Il Pibe de Oro buongustaio. Un ricordo del grande calciatore e dell'incontro di Maradona e Napoli

Il ricordo del grande calciatore scomparso a 60 anni. Si faceva spedire la carne dall'Argentina. Amava i ristoranti, ma dove andava poi arrivavano i tifosi e spesso doveva rinunciarci

25 novembre 2020 | 19:53
di Vincenzo D’Antonio
Quelle cose inaudite ed incredibili.
Sento parlare di Maradona e sembra, da come se ne parla, che sia morto.
Ma non è vero. Afferma il falso, e se ne assuma responsabilità, tremenda responsabilità chi va spargendo questa orrIbile fake news.

Maradona non è morto.

Sta soltanto traslocando, scarpine in spalla come fossero caciocavalli, dai campi di gioco terreni a quella prateria sconfinata che è nel cielo, dove il campo non ha delimitazioni e dove gli spalti hanno sediolini che sono nuvole soffici.
Magie con la palla, sempre.



Armando Maradona ed Enzo Coccia nel 2017 (ANSA)

Quei percorsi segnati, quelle predestinazioni che appunto . . . il destino.
Maradona e Napoli non potevano non incontrarsi.
Dall’Argentina un breve transito in Catalogna e poi destinazione quella città e quel Golfo che traggono energia misterica dal Vesuvio.

Osmosi furente: quanta energia seppe il Pibe de Oro suggere dal vulcano a cui guardava dalla sua splendida casa sulla collina di Posillipo e quanta energia questo scugnizzo con la palla seppe trasmettere ai napoletani. A tutti i napoletani.

A quanti, in numero di centomila accorrevano allo stadio ed a quanti, in numero del milione erano beati al solo fatto di saperlo concittadino. E lui napoletano ci diventò per davvero.

Ci sia consentito un ricordo personale. Al San Paolo lo speaker, poco prima dell’inizio della partita, annunciava le formazioni. Precedenza alla squadra ospite, alla quale detto per inciso, erano comunque destinati flebili applausi e solo molto raramente sberleffi, e poi la formazione della squadra di casa. Ecco, nacque lì, all’epoca di Maradona la sindrome del numero nove e del numero undici.

Seguitemi ed immaginiamoci la sequenza. Lo speaker che dice: “numero 1” e via con il nome del portiere. Applausi dai sempre gremiti spalti. “Numero due” e via con il nome del (così si diceva all’epoca) terzino destro, e così via. Attenti. Si arriva al numero 9: il centravanti, mica robetta; e all’epoca stiamo parlando di un certo Giordano e/o di un certo Careca, appunto ribadisco mica robetta (!) ma applauso sbrigativo perché tutti concentrati su . . . . “numero 10  . . . Diego Armando Maradona”. E giù lo stadio, minuti e minuti di applausi di “olè” e di canti; quasi indifferenza per il malcapitato numero 11 !

Ingresso in campo a passo di danza: ritualità del capitano che assiste al lancio della monetina, lo scambio dei gagliardetti, strette di mano e poi  . .  che lo spettacolo. . . . prosegua. Sì, “prosegua”, non “cominci”: era già cominciato !



Maradona in visita a Positano, presso il ristorante “Le tre sorelle” negli anni 80 (fonte positanonews.it)

Maradona ghiottone buongustaio. Dall’Argentina si faceva arrivare la carne e talvolta le grigliate allietavano lo spogliatoio durante la settimana. Il pesce vivo, impeto dei marosi permettendo, gli arrivava a casa ogni mattina, omaggio dei pescatori di Mergellina.

In città aveva i suoi ristoranti preferiti che poteva frequentare raramente per un motivo semplice semplice: divennero, guarda caso, i ristoranti preferiti anche dai tifosi vip, quelli dal portafoglio capiente. Ha amato Napoli e Napoli lo ha adorato ma, ad onore del vero, non è che poi se la sia potuta godere come una persona qualsiasi: praticamente non poteva passeggiare per strada.

Napoli è città affascinante. E c’è la Napoli sotterranea: da visitare. E difatti è ambita dal turismo colto la visita guidata (imperdibile) della Napoli che si sviluppa nel sottosuolo è ambita dal turismo colto: tremila anni di cultura sedimentatasi.

Ma c’è una Napoli che è sotterranea in senso altro: la Napoli che sedusse Maradona e che lo traviò. La pagina triste sulla quale si sorvola. La svolta che cagionò l’esodo improvviso di Maradona dalla sua città: quasi una fuga.
La città che lo ha amato tanto. Scorriamo all’anagrafe i registri dei nati in quegli anni: impennata di “Diego”, di “Armando” ed anche di “Diego Armando”.

Maradona scugnizzo è rimasto davvero sempre affezionato a Napoli: la sua città di adozione. Maradona andò via da Napoli, ma Napoli, ne siamo persuasi, non è mai andata via da lui.
E quella Napoli con la quale c’è stato viscerale amore reciproco adesso lo piange.

Aveva solo 60 anni.

Sarà già arrivato vero? E dove si sta scaldando? A bordo campo? Non riusciamo a sentire il fischio d’inizio e certamente mai e poi mai vorremo sentire il triplice fischio di chiusura. Non vi è chiusura: gli eroi che donano gioia e felicità non finiscono mai la loro partita con la vita.

Ciao, Diego e grazie sempre!

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