Sei ristoranti sequestrati a Cefalù E sul lungomare restano le bancarelle
31 luglio 2015 | 11:20
di Claudio Riolo
Da una parte il giornalista e esperto de l’Unità ci vuole raccontare che camioncini e Lapa (traduzione siciliana di Ape Car) valorizzano Dop e Igp, compresa la nuvola della focaccia di Recco. L’articolo cita dati occupazionali del settore, dimostra che la gastronomia di strada (ma siamo certi che si tratti di ristoranti mobili?) è una soluzione di fronte alla chiusura della ristorazione storica. Non mancano autorevoli testimoni, ricerche universitarie, social media. Davvero troppo per un menu di panini non sempre farciti al meglio, fritti, pizze e grigliati così così; il mitico km 0 sembra molto distante per non parlare del comune senso dell’igiene (chi scrive è cresciuto a pane cafone e spaghetti, panini würstel e crauti, pomodoro e olive; ma qualcosa nel frattempo è cambiato).
Alla fine dell’articolo, l’estensore - certo un ottimo professionista - ha il dubbio che in strada non ci siano legislazione, controlli, deontologia, tanto da auspicare un quadro normativo. Ma i ristoratori più o meno storici, le enoteche e vinerie, le osterie e le trattorie, i milioni di professionisti della buona tavola cosa si devono aspettare? I ristoratori del lungomare di Cefalù non immaginavano certo il rude intervento di polizia e guardia costiera in divisa e giubbotti, con le auto agli angoli della strada e le luci intermittenti quasi a impedire fughe di malviventi; il sequestro di tavoli, sedie e ombrelloni, la denuncia ai titolari. Tutto nasce da un rapporto mai chiarito tra il Demanio, proprietario dell’area, cioè della strada, e il Comune che ne deve gestire l’uso e la funzionalità.
Il giorno successivo, il sindaco di Cefalù ha auspicato e indicato una soluzione rapida, ma mancano poco più di 30 giorni al termine della stagione. I turisti stranieri lasceranno l’Italia pensando di aver cenato in covi di malavitosi. Una cinquantina tra giovani camerieri, pizzaioli, cuochi, sommelier, magazzinieri saranno da domani senza lavoro. La mozzarella di bufala di Nicosia, il salame dei Nebrodi, l’olio extra vergine di oliva di Tusa, i biscottini al limone di Castelbuono rimarranno invenduti. Non sono né Dop né Igp e nessuno se ne accorgerà con buona pace della buona e nuova agricoltura.
Alcuni fra i ristoratori penalizzati amano l’agricoltura, portano in tavola alimenti dimenticati, suggeriscono abbinamenti anche inconsueti, valorizzano cibi e vini senza chimica, di campo, di stagione. Senza truck. Ora sul lungomare di Cefalù sono rimaste una decina di bancarelle d’innocui vu’cumprà; senza motore, né fumi malsani e meno clienti, nessuno le scambierà per Food Truck. Speriamo che abbiano i giusti permessi per evitare uno scenografico sequestro. Questa sera, seguendo il consiglio di Luigi Veronelli che godeva la vita con filosofica scienza, mi metterò comodo e seduto scambiando quattro chiacchiere con l’oste. Davanti a un buon bicchiere di vino e a un coppo di alici croccanti con maionese di casa.
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Alberto Lupini