I panificatori nuove star del food Farine e lieviti protagonisti gourmet
24 gennaio 2017 | 17:55
di Andrea Radic
Ma gli italiani, attenti alla salute, sono ancora poco e male informati quando si parla di farine, lieviti e pane. Il Cerved rileva in una recente ricerca che i consumi di pane si sono quasi stabilizzati (-1% a 2 milioni e 370mila tonnellate) dopo il crollo dell’ultimo decennio, ma cresce (+5%) la domanda di pane e affini con ingredienti funzionali e “free from”. Eppure Doxa svela che il 55% degli italiani non sa che la pasta non si fa con il grano tenero bensì con il frumento duro e un 47% degli intervistati è convinto che sia bene eliminare il glutine pur in assenza di intolleranze. Il presidente di Aibi (associazione italiana bakery ingredients) Palmino Poli dichiara: «Il consumo di pane artigianale ha cambiato connotati ed è uscito dalle mura di casa per assumere un connotato conviviale, “social”, che abbina al pane valore aggiunto e informalità dell’incontro e questo implica un cambio di paradigma nelle panetterie e nella filiera riqualificando il servizio e l’offerta».
Durante il convegno svoltosi ad Ab tech Expo (dedicata all'interno di Sigep proprio alla panificazione) si è evidenziato come i 20.677 panifici tradizionali italiani diventino i custodi di artigianalità, qualità, innovazione e sempre più al panettiere di fiducia si chiede di sfornare non solo pane e derivati (71% delle vendite) ma pasticceria (+3%) e in particolare brioche (+5%) e dolci da ricorrenza (+12%). L’85,9% dei consumatori preferisce il pane artigianale a quello industriale (scelto dal 7,8% degli italiani) e a quello surgelato, acquistato dal 6,3% delle famiglie. Le panetterie con produzione e vendita diretta veicolano oggi il 43,6% delle vendite di pane artigianale (la Gdo il 25,6%) e stanno evolvendo verso il “multiformat”, con bakery-cafè (soprattutto al Nord) e panetterie-gastronomie (più al Sud).
Parallelamente Doxa ha svolto per Italmopa, l’associazione industriali mugnai d’Italia, una ricerca sulle conoscenze degli italiani (mille intervistati) in tema di farine: davvero scarse. Emblematico il fatto che il 55% degli interpellati associ la farina di frumento tenero alla pasta, fatta invece col grano duro, e il 65% ritiene che l’Italia importi la gran parte delle farine dall’estero con pregiudizio di qualità e standard sanitari. Ma non è così soprattutto per gli standard dicono i grandi produttori artigianali di qualità come Felicetti.
E lo ha sottolineato proprio ad Ab tech anche Ivano Vacondio presidente di Italmopa: «Importiamo il 40% del grano duro e il 60% di quello tenero proprio per garantire alta qualità ai nostri prodotti e con gli standard igienico-sanitari più severi al mondo applicati tanto sulle farine prodotte quanto su quelle importate».
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Alberto Lupini