dirige Diego Abatantuono e Penelope Cruz. Intraprende un lungo sodalizio artistico con Leonardo Pieraccioni e Massimo Ceccherini, per i quali scrive alcune delle commedie di maggior successo al box office come "I laureati", "Il ciclone", "Fuochi d’artificio".

Negli ultimi anni accantona la vis comica dei suoi primi titoli per dedicarsi maggiormente a un’introspezione dei sentimenti umani: nascono così "Che ne sarà di noi", la trilogia "Manuale d’amore", "Genitori & figli - agitare bene prima dell’uso", "L’ultima ruota del carro" e il più recente "Non è un paese per giovani". Con quest’ultima opera Veronesi racconta la storia di Sandro (Filippo Scicchitano) e Luciano (Giovanni Anzaldo), due ragazzi molto diversi tra di loro, ma accomunati dal desiderio di fuggire da un paese che non gli ha lasciato neppure la forza di sognare: il primo è insicuro e ha il desiderio di diventare scrittore, il secondo è brillante, ma nasconde un lato oscuro. Insieme lavorano come camerieri in un ristorante, e per cercare di uscire da una quotidiana frustrazione decidono di trasferirsi a Cuba per costruire un nuovo futuro.

A l’Avana li aspetta Nora (Sara Serraiocco), una ragazza italiana tanto bella quanto eccentrica. Cuba, con le sue luci e le sue ombre, provocherà uno sbandamento in Luciano, e soltanto Sandro capirà cosa l’ha portato davvero così lontano. Nel cast di "Non è un Paese per giovani" ci sono anche i “senior” Sergio Rubini e Nino Frassica. Il primo interpreta il personaggio di Cesare, padre di Sandro, un edicolante che per sbarcare il lunario svolge anche altri lavoretti. Dalla sua storia si evince che l’Italia non è neanche più un paese per i "vecchi", e bisogna inventarsi sempre un'alternativa. “Non è un Paese per giovani”, pur essendo una pellicola leggera e godibile, è un film di rottura, che racconta una realtà scomoda e drammatica, portata avanti sulle note dei Negroamaro, che contribuiscono a rendere ancora più tangibile l'atmosfera vissuta dai protagonisti. Una sorta di road movie che affronta i problemi di una generazione persa, rimasta in panchina, che non ha mai toccato palla, per usare un gergo calcistico. «In questo film c’è molto di me, sia dal punto di vista sociologico che interiore. Mi sono messo in gioco parlando di una generazione che non è la mia - racconta Veronesi -. Non avrei mai fatto questo film senza l’esperienza in radio.

Tutte le mattine sento le vite vissute da ragazzi da ogni parte del mondo. Mi sembrava giusto raccontare questo esodo di oltre 100mila giovani all’anno. In dieci anni questo paese ha perso un milione di giovani che sono stati formati nelle scuole e università. Una enorme ricchezza culturale ed economica persa. Io stesso ho tre nipoti. Tutti e tre se ne sono andati via: due in Inghilterra e uno in America. Sono stato io stesso ad incoraggiarli ad andarsene. Purtroppo non vedo futuro per un paese che per troppi anni, dal dopoguerra agli anni ‘80, ha vissuto una enorme “bolla” di crescita, che poi è esplosa tutta insieme».

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Alberto Lupini


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