L’Arte del pizzaiuolo napoletano Una vittoria per il made in Italy

È stato un momento di festa. Un incontro per celebrare l’Arte del pizzaiuolo napoletano annoverata a fine 2017 tra i beni immateriali dell’Unesco grazie alla raccolta di 2 milioni di firme. Una vittoria conquistata

23 febbraio 2018 | 16:55
di Gabriele Ancona
Così al Rossopomodoro del Brian&Barry Building di Milano si sono ritrovati Alfonso Pecoraro Scanio, presidente Fondazione UniVerde e promotore di #pizzaUnesco, Roberto Maroni, presidente Regione Lombardia, Franco Manna, presidente e fondatore di Rosspomodoro, Alessandro Rota, Coldiretti, Jimmy Ghione, inviato di Striscia la Notizia e testimonial di #pizzaUnesco, Tessa Gelisio, giornalista. Un tavolo di peso che ha fatto il punto su questa svolta epocale per il mondo della pizza italiano.


Roberto Maroni, Alfonso Pecoraro Scanio, Franco Manna, Tessa Gelisio e Jimmy Ghione

«La pizza è il piatto più consumato al mondo - ha sottolineato Pecoraro Scanio - e va ribadito con forza che è italiano, anche se negli Stati Uniti si pensa ancora che questa ricetta sia nata a Chicago. È inoltre il miglior veicolo di promozione del made in Italy, ogni suo ingrediente è un vanto della nostra tradizione». Non a caso Coldiretti, come ha ricordato Alessandro Rota, «si è battuta per raccogliere 1 milione di firme, anche a tutela dell’origine di materie prime come grano, latte, olio, pomodoro» e delle innumerevoli variabili che compongono la farcitura.

«La fama e la caratura dei pizzaioli e della pizza - ha annotato Pecoraro Scanio - sono stati tratteggiati in modo emblematico da un alto funzionario dell’Unesco che ha ammesso che capita molto di rado che una candidatura sia più famosa a livello globale dell’organizzazione che la sta valutando. E il voto è stato unanime».



Il 2018 è inoltre l’Anno nazionale del cibo italiano, un favorevole incrocio astrale. «L’arte del pizzaiuolo - ha puntualizzato Franco Manna - si rivela a maggior ragione una leva fondamentale per promuovere ovunque il nostro agroalimentare, un baluardo per arginare e bloccare il cosiddetto “italian sounding”. In quest’ambito Rossopomodoro, con i suoi 140 locali in 10 nazioni diverse, è sempre molto attivo».

Proprio come Jimmy Ghione che non si è mai risparmiato nel promuovere a tutto tondo la nostra candidatura. Gonfio di soddisfazione il suo commento: «La pizza ha unito l’Italia». A partire dalla Lombardia, che ha sostenuto subito la candidatura. «Il nostro Paese - ha puntualizzato Roberto Maroni - vanta 53 siti Unesco patrimonio dell’umanità, di cui ben 11 in Lombardia. Le Incisioni rupestri della Valle Camonica, inserite nel 1979, sono state il primo sito italiano».



Tessa Gelisio ha sigillato l’incontro celebrativo leggendo alcuni passi della motivazione della commissione a favore dell’Arte del pizzaiuolo napoletano: “Un rito sociale in atmosfera conviviale”, “Diventare pizzaiuolo può evitare anche la marginalità sociale”.

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Alberto Lupini


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