Cibo surgelato, reato non dichiararlo È tentativo di frode in commercio

19 luglio 2017 | 10:24
Sì a cibi surgelati proposti nei menu dei ristoranti, a patto che il ristoratore informi di questo fatto i clienti. La norma già la si conosceva ma ora si è espressa anche la Cassazione e non si può più sgarrare. A farne le spese proprio un ristoratore di Milano, condannato a pagare 200 euro di multa per tentata frode in commercio più tutte le spese processuali oltre a 2mila euro alla Cassa delle Ammende. La redazione di “Avvocato Alimentare” spiega nello specifico perché questo e cosa ha ritenuto giusto deliberare la Cassazione.




Detenere nel pozzetto congelatore di un ristorante alimenti congelati senza indicare la loro qualità in menu è tentativo di frode in commercio. Il principio enunciato dalla Cassazione nelle scorse ore non è recente e, comunque, oggetto di decisioni di diverso contenuto e tenore nel corso del tempo da parte della Suprema Corte.

Il Giudice di legittimità con recentissima sentenza (Cass. Pen. Sez. 3 Num. 6586 del 13.02.2017) ha confermato la sentenza di condanna, sia in primo che in secondo grado di giudizio, di un ristoratore che ha posto in essere questa condotta.
Nella decisione in esame la Suprema Corte ha escluso che, nella fattispecie, mancherebbe il presupposto del reato, ovvero il contratto. Ciò in quanto «è configurabile il reato ex artt. 56 e 515 cod. pen. allorché l’alienante compia atti idonei, diretti in modo non equivoco, a consegnare all’acquirente una cosa per un’altra ovvero una cosa, per origine, qualità o quantità diversa da quella pattuita o dichiarata. Può concretizzare la fattispecie di reato in esame anche il semplice fatto, nel caso di specie incontestato, di non indicare nella lista delle vivande, posta sui tavoli di un ristorante, che determinati prodotti sono congelati, in quanto l’esercizio di ristorazione ha l’obbligo di dichiarare la qualità della merce offerta ai consumatori: infatti, detta lista, consegnata agli avventori, equivale ad una proposta contrattuale nei confronti dei clienti e manifesta l’intenzione del ristoratore di offrire i prodotti ivi indicati; di tal che la mancata specificazione della qualità del prodotto (naturale o congelato) integra il reato di tentata frode nell’esercizio del commercio, perché la stessa proposta non veritiera costituisce un atto diretto in modo non equivoco a commettere il delitto di cui all’art. 515 cod. pen.».

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Alberto Lupini


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